venerdì 9 giugno 2017

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (328)

Giuseppe Leuzzi

A  Palermo, nell’ultima giornata di campionato, l’arbitro e il Palermo giocano per l’Empoli. Ma il Palermo batte, suo malgrado, e malgrado l’arbitro, l’Empoli, che va in B. Mentre il Crotone, malgrado l’arbitro, vince di forza e resta in A. C’è un giustizia compensativa, in effetti, sulle “giuste” ingiustizie umane.

Molte lacrime (di coccodrillo?) di mullah e associazioni mussulmane ogni volta che c’è una strage in Europa o negli Usa, a opera di terroristi islamici. Ma mai una denuncia di un terrorista. Che tutti conoscono, poiché non vivono in clandestinità. Sarà qui l’origine dell’omertà? Nei tanti arabi e saraceni che popolarono mezza Sicilia e mezza Puglia, e s’inguattarono su per le montagne in Calabria e nel Cilento?
Del resto nell’islam la taqiyyah, la dissimulazione, è una virtù.

Ma la verità è che non c’è omertà al Sud. E la dissimulazione mussulmana probabilmente non è omertà, è orgoglio. L’Arabia Saudita ne è una prova, che non osserva il minuto di raccoglimento per le vittime australiane della strage di Londra, prima della partita di qualificazione per il Mondiale con l’Australia
La sfida dell’Arabia Saudita poi è stata perdente. L’orgoglio più spesso lo è.

“Tre volte negli ultimi cento anni la letteratura meridionale ha rinnovato la letteratura dell’Italia”, Bruno Migliorini, “Storia della lingua italiana”. Quattro in realtà, il linguista non censiva il romanesco di Gadda e Pasolini – la sua “Storia” esce nel 1960.

Elogio dell’ombra
Meglio la Grecia, per una vacanza di mare anticipata, con la mezza stagione, che la costa turca, pure così affascinante. Perché in Grecia si coltiva l’ombra. Nella piazza, all’osteria, al caffè, al mare, in albergo e anche in bed and breakfast, alle sorgenti, termali e fredde. Si può perfino parcheggiare all’ombra. Olimpia, l’Olimpo, Dodona, in qualche modo anche la costa erta di Delo, perfino il Partenone, si possono visitare con congrui rifugi nell’ombra. Lo stesso Atene e le città. Si vada a Efeso o a Pergamo, per non dire a Istanbul: non c’è riparo.
La “Grecia in Italia” invece non cura l’ombra. Roma, alberata peraltro dai “piemontesi”, con a capo Garibaldi, si può dire una città dell’ombra. Napoli invece no, e non si saprebbe dire il perché. La stessa curiosa differenza si riscontra tra Messina, molto alberata, e Reggio Calabria, col sole invadente, divise solo dallo Stretto e ricostruite entrambe negli anni 1910 dopo il terremoto. Un rovesciamento tanto più incomprensibile in quanto la Sicilia è stata “turca” (araba) e la Calabria invece greca – ancora fino a ieri: dei dieci cognomi più usati nove sono greci e uno arabo (Morabito). Forse nella mescolanza bizantina o neo greca, comune a Napoli e a Reggio, prevale l’elemento “turco”.

La “Grecia in Italia” istituzionale. Quella domestica ha invece giustamente il culto dell’ombra. Nell’orientamento delle case. Nella disposizione delle imposte con la cura principale per la luce eccessiva e il calore. Vivere in casa in penombra nei mesi e stivi è forse la differenza maggiore nel modo di vita tra il Sud e il Nord. Una differenza culturale.

La pazzia che viene dal Nord
La pazzia di Nord-Nordovest è distintamente dell’“Amleto”, atto 2, scena 2. Lo stesso Amleto lo spiega a Guildenstern, che gli chiede: “In che senso, mio signore?”. Amleto: “Non sono pazzo che a Nord-Nordovest.\ Quando il vento è dal Sud, riconosco un falco da un airone”. 
“Intrigo internazionale”, il famoso film di Hitchcock, si intitola in originale “North by Northwest”,
E si basa su tre riferimenti a Shakespeare, all’“Amleto”. Il titolo, derivato dal dialogo fra Guildenstern e il principe. La follia finta – c’è molto nel film che non è quello che sembra. Il tema di fondo, della realtà che si nutre di apparenze, tutte false: il pubblicitario allegrone di Madison Avenue, scambiato per una spia che è anche un freddo killer, una spia inventata dalla Cia per distrarre l’attenzione da un vero infiltrato.

Sicilia
Al museo a Messina - la galleria provinciale, pure ricca di Antonello e Caravaggio - Leo Lomngasei scopre “la tristezza siciliana , antica di secoli, che li lega e ci segue da una stanza all’altra”. Di quadri alle pareti “tutti eguali, scuriti e sinistri, come dipinti dallo stesso artista in secoli diversi”.

Al “gran caffè” di Messina, che sarà stato l’Irrera di piazza Cairoli, all’epoca un monumento fastoso degli anni 1930, rutilante di specchi, marmi, pasticceria policroma, Longanesi trova tutti eccitati dalla sua presenza – dalla presenza del forestiero. “Il caffè è gremito di folla rumorosa e eccitata; tutti guardano noi, nuovi del luogo; e ci guardano insistenti, con occhi desolati e teneri che sembrano celare un amoroso lamento”. Come le bestie allo zoo guardano il visitatore.
Ma è verosimile, non è immagine di maniera: la dipendenza è forte.

Patricia Spence, terza moglie di Bertrand Russell, mollò il filosofo brusca, stanca della sua volagerie, nel 1950 alla fine di un a vacanza in Sicilia. Lui di 78 anni, lei di 40. Nella vacanza lui corteggiava la trentanovenne Daphne Phelps, inglese di rango a Taormina, bisessuale, che aveva ereditato per matrimonio Casa Cuseni, una villa di campagna da lei arredata con gusto e dotata di un giardino – un’attrazione fino a qualche anno fa.

Patricia, che per l’indignazione poi si nascose tutta la vita, anche al figlio che avevano avuto con lord Russell, ne era diventata l’amante in una precedente vacanza in Sicilia, nel 1936. “Peter”, così Patricia veniva chiamata dal filosofo, era stata aggregata come bambinaia per una vacanza offerta da Bertrand Russell alla sua precedente moglie, la scrittrice  Dora Black, con i figli; E con l’amante di Dora, che ne aspettava un figlio. Capelli “rosso fuoco”, “Peter” dormiva col filosofo, Dora con l’amante.

L’antichista illustre Arthur Rosenberg, “Democrazia e lotta di classe”, contava gli schiavi in Sicilia in “milioni”: “In quest’inferno sociale dell’antichità il numero degli schaivi era superiore alla moltitudine degli uomini liberi”. La Sicilia come “inferno sociale”, dunque, all’origine. Sono eredità che non si dimenticano: schiavi e signori.
Luciano Canfora, nel suo saggio su Rosenberg, “Il comunista senza partito”, un suo alter ego, commenta: “È chiaro che Rosenberg pensa qui alle descrizione di Diodoro delle guerre servili siciliane («l’inferno sociale!»), ma stranamente in questo caso accetta gli alti numeri, spesso contestati, di Diodoro”.

Con i Vespri Siciliani si rianima l’opposizione ghibellina in tutta l’Italia. S’interrompe il predominio della langue d’oïl. Si fa strada un accesso diretto, invece che mediato dalle traduzioni francesi, alle fonti latine (Bruno Migliorini, “Storia della lingua italiana”). C’è la Sicilia all’origine dell’Italia.

Poi venne la Spagna, anche in Sicilia. Secoli di Inquisizione, e di rivolte sterili. Pitré, nella raccolta di osservazione sul palazzo Chiaramonte a Palermo, o dello Steri, sede dell’Inquisizione spagnola a Palermo, pubblicato da Sciascia col titolo “Urla senza suono”, individua tra i graffiti delle celle, “sotto la iniziale B.”, “il celebre Francesco Baronio da Monreale”. Che dice “dei più eruditi sacerdoti della Capitale”. Arruolato nel 1647 da un rivoluzionario, “il battiloro Giuseppe D’Alesi, fattosi Capitano del popolo”, e per questo incarcerato. Tutti gli insorti furono poi in vario modo giustiziati.
Il Capitano del Popolo, si sa dalle cronache, si limitava ad andare, da solo, ai Quattro Canti, a cavallo è vero, e qui, sceso da cavallo, sguainata una sciabola, chiedere a squarciagola la cacciata degli spagnoli.

L’erudito sacerdote, dice Pitré, fu inguaiato “allorché sul finire di quell’anno (1646) un certo Placido Serletti calabrese sognò una repubblica siciliana avente a capo il Baronio”.
Serletti, un siciliano calabrese di origine, non era un provocatore, in termini moderni: lui stesso fu carcerato, torturato e strozzato, o decapitato.

leuzzi@antiit.eu 

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