Si processa il giudice
Woodcock per aver passato le sue notizie a un giornale. E gli altri Procuratori
della Repubblica? La violazione del segreto istruttorio è la prassi nella
giustizia italiana: volendo applicare le leggi, le incriminazioni dovrebbero essere
decine e centinaia.
Questo caso sarà
precipitato perché c’è stata troppa furberia a Napoli. Il
N.H. del Noe Scafarto e il suo giudice Woodcock si sono messi contro tre
quarti, o quattro quinti, dei vertici dei CC, e pensavano di farla franca. Il
potere delle delazioni e intercettazioni non va con la gerarchia? E poi quanta
superficialità: tutte le indiscrezioni contro Rnzi e i generali dei Carabinieri
venivano da carte che erano solo di Napoli, della coppia Scafarto-Woodcock. E
andavano a un solo giornale. A un solo cronista di un solo giornale. Come non
sapere che gli altri cronisti giudiziari se la sarebbero legata? Compresi
quelli dello stesso giornale del cronista privilegiato. È partito così il
tam-tam, con denunce anonime, che hanno portato all’incriminazione del giudice
napoletano.
Si discute peraltro se,
come, quando, chi nella inchiesta napoletana sulla Consip abbia deragliato in
dossieraggio. Mentre si sa, tutti i cronisti giudiziari lo sanno, e i direttori
dei giornali, che tutte (non tutte? il 99 per cento?) le inchieste nascono da dossier: note di servizio, confidenze,
denunce anonime, denunce dei concorrenti, non importa quanto corrotti e
mariuoli, e intercettazioni libere. Bisogna, certo, creare suspense nei casi di cronaca, ma un po’ di verità? Non porterebbe
più lettori, questa suspense essendo
ormai scomposta, degradata?
In
Vaticano, per dire, che pure non ha una polizia, quando il buonissimo papa
Francesco ha deciso di troncare le confidenze e le rivelazioni, non ha avuto
problemi a trovare i colpevoli. E non per questo ha perduto aficionados.
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