Un
libro di divagazioni all’apparenza. Il reduce di tante guerre e tanto chiasso
politico, il giornalista polemista, stanco degli orrori di “Kaputt” e “La
pelle”, i racconti della guerra e del feroce dopoguerra, torna a casa e fa
l’elogio del popolo natìo. Ma per modo dire: quel popolo è diviso sempre e
comunque, da odi anche truculenti, di campanile e familiari. Divertendosi
quindi a prenderlo – prendersi – anche in giro. Per essere sboccato, fazioso,
cinico, presuntuoso, perfino crudele. E
il migliore è il più insolente di tutti: il pratese – Malaparte - che è anche
becero, rissoso, riottoso.
Questo
soprattutto. Alla Toscana Malaparte paga omaggio, per la tradizione di poesia e
arte, di studi e di opere. Ma soprattutto crea, al modo toscano, o forse
fiorentino (ma sarebbe ingiuria per un pratese), per antifrasi, un mondo e un
modo di libertà. Attraverso l’irriducibilità. Che può essere dispersiva e
inconcludente, ma è terreno di semina fertile – il mondo dovrebbe imparare dai
suo toscani a “sputare in bocca ai potenti”.
Un
libro semiserio, di umori. Persistenti malgrado l’assunto provincialista. Ma
non tanto per l’allegria e le spiritosaggini: regge al tempo perché è “scritto
bene”, e perché è di più che gli umori che esibisce. È uno scatto di orgoglio,
di uno scrittore che andava a finire contestato e isolato, sebbene si
apprestasse a essere seppellito con l’acqua santa e la bandiera rossa, come
voleva (“Maledetti toscani” è del 1956, la morte sopraggiungerà l’anno dopo). Per
dire una cosa che oggi appare ancora più giusta, un bisogno più urgente: la
libertà di essere, e anche di sbagliare, la libertà come irriducibilità. Un
sottile anarchismo, anche sotto la rispettabilità cui ambiva. Che è la via su
cui sta riacquistando l’onorabilità dopo la lunga censura.
Notevole
il recupero – forse il viatico della gradevole lettura – dei modi grammaticali
e sintattici di scuola. Dell’italiano (toscano) del Quattro-Cinquecento. Adattato,
scorrevole, senza le accentuazioni e tortuosità che gli infliggeva Gadda: per
accentuarne la naturalezza e non la speciosità.
Curzio
Malaparte, Maledetti toscani,
Adelphi, pp. 220 € 13
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