“Zelda
accusò il marito di essere omosessuale, una tante:
Hemingway era il suo amante. Allora, per rivelare a sé stesso la propria
virilità, Fitzgerald decise di dimostrarla con una prostituta, e comprò dei preservativi.
Zelda li scoprì e i due si accusarono furiosamente”. Ma di che? Una storiaccia.
Così
si penserebbe ma non è. È un inno alla gioia, dei perfetti innamorati, che
Citati è partito in quarta a comporre, quali Zelda e Scott Fitzgerald sono
stati per le generazione postbellica. Il mito si vuole rigenerare, e Citati porta
il suo contributo. Dei belli e dannati, giusto il titolo del secondo romanzo
del grande successo. La “farfalla” è Zelda, è la scrittura di Scottie, è l’amore
spensierato. Ma poi non tutto quadra.
È
una sorta di coppia felice alla Peynet che Citati monta, anche se non può smettere
l’artiglio del critico. Bellezza, gioventù, genio, ricchezza, spensieratezza,
prodigalità. E un genio che si consuma alla sua stessa fiamma. Col metodo
citatiano del superlativissimo, come deve un biografo – a che pro, sennò,
sacrificarsi alla vita degli altri? Ma le riserve sono incancellabili. Zelda è
“ragazza del Sud” dai molti flirt, capricciosa, piena di sé, anche se non sa di
che cosa, e frivola. Già da ragazza libera e bella costringe Scottie più volte
alll’ubriachezza, per smaltire i rifiuti di lei inspiegati. Incostante anche
nel matrimonio: in Costa Azzurra importuna un ufficiale della Marina francese,
che se ne libera col trasferimento. Sempre insoddisfatta, vuole perfino diventare
ballerina a 27 anni. Citati la dice schizofrenica, sarebbe quello il disturbo
che si manifestò ai trent’anni. Ed è il
lato più romantico della storia, poiché Scottie se ne occupò amorevolmente per
anni. Ma non è così semplice. La “malattia” certa era la ripulsa del marito. Che
però poté per anni portarla in giro per l’Europa e gli Stati Uniti tra
neurologi, psichiatri, cliniche e ospedali, cosa che un posseduto non
tollererebbe.
E
poi che limiti sotto il brillio, che pesantezze. Scottie beveva, anche a vent’anni.
Scottie sente Zelda più forte di sé. È “geloso di Zelda come scrittrice: con
una violenza, un furore e una crudeltà, che non conservano nemmeno un’ombra del
suo affetto e della sua onestà mentale”. Ne copiava le lettere e i diari,
“inserendoli di nascosto” nei romanzi. Però, “le sottoponeva ogni pagina”.
La
lode forse più sentita è a doppio taglio: “La vita di Fitzgerald non è
misteriosa”, se ne sa tutto, “il vero mistero è come nacque la sua arte”. “Di
qua dal paradiso”, che lo rese celebre e ora si ripubblica, “è un libro rozzo”.
“Belli e dannati” è “un libro informe”. “Mi è difficile giudicare «The Last
Tycooon»… Dubito che sarebbe venuto un buon libro”. Il titolo, e l’idea?, viene
forse da “un battito così selvaggio di ali”, che Ottavio Fatica espungeva qualche
anno fa nella nota a “Il crollo” – “Quel modo desultorio di passare da una
metafora all’altra per il puro piacere di correre del cavallo di razza”.
Una
storia tirata via, Citati va veloce e umorale. Hemingway è, a inizio racconto, un
amico “abietto”. Una storia d’amore infernale ne residua, anche poco dignitosa,
non fosse per l’interrogativo: giovò all’arte di Fitzgerald o la insterilì? Stando
nell’ottica di Edmund Wilson, l’amico di gioventù, che pregiava molto
Fitzgerald – e di Hemingway l’abietto, che lo impose. Citati ne fa una tragedia
e un mito. Buoni al racconto ma non alla cosa: la vicenda si svolge come in
apnea, o in una bolla. Avulsa dai contesti: i luoghi, le persone, le epoche,
che pure sono i più pregni della storia, New York, Parigi, la Costa Azzurra, i
Murphy, dedicatari di “Tenera è la notte”, coppia per ogni aspetto
riguardevole, Wilson, gli editori, il boom (gli Anni Ruggenti, o Folli, l’Età
del Jazz: il respiro di sollievo dopo la guerra interminabile), il crac. E
Hemingway, da cui vengono il titolo e l’idea, Citati riconosce alla fine a
malincuore - “Il vecchio nemico” così ne scrive in morte: “Scott… aveva ancora
la tecnica e lo spirito romantico per fare qualsiasi cosa, ma da molto tempo
tutta la polvere era sparita dall’ala della farfalla, anche se l’ala ha
continuato a battere fino alla morte della farfalla”.
Pietro
Citati, La morte della farfalla,
Adelphi, pp.88 € 10
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