lunedì 26 giugno 2017

La città delle donne non vendicative

Gilles Ménage, lo storico secentesco delle donne fiolosofe, fa la storia, tra le altre, di Novella, figlia di Giovanni Andrea, celebre maestro di “Bologna la Ricca”. Una famiglia del Mugello le cui vicende Ménage si fa raccontare da Christine de Pizan, al cap. 36 della seconda parte del suo “La città delle donne” – delle dame: “Giovanni Andrea, celebre legista di Bologna la Ricca – che non ha più di sessant’anni – è stato del parere che non è male che le donne siano letterate", e così fece studiare “la sua bella e buona figlia, che si chiama Novella”. Al punto che la giovane “divenne così sapiente in diritto che, quando gli affari gli impedivano di tenere i corsi agli allievi, ci mandava al suo posto la figlia Novella”. Con un accorgimento, per rendere la storiella realistica: “Affnché la sua bellezza non turbasse  gli uditori, Novella disponeva una piccola tenda davanti a sé”. I mussulmani avrannoo imparato da Novella?
Il padre riconoscente, prosegue Christine de Pizan, scrisse un libro che intitolò, “per conservarne la memoria”, col nome della figlia, “La Novella”. In realtà firmò una raccolta di decreti, che si chiamavano tecnicamente “Le Novelle”. Ma è vero che Novella fu supplente a Bologna quando il padre di Cristina da Pizzano, matematico e astrolgo con cattedra a Bologna, fu chiamato alla corte del re di Francia, presso la quale si trasferì definitivamente con tutta la famiglia.
Christine de Pisan non sempre è attendibile, ma volutamente: voleva scrivere per farsi leggere, e voleva aprire una “questione femminile” anzitempo. Parliamo di fine Trecento, primi Quattrocento: “La città delle dame” è del 1405. Senza animosita, senza malanimo. Scrive cose così: “Ahimè, mio Dio, perchè non mi hai fatto nascere maschio? Tutte le mie capacità sarebbero state al tuo servizio, non mi sbaglierei in nulla e sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere”. 
“La città delle dame” è una città fortificata abitata da donne: regine, guerriere, poetesse, indovine, scienziate, martiri, sante. Che vivono e operano secondo Ragione, Rettitudine e Giustizia. Non risentite, non fanno storia di genere. Se non per gli inevitabili casi di martirio delle vergini, e per le storie di Lucrezia e Griselda – celebrata già da Boccaccio. Pilastri della narrazione sono le figure di fondazione. Una Carmenta romana che inventò l’alfabeto. Minerva e Aracne in quanto inventrici dell’arte della tessitura.  E le regine: Didone, Medea, Semiramide, Pentesilea.
Christine, che ha vissuto in Francia sotto il regno di Carlo V, è celebrata da Marot, Verdier, e da Jean Mabillon nel suo “Viaggio in Italia”. Quando il padre cadde in disgrazia a corte, seppe mantenersi, se stessa e la numerosa famiglia, con i suoi scritti. Che diffondeva in proprio. Ebbe anche influenza politica rilevante, a corte e in città.
Christine de Pisan, La città delle donne, Carocci, pp. 528 € 26


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