È
il 1970, la contestazione è forte in
America da almeno tre anni, nelle università e in piazza, e la studiosa Arendt
non manca di registrarla: “La violazione della legge, sia civile che penale,
nel corso degli ultimi anni è diventata un fenomeno di massa”. La contestazione
si può far risalire a Socrate, la disobbedienza civile. Ma è anche tipicamente
americana, spiega Arendt con Thoreau: la disobbedienza civile è il proprio di
quella democrazia. Il contratto sociale vi è orizzontale, basato sui concetti
romani di potestas in populo e societas, il mutuo impegno e la
reciprocità. Nasce qui l’Auctoritas Usa, più che nella continuità storica – naturalmente non nello
Stato etico e similari.
Una
risposta giovanile a una contestazione giovanile, generazionale, in atto negli
Usa almeno dal 1967. Proposta a un convegno della Bar Association di New York,
l’ordine degli avvocati, a metà 1970 - pubblicata sul “New Yorker” il 12
settembre – sul tema apoc apocalittico “La legge è morta”. Arendt argomenta il contrario “a contrariis”:
la legge si basa sul con senso, che si fonda sul dissenso, sulla possibilità di
dissentire. Come per Socrate, ma come per qualsiasi dannato della terra. Il
consenso è automatico e quasi istintivo: ciò che fa una comunità. Così pure, a
suo modo, il dissenso, pietra fondativa della democrazia, l’autonomia
decisionale.
L’intervento-saggio si può infiorettare del piccolo contributo in denaro che Arendt e suo marito,
Heinrich Blücher, avevano mandato a Parigi a Daniel Cohn-Bendit due anni prima,
come modesto omaggio alla contestazione-rivoluzione. Era Cohn la madre di Hannah,
Martha, con la quale la filosofa aveva condiviso molte esperienze, orfana presto
del padre. Ma non era questo il legame: “Danny il Rosso”, di capelli e di
politica, era il figlio abbandonato di un padre che era fuggito nel 1941 dalla Francia occupata con Hannah Arendt e suo
marito. Il padre Erich era un tedesco antinazista che i francesi nella drôle
de guerre internarono a Villemalard, con gli altri tedeschi rifugiati, tra
i quali Blücher. Uscito da Villemalard Erich fece in tempo a fare un altro
figlio, Danny, prima di abbandonarlo emigrando clandestino nel ‘41 negli Usa,
via Spagna e Lisbona, con la nuova moglie Lotte. Emigrò col gruppo di Hannah
Arendt. Che intanto, evasa da Gurs, il campo dov’era internata, sulla via dei
Pirenei aveva incontrato il fidanzato Blücher e l’aveva sposato. Inviandogli il
modesto contributo nel 1968 Hannah riconosceva in Danny il figlio di suo padre:
il Sessantotto sarà anche stato un passaggio di generazioni, ma tra chi è stato
perseguitato in guerra e chi ci è nato. Era come se il dopoguerra avesse perduto
vent’anni.
Hannah
Arendt, La disobbedienza civile,
Chiarelettere, pp. 96 € 9,50
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