Il
problema immigrazione si risolve facilmente. La cittadinanza per chi è nato in
Italia e vi studia e lavora. La cittadinanza per chi ha in Italia occupazione
stabile, è incensurato, e ha socialmente integrato. Il ricongiungimento familiare,
per chi ha un lavoro stabile. Col visto - e quindi in sicurezza e con le spese
di viaggio in uso tra i vettori internazionali.
Si
parla molto di fronteggiare l’assalto immigratorio. Ma se ci fosse una politica
dell’immigrazione altra che le periodiche sanatorie, non ci sarebbe l’assalto.
Si
parla molto di “aiutare” l’Africa a tenere i suoi africani. Ma non si mettono
in atto le tre o quattro semplici soluzioni che stabilizzerebbero il quadro:
vagliare le pratiche di ingresso, controllare e governare gli accessi.
Da
molti anni l’Italia ha bisogno ogni anno di centinaia di migliaia di lavoratori
e lavoratrici stranieri. Ma non ha mai messo in pratica una sola politica
dell’immigrazione.
Si
può addebitare questo all’inefficienza dell’Italia repubblicana. È possibile.
Ma l’ondata immigratoria è ornai trentennale. E l’inefficienza è vera solo su
questo versante, dell’ottimizzazione in chiave legale. Sul versante
dell’accoglienza invece l’efficienza è massima.
Massima
è l’efficienza nell’attrarre risorse, italiane ed europee, nel nome del’accoglienza,
da suddividere tra le miriadi di onlus e ong che si creano per questo scopo.
Non si fa una politica dell’immigrazione per favorire ìl business dell’accoglienza?
Questa è la realtà: aprire sempre nuovi capitoli di spesa in forma di “aiuti”,
su cui lucrare, senza beneficio per una immigrazione regolarizzata.
In
Italia e anche fuori. Accanto alle ong “benefiche” prosperano, nelle Filippine,
nella Repubblica Dominicana, in Senegal, “agenzie” di reclutamento. Che per 2 e
3 mila dollari forniscono un visto turistico, di norma ottenibile gratis, e l’indirizzo
di una famiglia di Milano o di Roma che ha bisogno di una baby-sitter.
Indirizzo magari rubato a uno dei tanti “Porta Portese” cittadino, giornali
d’inserzioni gratuite – uno buonissimo a Roma, in lingua inglese, procura domande
di lavoro da tutto il mondo.
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