Un’utile
letture per realizzare quanto Roma è cambiata, la città fisica (viabilità,
abitazioni, pendolarismo) e la composizione sociale, e quanto rimane invece
appesantita malgrado l’innovazione.
È
la preistoria di Roma – il libro è del 1970, alla vigilia del recupero delle “borgate”
che Paolo VI aveva con urgenza richiesto e il Comune social-comunista che
interrompeva un trentennio di giunte bianche, e di palude amministrativa, si
avviava a realizzare con interventi massicci in tempi rapidi: oggi ci sono
enormi periferie, anche bene urbanizzate, e non più borgate di catapecchie. Né
c’è più la “perifericità” delle periferie, che sono anzi al centro delle
attività politiche e sociali. E il recupero, bizzarramente, avvenne attraverso
le cooperative bianche, di Cl, su iniziativa di Andreotti e del suo braccio
destro per le periferie, Sbardella, animatore e organizzatore infaticabile. Una utile lezione di dialettica politica: la sinistra seminò, Andreotti mieté –
quando la sinistra ha tentato di recuperare, con le coop rosse di Buzzi, è
finita in tribunale.
Il
titolo critico di Ferrarotti era politicamente anche scorretto: essere periferia
può anche voler dire essere al centro. Il centro di Roma riesce a stento a fare
una circoscrizione elettorale, la famigerata Tor Bella Monaca conta di più – si
atteggia a famigerata per contare di più, molte periferie milanesi
firmerebbero per farne parte. Ma è un titolo dettato più che altro dal
contenuto del libro, per il quale il lavoro di Ferrarotti ancora si
segnala. Un studio sul campo delle
borgate, oggi quartieri, Alessandrino, Borghetto Latino, Torre Maura, Tiburtino
III, Acquedotto Felice. Studi che nessuno oggi fa - neppure il senatore a vita
Piano, che pure da una dozzina d’anni anima centri di ricerca e integrazione
delle periferie.
Un
libro che andrebbe rifatto, peraltro, tal quale, seppure non nella
scomposizione territoriale. La città è molto cambiata, ma nella struttura
fisica. Restano i comportamenti limacciosi. Da vecchia gestione papalina, si
direbbe, ma ormai Roma è senza papa da un secolo e mezzo – e senza Paolo VI che
ne sarebbe stato? Il limo della gestione pubblica, di cui i processi sono la
punta dell’iceberg: dove non c’è corruzione c’è un grado talvolta esasperante di
inefficienza – assenteismo, menefreghismo, incapacità. Della mancata
urbanizzazione mentale: le “occupazioni” degli alloggi pubblici, e di ogni
altra graduatoria dei bisogni, la nettezza urbana sempre carente,
l’inconsistenza del trasporto pubblico - ci vogliono vent’anni per costruire
una linea della metropolitana.
Franco
Ferrarotti, Roma da capitale a periferia
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