Angela Merkel,
“troppo poco troppo tardi”, è accreditata da “la Repubblica”, in abbinata con
“La Stampa”, di voler “salvare l’Africa”. Dopo la Turchia. E le orde di
migranti. Vasto programma, l’Africa è grande.
“Il
«piano
Marshall» di Angela Merkel” annuncia martedì il quotidiano, in panino con “La
Stampa”. Che ci hanno montato su un dossier a sei mani, o otto, per incoronare la cancelliera regina dell’Africa. Sulle trombe di
uno dei tanti convegni a Berlino cui sono stati convitati i capi di Stato
africani, che amano molto viaggiare. Gli stessi che erano stati invitati per le foto al G 7 a Taormina, ma lì non avevano fatto colpo.
Non possiamo deludere il giornale di
Scalfari, e quindi cosa dobbiamo pensarne? Che avremo un’Europa africana invece
che mussulmana, fa più colore?
O Merkel santa
subito? (1) Ma paga per questa pubblicità?
Non è il primo “piano Marshall” di
Angela Merkel, in effetti. Né glielo si può rimproverare, lei ce la mette
tutta, per superarsi, per superare la politica della lesina su cui prospera.
Anche la Turchia voleva salvare, prima dell’Egitto e della Libia. E i milioni
di immigrati disperati.
Un po’ è anche obbligata, la Germania non manca di una
tradizione africana – poteva mancarne? Dal Congresso di Berlino storico, 1885,
quando Bismarck aveva preso l’Africa alla pancia, dal Camerun al Tanganyika e
Zanzibar. E poi la Grecia, di cui la Germania è l’erede: non veniva anch’essa
dall’Africa, via Egitto – la Grecia filosofica, non questa qui che ruba nelle
tasche dei tedeschi?
(1) O
la questione è seria? Il papa l’ha voluta a Roma per discutere con lei il
futuro del mondo.
L’incontro,
certo, era fissato da tempo. Ma Kohl è morto il giorno prima per farle
dispetto?
La cancelliera ne ha approfittato per sminuire la morte di Kohl?
Può anche darsi che il santo padre le abbia voluto risparmiare l’ipocrisia del
lutto, la santità ha cammini imperscrutabili.
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