martedì 2 maggio 2017

Secondi pensieri - 305

zeulig

Antropologia – È imbecille, come Wittgenstein opina contro il “Ramo d’oro”? Il pensare (costruire, strutturare, creare) il diverso. Con l’eroismo di gente chiusa nel suo self. Che però innesca (genera) grandi sistemazioni logiche, perfino matematiche. Con profusione e confusione di modelli e strutture, nome e regole che sono tutte eccezioni, forchettate di spaghetti che si arrotolano

Comunicazione – È principalmente immaginazione. La realtà di oggi va per close-up, primi piani,  tanto illusori quanto invadenti – la stessa tecnica dei film-tv. Ma non c’è realtà fuori dell’immaginazione. La comunicazione onesta sta nell’accentuare (denunciare e non dissimulare) l’immaginazione.
In uno stato magari ipnagogico, perché no, al limite tra sonno e sveglia. Per cui l’io e la sua esperienza (immaginazione) diventano direttamente la realtà, il campo di osservazione. Non c’è trucco (malafede) in questa “distrazione”.

Felicità – È nell’aspettativa? Secondo Rousseau, “La nuova Eloisa”: “Non si è felici che prima di essere felici” Nel desiderio: “Finché si desidera si può fare a meno di essere felici, perché si aspetta di esserlo”. Nel desiderio indistinto, cioè, non specialmente mirato o indirizzato: un complesso psico-fisico.
Rousseau è miglior scrittore che pensatore, in tutte le branche in cui si è avventurato, la sociopolitica (l’uguaglianza, la volontà generale) come la pedagogia o socio-psicologia (“Le confessioni”, “La nuova Eloisa”, “Émile”). Ma la felicità non è funzione poetica – a parte la condizione psico-fisica, l’ossigenazione, la zona temperata, la stagionalità mite, l’erotizzazione. Il desiderio è funzione energetica.

Fine – Si lega alla storia: una storia esige una fine.
Non c’è senza storia – non inizia.

Gatto – O dell’incomunicabilità: Rilke ne tenta le fenomenologia nelle lettere al giovanissimo Balthus, del quale preparava la pubblicazione dei disegni a china delle avventurare del suo gatto, Mitsou, come di un essere che “non c’è”. Che anche quando c’è e fissa l’uomo, è assente. Una presenza-assenza che elaborerà nella poesia “Gatto nero”: “Un fantasma è ancora un luogo\ . contro cui i tuoi occhi s’imbattono in una risonanza\  ma questa nera pelliccia\ disfa il tuo sguardo più acuto”. Un essere al confine del reale, dell’esistente.

Gelosia – Quella erotica è una nobilitazione del fenomeno. La gelosia radicale, nella forma più comune, non è quella d’amore, è una forma di esclusione. Tutto è per il geloso suo dominio riservato, i suoi amici e familiari e il resto del mondo, anche quelli di cui gli interessa poco o nulla. È una forma di cattiveria. Di non crescita: è la gelosia “morbosa” del bambino che tutto vuole per sé.
Ma questo anche nei rapporti personali: più spesso non è gelosia d’amore a propriamente intendere, una delusione, il tradimento di una fiducia, quanto una smania di possesso esclusivo. Il geloso rifiuta anche la semplice conoscenza di altre persone, la frequentazione obbligata, per scuola, lavoro, trasporti in comune, perfino gli incontri fortuiti, per strada, in coda.

NovecentoÈ il secolo del processo, costante, indistinto, interminabile (Kafka). Per la demoralizzazione dell’Occidente (Spengler, J.-P.Aron). Cioè per la sua decadenza (Santo Mazzarino)?
E del complotto anche. Per via della guerra quasi permanente, calda e fredda. Il più micidiale affondo suicida.
Le due cose sono legate.

È – è stato – sagra della filologia, come velo di ipocrisia: il “linguaggio doppio” - la perdita di significato delle parole e quindi delle cose – si può dire il Male del Secolo.
È – è stato - un continuo “a parte”. Ghirigoro (riproduzione) e alla fine - scienza delle parole - rifiuto del linguaggio:
a) inerte divagazione. E’ la parte innocua del teutonismo che ci ha ammorbati. ma pur sempre pericolosa: la filologia applicata alla mitologia. E quindi alla cosmogonia-cosmologia, alla filosofia, alla storia, alla precettistica. Dai filosofemi di Nietzsche, impetuoso d’immaginazione, alle pacchianerie di Freud (terribili letture di miti e sogni);
b) subordinatrice al quadrato. È abdicazione al chi l’ha detto e al già detto. Ma non si sa bene (non si può) che cosa sia stato detto, e quindi è scuola del sospetto - quella che produce insicurezza e non quella catartica del giallo: insicurezza cioè subordinazione, ai signori dell’opinione pubblica, della disinformazione, delle trame occulte (cioè della propaganda delle trame occulte, che revient au même.

Perdita – Una forma di possesso, la dice Rilke (“Abbozzi e frammenti”), di acquisizione: “La perdita... non può niente contro il possesso… Lo afferma: in fondo non è che una  econda acquisizione, tutta interiore questa volta e altrimenti intensa”.

Santo – È santo (sublime) chi vuole, e già questo depone a sfavore. Fino al Faust di Goethe, il santo (sublime) farabutto, che cerca la perfezione e si merita la felicità di delitto in delitto.   

Settecento - Faceva contenti “filosoficamente” i re e i demagoghi: li sbugiardava, cioè, tenendoli in punta di penna.

Tecnica - La teoria del complotto ha radici altolocate: un secolo di filosofare sul (cioè contro il) predominio della tecnica che tutto organizza e livella, a scapito dell’individualità e della conoscenza. Manovrata evidentemente dal Maligno e sue incarnazioni. Non grande filosofia – la tecnica? l’uomo è tecnico, dacché è uomo.
I nichilisti massimi, Jünger, Heidegger, forse Sartre, Severino, Vattimo, sono buoni calligrafi, ma si arrampicano sugli specchi, e troppo impegnati a scrutarsi. Non per incapacità. Per voglia, inconfessata, di martirio di fronte alla massificazione della civiltà e della cultura. Col fordismo e i media di massa la civiltà si è adeguata finalmente alle due grandi rivoluzioni occidentali, ma la cosa ci immalinconisce: non ne abbiamo capito (o non li digeriamo) i presupposti, e non capiamo, anche per un gesto di misoneismo istintivo, il meccanismo e gli sviluppi.

Pasolini, intervista a Duflot: Giasone è l’eroe attuale, del mondo razionale e pragmatico, il “tecnico” abulico la cui ricerca è esclusivamente intesa al successo.
Pasolini a volte non “sa” troppo?

zeulig@antiit.eu

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