lunedì 29 maggio 2017

Merkel sola alla crociata

Una dichiarazione d’impotenza, più che di belligeranza: tale è valutato l’appello di Angela Merkel all’Europa. O di opportunismo in vista delle elezioni, data l’impopolarità di Trump in Germania.
Nulla di questo presunto nuovo corso è stato preparato, né se ne vedono possibili sviluppi. Macron si sa che non marcerà contro Trump. E l’Italia negozierà i suoi interessi, seppure nel quadro regolamentare europeo. Come sempre, si dice, avendo Roma trovato più agevole su tutti i dossier il colloquio con gli Stati Uniti che con la Germania di Merkel. L’alternativa o Merkel o Trump non piace, ma non è nemmeno tenuta. La dichiarazione di Monaco viene presa per estemporanea, se non una rivalsa per i pochi riguardi che Trump continua a manifestare per la Germania.
Che gli Stati Uniti non guardino all’Europa è noto da tempo. Dalla presidenza Clinton e quindi da un venticinquennio. Se una strategia europea nella globalizzazione non esiste, la colpa non è di Trump o dei suoi predecessori.                                                       . Nell’ottica globale, o multilaterale, l’Europa è solo un partner economico. Non militare e neppure strategico – l’equilibrio mondiale si gioca in Asia. La Nato è una sopravvivenza, e non ha altro senso che quello che Trump ha delineato. È una forza regionale, non efficiente. Non contro la sfida islamica, non contro l’espansionismo russo, e inutile nelle emergenze, oggi l’immigrazione ieri i rivolgimenti arabi.
L’Europa è in condizioni precarie per assumersi il ruolo di contraltare cui in teoria ha diritto. Per il governo sbagliato dell’economia post-crisi – Clinton e Bush jr. temevano l’euro, ma il dollaro è rimasto sovrano. Senza una politica estera e militare, che anzi ostracizza. Debole pure culturalmente, per l’ambiguità che alimenta tra liberalizzazione e mercantilismo, tra europeismo di facciata e nazionalismo di fatto. Il vertice di Taormina sarà stato un ring ma quelli europei sono da troppo tempo sordide fregature, degli uni a danno degli altri. Su qualsiasi materia: investimenti, immigrati, Schengen, politiche di bilancio, perfino sulla vigilanza bancaria.
A Merkel si continua ad attribuire l’abito usato del “troppo poco troppo tardi”. Compreso ora il discorso della birreria. Nelle questioni che esulano dalla sua unica politica riconosciuta, della “Germania first”, ben prima e più esclusiva dell’America First di Trump. Per esempio nelle sanzioni contro la Russia, di cui è capofila, salvo comprarsi tutto il gas russo disponibile, pagandolo naturalmente. O nel processo arbitrario contro Fiat-Chrysler (Fca). Ma non sono casi isolati. C’è rispetto per la cancelliera perché governa la Germania, ma col sottinteso “da che pulpito viene la predica”.
L’Europa è stata ed è quella di Angela Merkel. E non è in condizione di sfidare nessuno. I governi europei sono tiepidi nei confronti della Berlino merkeliana. Compresi quelli del blocco germanico: Baltici, Poloinia e viciniori non sanno nemmeno pensare un’Europa contro gli Usa.

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