L’ex
capo dell’Fbi Comey si è detto certo al Congresso dell’interferenza russa nelle
presidenziali americane. Ma dopo quasi un anno e mezzo che se ne parla, non ha
portato nessuna indizio di questa interferenza. Non ha neanche spiegato come si
è, o possa essersi, sviluppata. Un rumour
– il vecchio boato (oggi si dice fake news).
Sembra
“Intrigo internazionale”, il vecchio film di Hitchcock. Un sociologo brillante,
Jean Baudrillard, aveva ipotizzato, un quarto di secolo fa, la guerra-che-non-c’è,
quella del Golfo. Pure combattuta con notevolissimo spiegamento di mezzi, a
stare ai media. Poiché nessuno l’ha vista, quella guerra – neppure chi l’ha
sofferta. Una guerra, diceva il teorico del “Sistema degli Oggetti”, che
epitomizza la “violenza del virtuale”: della propaganda, del sistema
informativo.
Del
Russiagate si fa come se fosse una fake
news: la si vuole far sembrare tale. Da parte degli stessi proponenti – un po’
come nel 1991 col presidente Bush che volle la guerra del Golfo. Qualche volta
si dice che i russi hanno spesso soldi. Altre volte che sono intervenuti con
gli hacker. Altre volte l’una cosa e l’altra. Ma dove, quando, chi, in che
maniera, con che effetto, questo è segreto.
Solo
che a questo punto è come se fosse sì una guerra agli Usa, alla potenza
americana, ma dall’interno. Una guerra civile. Da parte dei combattenti meno
nobili, le spie.
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