“Mi consenta” in Usa: ma Trump è
Berlusconi, come non pensarci? Viene dopo, lo copia, seppure col ghigno invece
che col sorriso, e di ego forse più spropositato: fa tutto anche lui, fa
l’anticomunista, cambia delfini e fiduciari senza riguardi, ha una sorpresa
ogni poche settimane, e si arricchisce, anche mentre governa.
Anzi, è più che un modello - Berlusconi,
non Trump, che viene dopo, è anzi l’ultimo di una lista. Per molte carriere di
affaristi in politica, la lista è lunga: più noti, con Trump, il due volte capo
del governo polacco Donald Tusk, uomo d’affari americano che ha trovato comodo
farsi eleggere in Polonia, il due volte capo del governo ceco Andrej Babiš,
i presidenti dell’Ucraina,
Poroshenko, della Slovacchia, Andrej Kiska, del Brasile, Bolsonaro.
Un innovatore, dunque, Berlusconi,
che ha aperto un’epoca politica. E nella sua carriera ormai lunga di politico
in affari, quasi trent’anni, malgardo decine di processi e qualche condanna,
esemplare – anche perché, malgrado i processi, dà più fiducia lui dei suoi
giudici. Di imprenditori-affaristi capipartito. Di partiti personali, aziendali.
Una novità totale nella storia delle istituzioni e delle dottrine politiche.
Che due quesiti pone ai futuri studiosi.
Uno è – terreno ancora
vergine, specie in Italia, dove pure il berlusconesimo per primo e più a lungo
si è manifestato, un po’ per indigenza degli studi politici, un po’ per cecità
politica: cosa porta gli elettori, il pubblico, ad avere fiducia in un uomo d’affari?
Con una sottoquestione: cosa porta il pubblico ad avere fiducia in un uomo
d’affari, a capo di una grande azienda dei media, malgrado l’opposione radicale
dell’opinione pubblica – apparato repressivo (giudici e polizie), tutti i media
non appartenenti a lui (i quattro quinti dei media italiani), ambienti
imprenditoriali, dagli Agnelli a Montezemolo-Della Valle?
L’altro questito è: è Trump
ad avere copiato Berlusconi, o è Berlusconi che ha copiato l’America, un modo
di fare politica americano. Che porterebbe anche qui a una sottoquestione: che
democrazia è quando parliamo di democrazia americana? I fatti portano a dire
che Berlusconi ha capito gli americani, più che “i tempi” come lui pretende: ci
sono sempre stati in America, nel sistema delle primarie, dei battitori liberi,
visionari o affaristi, autocandidati. Ma la campagna e la vittoria di Trump,
uomo d’affari peraltro anche lui avversato con asprezza, ma incomparabilmente
minore nel mercato Usa rispetto a Berlusconi in Italia, è stata in tutto modellata
su Berlusconi. Trump non ha “i comunisti”, ma ha i Democratici, “senza Dio”,
“senza patria”, e un po’ “froci”.
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