giovedì 8 giugno 2017

Il mondo com'è (306)

astolfo

Germania – Rieccola, con Merkel, praticamente immutata – c’è anche la birreria. Non da ora, dalla riunificazione: la Germania è un’altra. O meglio è quella che era diventata dopo l’unità, un secolo e mezzo fa: lo stesso pattern ha seguito e segue dopo la riunificazione. Tre anni fa G. Leuzzi lo poteva antivedere, “Gentile Germania”, pp. 133-134, senza speciali poteri profetici:

La Germania non è più quella dopo la riunificazione, l’Ue non è più quella. La sconfitta è remota, la Colpa rituale, il paese riunito, seppure monco, il comunismo coi carri armati svanito. Angela Merkel sa di essere la cancelliera di una ritrovata Germania. Dice no a Washington senza patemi, va a Mosca e Pechino quando vuole, e a Parigi se non può evitarlo. La bilancia francotedesca squilibrata, il peso specifico della cancelliera gulliverizza i Sarkozy, gli Hollande.
“L’unificazione ha mutato i fondamentali. Gli Ossi, i tedeschi dell’Est, sono entrati nella federazione esenti dalla Colpa, avendo mutuato la comoda certezza che il nazismo era il fatto del capitalismo - si concedono pure il razzismo. Il Lastenausgleich, il principio costituzionale che “la proprietà ha obblighi”, è accantonato: si contesta ogni redistribuzione del reddito, non solo quelle ai paesi europei in crisi. L’“economia sociale di mercato”, costituzione materiale di Bonn, è in desuetudine. Su iniziativa socialista, d’intesa con i sindacati, il lavoro è libero, la protezione ridotta. È troppo dire che la psicologia è mutata, ma la politica sì. “
Nella Ue lo spirito della concorrenza è ora lo “spirito tedesco”. In termini di superiorità, non di gara alla pari. Che ora si dice leadership ma la Germania chiama egemonia, nei termini della vecchia Dottrina dello Stato: una federazione ha bisogno di uno stato guida. In Germania il dibattito è al solito ultimativo e angosciante: l’egemonia è necessaria in uno Stato federale quale l’Europa si vuole. Rivediamone i termini col saggio paradossale di Christof Schönberger, Egemone controvoglia, su Merkur di ottobre 2012, leggibile online. Paradossale perché Schönberger insegna Fondazioni Culturali dell’Integrazione, materia quasi apostolica, e Merkur, edita dalla rinomata casa Klett-Cotta, si sottotitola Rivista tedesca per il pensiero europeo.
“L’egemonia non è “lo slogan trito di un discorso antimperialista alla Gramsci”, ma “piuttosto una nozione costituzionale passabilmente precisa per un fenomeno che non raramente s’impone negli stati federativi, confederati”. La nozione costituzionale è di Triepel, autore di un’opera famosa, Die Hegemonie. Ein Buch von führenden Staaten, nel ferale ‘38: l’“egemonia naturale”. La guida per gli Stati leader non era intesa per Hitler, ma lo stesso vi si delineava e apprezzava il caso della Germania dalla Prussia. Che i più considerano all’origine del perverso “secolo tedesco” – ma è un secolo e mezzo, partendo da Sedan. Triepel argomenta una funzione naturale di guida per lo Stato più forte della federazione. Naturale, cioè imposta dai fatti.
“Ciò non è avvenuto nello Stato federale più longevo e meglio funzionante, gli Usa. Ma Triepel ignora gli Usa, Schönberger pure. Anche  il “caso tedesco” è ignorato: la Germania Federale, che ha una storia di quasi settanta anni, quasi più lunga del Reich prussiano, ha affrontato passi erti, come la riunificazione e l’euro, senza il bisogno d’im-ùporre un’egemonia o sottostarle. Neanche al suo interno: Amburgo odia la Baviera, il profondo Sud, cattolico per di più, che è lo Stato più innovativo e ricco della Germania e dell’Europa, ma è tutto, non si va oltre il leghismo, non ci sono precettori in questa Germania: di che si parla dunque?
““L’egemonia tedesca in Europa non è tema comodo”, Schönberger si cautela. Gli stessi tedeschi “non mettono a fuoco volentieri il problema”. Ma s’impone: le “significative differenze nelle grandezze relative” dei membri Ue impongono “una ripartizione dei compiti tra Repubblica fe-derale e Francia quale nella Germania di Bismarck fu il caso della Prussia con la Baviera”. Su questa in equivocabile tela di fondo: “L’egemonia tedesca all’interno dell’Ue non è da scambiare col dominio tedesco sull’Europa. Per un vero e proprio dominio la Repubblica Federale è ancora troppo debole”. Per la vecchia solfa “che la Germania è più forte di ciascuno dei suoi vicini, ma non abbastanza da dominarli insieme”. C’è solo da aspettare? E i trattati?”
Immigrazione – Si presenta disordinata e avventurosa, di masse allo sbando, governate al più da  trasportatori cinici. Ma segue, stranamente, i cicli economici. In Italia ha avuto un forte calo, di almeno 300 mila unità, nel 2012, in parallelo con la crisi del debito. L’unica parentesi negativa nel Millennio. Lo stesso negli Stati Uniti, dove l’immigrazione ha avuto una fortissima crescita nel Millennio, negli anni del boom seguito alle presidenze Clinton. Con un quasi blocco nel 2007-2008, per il crac finanziario. E una ripresa dal 2009, con Obama e il ritorno alla crescita.

Islam – La sola religione che riempie i luoghi di culto. Di veri credenti, appassionati, fedeli. Gli altri sono vuoti, chiese e sinagoghe. Meno nei giorni di festa, ma sempre vuoti a fronte dello straripante numero di praticanti islamici. Anche in condizioni difficili, inginocchiati su un marciapiedi, in uno stretto garage, in un magazzino abbandonato, anche per strada. Col culto della preghiera sempre, tutte le volte al giorno comandate. Da parte dei credenti beghini ma anche da parte dei tiepidi e rituali.
Per un esercizio della pietà che è semplice e diretto. Per l’attenzione costante, della comunità e della (relativa) gerarchia all’obolo, alle masse. Dal khomeinismo in poi. Non democratico, e anzi per più aspetti gerarchico e indifferente ai diritti, sia pure negativi, di libertà. In Africa gerarchico anche nell’assetto sociale – specie nel Nord della Nigeria, tra emiri e khan. E  nella penisola arabica.

Fino al 1990, prima dell’integralismo, l’islam arabo, sunnita, aveva soprattutto il bisogno di ammodernare, in Nord Africa e in Medio Oriente.. Lo stesso farà lo sciismo khomeinista. Ammodernare le leggi, gli interdetti, le feste, i digiuni, il diritto di famiglia. Ma il khomeinismo avrà l’effetto di acuire l’integralismo sunnita. Contribuendo così a interrompere l’aggiornamento. Nel mondo arabo, e nei grandi paesi mussulmani dell’Asia profonda, Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Malesia, Indonesia.  

Italia – È un’altra con gli immigrati, che ora sono il 10 per cento della popolazione, e nella Padania il 13-14 per cento? Non ancora, ma in una generazione sì. La popolazione immigrata è passata da praticamente zero al 10 per cento in poco più di una generazione, da trent’anni e qualcosa. E si deve agli immigrati se il tasso di natalità è ancora attivo in Italia, se i nati superano i morti – in Germania, per esempio, che pure ha una popolazione immigrata della stessa consistenza in percentuale, il tasso di natalità resta negativo, è per questo che il governo tedesco incrementa gli arrivi.
Non c’erano immigrati al censimento del 1971. Ne furono censiti 211 mila nel 1981, e poco meno del doppio, 356 mila, dieci anni dopo. Ma c’era già una forte presenza di immigrati variamente clandestini: nel 1991, a ridosso del censimento, gli immigrati venivano stimati in un milione, tre volte la cifra ufficiale.
Nel 2001 se ne censivano un milione trecentomila. Poco meno della cifra stimata, un milione e mezzo, comprendendo gli irregolari. A fine 2016 gli immigrati con regolare permesso di soggiorno erano cinque milioni – con gli irregolari tra i 5,5 e i 6 milioni.
Il balzo c’è stato nel primo decennio, da 1,5 a 4,5 milioni. Per la liberalizzazione Ue – la quota di immigrati maggiore è dalla Romania,1,2 milioni. E  per la domanda di manodopera nell’edilizia, nei servizi non qualificati, nei lavori domestici, nonché nel piccolo commercio, che molti immigrati tendono  a rilevare – specie gli asiatici: cinesi, indiani, bengali. C’è stato un saldo negativo forte, di circa 300 mila unità, nel 2012, dopo la crisi del debito. E una consistente ripresa, con quasi un milione di nuovi immigrati dal 2013 al 2016..

Putin – Il suo avvento è stato deciso per porre fine all’anarchia dello sciogliete le righe, l’epoca eltsiniana dell’appropriazione del demanio e del patrimonio pubblico. Dlle mafie e dei boiardi che si appropriavano liberamente di tutto, compresi gli arsenali nucleari. Facendosi fuori senza ritegno. La Russia è tornata con Putin affidabile: una vera potenza nucleare, controllata, governata. E la cosa fu riconosciuta internazionalmente. La Russia tornò rispettabile al punto da essere ammessa al G 7, allargato a 8. Fino al vertice di Pratica d Mare e oltre – prima di Obama. A Pratica di Mare si prospettò perfino una Russia europea, parte del concerto europeo.
Poi è venuto l’indirizzo opposto, di maledire questa Russia, sui diritti civili, in Cecenia (diritti civili in Cecenia…) e in Russia. E di cacciare i russi dall’Ucraina, la metà della popolazione e del territorio. La Russia potenza nucleare controllata e responsabile è un nemico, mentre la Russia delle mafie che si vendevano le atomiche era meglio.
Si sottovaluta il fatto armamenti oggi rispetto ad altri aspetti: si parla ogni giorno, nota Chomsky, delle emissioni nocive più di quanto si parli degli arsenali nucleari in un anno.

astolfo@antiit.eu

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