venerdì 5 maggio 2017

Letture - 302

letterautore

Acconci – Muore Vito Acconci, l’artista americano innovativo della Performance (fece scandalo esibendosi nella masturbazione) e della Video Art, poi diffusissima. Senza menzione nei media, nemmeno una breve. Forse perché di genitori meridionali, italiani del Sud – e certo non così popolare, al mercato (da molti anni faceva l’architetto), come ora Cattelan, che impicca i bambini in piazza. Ma si può pensare superato dalla tecnologia: basta Photoshop e siamo tutti video artisti.

Brahmsiana – L’amore ardente per Clara Schumann che si dilegua quando lei è libera

Epica - “Epico è un poema che contiene la storia. La mente moderna (invece) contiene elementi eterocliti” (E. Pound, “Per conoscere Pound”, 465).

Francia-Germania – Non solo Heine, anche Rilke a un certo punto si vuole – ci prova - scrittore francese. Anche Benjamin fu tentato. Non si perde nulla passando dal tedesco al francese?

Germania-Inghilterra - Il rifiuto è totale dell’inglese, che pure Borges e i linguisti ascrivono allo stesso ceppo germanico, dei tanti tedeschi che a varie epoche hanno dovuto lasciare la Germania. Da ultimo da quelli che negli anni di Hitler emigrarono e prosperarono in America, Brecht, Thomas Mann, Adorno e tutta la Scuola di Francoforte, Marcuse, Horcheimer, Fromm, Wittfogel,… e che dall’adozione dell’inglese avrebbero tratto sostanziosi benefici economici . Hannah Arendt, Jonas, Löwith, Marcuse e tutti gli altri che lavorando nelle università americane dovettero adottare l’inglese si sentirono e dissero orfani della lingua madre

Giallo – Un giallo nel giallo c’è a questo punto, di evidenza palmare, anche se non si rileva. “Vuole che le racconti una bella storia gialla? Dunque, un tale, dopo molte vicende avventurose, diventa il capo di una città. A poco a poco però i suoi sudditi cominciano ad ammalarsi di un male oscuro, una specie di peste. Allora questo signore si mette a indagare per scoprire la causa del male. Indaga che t’indaga, scopre che la radice del male è proprio lui e si punisce”. “Edipo”, si risponde Salvo Montalbano, l’eroe eponimo dei gialli di Andrea Camilleri, dopo essersi raccontata la storia. Su Edipo, primo giallo della storia e archetipo del genere, concordava già Oreste del Buono, “I padri fondatori”. Altri si rifanno invece a Daniele della Bibbia, in buona parte in questo caso apocrifa - il giallo quindi è doppio. E perché non a Abramo? E Mosè? C’è più di un giallo da decrittare nelle storie-storia di Mosè?
E in altre culture? Meglio non  addentrarsi.
Il fatto si presta si presta a molteplici riferimenti in primo luogo per a sua indefinitezza: giallo? Questa parola italiana molto recente significa parecchie cose differenti, la detective novel ma anche il noir, e perfino l’horror, l’action, l’avventura.
Detto questo, è logico che come ogni soggetto arrivato improvvisamente al successo il giallo si dia patenti di nobiltà, risalendo, se possibile, come facevano le nobili famiglie italiane, a Romolo e Remo.

GiornaliBorges e Sabato, “Dialogos”, 24, parlano a un certo punto dei giornali.
Sabato: “Ciò che c’è di più nuovo è il giornale e l’indomani niente è più vecchio”.
Borges: “Questo è sicuro. Nessuno pensa che bisogna ricordarsi di quello che scrivono i giornali. Un giornale si scrive per l’oblio, deliberatamente per l’Oblio”.
Sabato: “Come potrebbero succedere ogni giorno fatti d’importanza trascendentale?”
Borges: “Inoltre, non si sa subito quali lo sono. La Crocifissione del Cristo fu importante dopo e non quando avvenne. È per questo che, seguendo il consiglio di Emerson, non ho mai letto un solo giornale”.
Però, chi sarebbe Borges, e anche Sabato, senza i giornali?

Intellettuale – È l’uomo della speranza per Rilke. Della fiducia. Così ne scrive il 6 agosto 1919, dopo la guerra quindi che l’aveva disorientato, alla contessa Aline Dietrichstein: “È all’avvenire che l’intellettuale è una volta per tutte alleato e infeudato”.
È vero però che lo fa uomo dell’avvenire per non prendere partito tra destra e sinistra, “non potendo prendere il partito di nessuno: né quello dei ricoltosi ciechi, né quello degli uomini che opponevano al loro delirio spesso criminale vecchi metodi non meno ingiusti e non meno inumani; l’avenire non era né da un lato né dall’altro”. L’intellettuale va disimpegnato piuttosto che impegnato?

Prima persona - La prima persona toglie una variabile su cui poter giocare: l’incerto destino del protagonista. Ma a partire dall’“Odissea” ogni racconto è in prima persona. Ogni racconto di storie uncommon.

De Staal – Madame de Staal apre il Settecento come la quasi omonima de Staël lo chiude: due ambizioni probabilmente uguali, due mondi diversi. Un accenno di Diderot a Mme de Staal rinchiusa alla Bastiglia per “partecipazione attiva” alla congiura di Cellamare nel 1718 (una presunta congiura spagnola per impadronirsi del trono di Francia contro il giovanissimo Luigi XV e la sua Reggenza) apre uno spaccato a sorpresa del mondo femminile e delle donne di lettere all’epoca. La congiura sarebbe stata ordita in Francia dalla duchessa du Maine, figlia del Gran Condé, che aveva sposato un figlio della Montespan, bastardo riconosciuto di Luigi XIV, e voleva che fosse incluso nella successione al trono. Della duchessa era da qualche anno confidente e amante Sophie Delaunay, la futura de Staal.
“Rose Delaunay”, al secolo Marguerite-Jeanne Cordier de Launay, baronessa de Staal, ambiva scrivere e in effetti lascerà apprezzate raccolte di “Lettere”, e le “Memorie”, che Sainte-Beuve immortalerà. Ma era una che andava di fretta. Prese il nome della madre, Rose, per usarne anche il nome di famiglia, che si gloriava della particella “de”. Cancellando il padre, un Cordier, pittore, che dovette espatriare a Londra per motivi che la futura madame de Staal non spiegherà. Si toglieva gli anni, una diecina, era nata nel 1684 e non nel 1693 come diceva, e quindi sposerà il barone de Staal a 51 anni. Senza peraltro fascino fisico. Era diventata confidente della duchessa du Maine a 27 anni, come domestica, ma diceva di averne 18, e conobbe l’amore, dirà nelle “Memorie”, quando ne aveva 36 ed era rinchiusa alla Bastiglia. Dove passò cinque mesi ed ebbe un incontro e un rapporto, breve, con un cavaliere de Ménil, non altrimenti noto, al quale scriverà molte lettere – l’unico amore, dirà nelle “Memorie”: Fu quello il solo periodo felice della mia vita. Chi mi avrebbe detto che proprio lì mi aspettava la felicità, e che in nessun altro luogo l’avrei mai più trovata?”.
Era anche un secolo, il Sei–Settecento, pieno di donne eminenti. Di cui Victor Cousin, il filosofo-storiografo che mise il pensiero francese al passo di quello tedesco come “superiore”, scrisse numerose agiografie. Il femminismo deve rivedere alcune ricostruzioni.

letterautore@antiit.eu 

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