Definizione – Esclude,
più che arricchire. È necessaria per dare senso al discorso, ma delimita, e per
ciò stesso indefinisce. La designazione si vorrebbe aperta il più possibile, più
che ristretta, limitata, diminuita. Un mondo definito eviterebbe il pensiero.
Si assesta (precisa, sistematizza) per via di definizioni, non si procede.
Europa – Si
può anche compitarla col nazionalismo germanico. “Dallo stato amorfo della
cultura sorgerà la vera forma Civiltà… Ed è la Germania, in quando centrale e ultima
nazione dell’Occidente, che introdurrà lo stadio finale della Civiltà in
Europa, coronando il possente edificio”, Oswald Spengler. “La Germania ha un
posto unico e un destino unico. È il centro dell’Europa.., dove il destino
della terra viene deciso”, Heidegger – ma anche l’ “impolitico” Th. Mann. Solo
che: l’Europa è la Germania, ma che cos’è l’Europa, ora e in futuro, nel mondo
globale?
Guerra - “Non sono affatto
convinto che questa guerra sia finita”, Lernet-Holenia fa dire al protagonista
di “Lo Stendardo” della guerra del ‘14-‘18, di cui lo scrittore è il celebratore.
“Sta continuando in realtà. Sta continuando in tutti quelli che l’hanno
combattuta”.
Ci
sono guerre che finiscono con l’armistizio e la pace e altre che continuano
oltre. Per un senso di giustizia? Di orgoglio non domato? Per interessi di
parte? È il caso della prima e della seconda guerra mondiale. La seconda si è
chiusa definitivamente, con ignominia dello sconfitto, senza residui – non
all’apparenza. Ma era una rivincita, quella definitiva. Le guerre vanno combattute
due volte, lo sconfitto vuole la rivincita.
Heidegger nazista –
Lo era, ma non uno coraggioso. In politica come nella vita privata – dei tanti
amori – e nella carriera. Servì in guerra tre brevi periodi: dieci settimane
nel 1914, non al fronte e poi in licenza, “per motivi di salute” che non aveva,
e quattro mesi sul fronte occidentale dal settembre 1918, quando già si
negoziava l’armistizio. Ci mancò poco che negasse la sua storia con Hannah
Arendt – ma gli era utile per la riabilitazione, in America poi. Abiurò il
cattolicesimo nel gennaio 1919 per compiacere la moglie Elfride, che non glielo
chiedeva (e non gli era fedele) – e forse il professor Husserl, di cui doveva
diventare l’assistente, per quattro anni.
Ritorna la questione con
costernazione, come se un filosofo non potesse essere nazista. È il nazismo che
va ripensato, l’abiura non basta.
L’abiura è stata peraltro di pochi.
Non di Heidegger, malgrado le insistenze e il bisogno di riabilitazione. Che alla liberazione trovò opportuno
denunciare invece la sconfitta. E in termini di speranza: “Tutti parlano di tramonto, la verità è che noi tedeschi
non possiamo sparire perché non siamo ancora apparsi. Dobbiamo marciare
attraverso la notte”. E di lotta: “La possibilità di indietreggiare non esiste
più”. Sapeva
cioè andare controcorrente, il coraggio non gli mancava. Nelle cose
in cui credeva. Opportunista per le altre. Compresa la religione familiare alla
quale era devoto e devotissimo, alla memoria delle pie pratiche in famiglia e
alla cosa in sé in tutti i suoi simboli.
Opportunista è peggio o meglio che
nazista?
Nazionalista più che
antisemita. C’è una Germania assertiva, trionfante, in lui fino al 1944, fino
alla guerra ancora vittoriosa, e onnicomprensiva se non onnivora. Diventa dopo
la guerra una Germania “a venire”: del non ancora, della promessa, dell’attesa,
vicina-e-lontana o della prossimità, della “sorgente” da ricercare. Della
riserva che presiederà all’intervista a futura memoria concordata con “Der Spiegel”.
Matrimonio
–
È una smobilitazione? Uno stato pacifico dopo un fronte di guerra? Secondo
Kierkegaard sì, che si era fidanzato e aveva rotto il fidanzamento –
derivandone una lunga serie di riflessioni. Ci ritorna su anche in “Stadi sul
cammino della vita”, una spigolosa confessione articolata due anni dopo il
successo nel 1843 di “Aut-aut” e di “Timore e tremore”. In una costruzione
complicata: la terza parte degli “Stadi” intitola “Colpevole? Non colpevole?
Una storia di passione. Esperimento psicologico di Frater Taciturns”, e all’interno
di essa, attribuita allo pseudonimo “Taciturnus”, un “Diario di quidam”, un
qualcuno. La doppia o tripla protezione per lamentare in realtà la propria incapacità
di amare, al coperto peraltro della “natura” – così spiega alla p. 326 della
edizione italiana: “Può
sposarsi, un soldato di frontiera ? Può, spiritualmente parlando, permettersi
di sposarsi, un soldato di frontiera, un avamposto che lotta giorno e notte non
solo contro i Tartari e gli Sciiti, ma anche contro le orde selvagge di
un’innata tristezza; un avamposto che, anche quando non combatte giorno e
notte, anche quando riesce a vivere in pace per lungo tempo, non sa mai
tuttavia quando ricomincerà la guerra, dato che neppure osa chiamare
‘armistizio’ quella pausa? La mia natura è tristezza…”.
Realismo
–
È il backshish del marinaio di Rilke,
“Riguardo il Poeta”, che Heidegger porta a esempio in “Perché i poeti? “(1946),
l’unico suo pensiero possibile, quello della mancia? Non la barca, la voga, il
sudore, il pericolo magari. Il racconto è noto: su un veliero Rilke guarda, in
una tratta controcorrente, i vogatori all’opera, dall’isola di File al sistema
di dighe. “Sedici”, racconta, “se ricordo bene, quattro su ogni fila, due al
remo destro due al sinistro”. Tutti inerti: “Di tanto in tanto si poteva
catturare l’attenzione dell’uno o dell’altro, ma i loro occhi non dicevano
nulla”. E se qualcuno mostra a tratti un guizzo di pensiero, una
preoccupazione, un’attesa, subito la rimuove, per ritornare “alla solita
stupida faccia da backshish, con la
sua sciocca prontezza ad assumere qualsiasi umiliante contorsione di
ringraziamento richiesta”.
La realtà è il pensiero, il pregiudizio,
la categoria mentale, la superficialità dell’osservatore?
Sartre
“L’essere
e il nulla” passò all’uscita per una lunga glossa a “Essere e tempo”. La cui
lettura Sartre aveva fatto nei nove mesi di internamento a Nancy nel 1940 come
prigioniero di guerra, prima della creazione di Vichy.
Teologia
–
Torna istoricizzata. Torna col papa argentino alla demitizzazione operata da
Bultman: Le storie bibliche offrivano miti buoni per l’umanità degli anni di
Cristo, quel mondo non c’è più, quei miti andrebbero rimossi per
rivelare\elaborare una teologia possibile oggi. La teologia istoricizzata. C’è
un Dio per ogni epoca? Magari laico?
Traduzione – Si
moltiplicano le traduzioni di Heidegger nell’intento di penetrarne i gerghi, senza
peraltro eliminare la fastidiosa e inutile parentesi del riferimento
all’originale, che serve a uno scarico di coscienza, ma complica la lettura e
non contribuisce a nulla, se non a confondere il lettore. Un po’ alla francese,
bisogna dire: anche Oltralpe il complesso è forte di non poter afferrare la
pienezza, la complessità, la finezza, eccetera, del pensiero tedesco. Al punto
da – nel caso di Heidegger – confinarlo all’esoterico. Mentre è traducibilissimo
in inglese, o almeno senza complessi.
Viene voglia di attribuire all’inglese una
straordinaria versatilità. O alle antiche parentele linguistiche su base
sassone. O alla mancanza di complessi, di traduttori e fruitori in inglese.
Il fatto è che l’inglese i gerghi
heideggeriani sa rendere in tutte le pieghe. Fino all’inafferrabile das Geviert, che è semplice, Fourfold. Anche in italiano la parola
c’è, ed è pure semplice, il Quadruplice? Ma l’italiano è timido e si
squalifica, in presenza del tedesco poi.
zeulig@antiit.eu
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