Tutto
è pronto per l’attacco all’euro. L’ennesimo, ma i precedenti non esimono. Era
pronto per le elezioni olandesi. Poi per quelle francesi. Con la scelta di un
banchiere alla presidenza della Repubblica, la Francia lo rende improponibile.
Ma i motori non sono spenti: rullano in attesa delle elezioni tedesche, al minimo.
Pronti a scattare poi per le elezioni italiane, infine inevitabili. Il fantasma
Grillo si dissolverà alle elezioni, è previsione scontata, ma questo non
basterà. Si può starne sicuri: l’euro deve cedere, troppe posizioni sono
scoperte.
Chi
lo dice? Le agenzie di rating, figlie
dei fondi hegde e altre coperture
degli interessi speculativi.
Il
debito italiano e la metà di quello giapponese in rapporto al pil, ma le
agenzie di rating lo mettono con la tripla B al livello del debito della
Romania - o del Marocco (o del Kazakistan). Il debito ungherese è molto più
sicuro di quello italiano.
La ratio è una sola: ha da morì. È un attacco e non un’analisi macroeconomica. Perfino scoperto, a una comparazione che ognuno può fare.
Nessun
dubbio sulla sostenibilità del debito italiano, l’Italia è un paese solido, e
anche ricco - lo dicono i tedeschi, gli istituti economici. Il declassamento serve solo a spillare qualche diecina di miliardi
agli italiani: gli investitori sono famelici. Tra false argomentazioni,
spudorate.
L’Italia,
si dice, è dentro l’euro, e la sostenibilità del suo debito si valuta in
rapporto alla Germania. Allora meglio stare fuori dall’euro e indebitarsi? Come
il Giappone, come gli Usa?
È
un problema di produttività, si dice, che in Italia è bassa. In Giappone invece,
dove ristagna da un quarto di secolo, no
problem.
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