Formidabile
atto d’accusa di Visco nei confronti della Germania e di Bruxelles. E del
governo Letta, di cui Fabrizio Saccomanni, ex della Banca d’Italia, era
ministro del Tesoro.
Nell’intervista
oggi con Federico Fubini sul “Corriere della sera” – che non sembra aver
afferrato la gravità dell’accusa – Visco conferma e insiste che fu la Germania
a volere l’anticipo del bail-in, della
responsabilità della gestione bancaria estesa
agli obbligazionisti e ai correntisti; e che il governo italiano accettò l’anticipo,
all’Ecofin di dicembre 2013, malgrado la contrarietà ribadita della Banca d’Italia,
in cambio di qualcosa che non sappiamo.
Nell’agosto
dello stesso anno, 2013, la Commissione di Bruxelles aveva emanato una Banking Communication, in cui prospettava il burden sharing. Che Visco così spiega: “Prima degli
aiuti pubblici bisogna che paghino non solo gli azionisti (e nei nostri
interventi avevano sempre pagato), o gli amministratori (e noi li abbiamo
mandati via), ma anche i creditori subordinati”, gli obbligazionisti. La Banca
d’Italia obietta subito che non va: “Manifestammo le nostre perplessità chiaramente
in quella sede ma non fummo ascoltati. Rendemmo poi pubblica la sostanza delle
nostre riserve in un riquadro del rapporto sulla stabilità finanziaria del novembre di quell’anno”.
A dicembre la Germania chiede, e il governo italiano accetta, l’anticipo
del bail-in, la cui entrata in funzione
era stata fissata per il 2018, al 2016. “A marzo”, continua Visco, “abbiamo
mandato alla Commissione Ue, che lo ha diffuso a tutti i Paesi, un testo nel
quale comunicavamo il nostro punto di vista”. Ma senza esito. La Banca d’Italia
chiedeva di “evitare l’applicazione retroattiva delle nuove norme ai titoli
subordinati venduti in passato”, e prospettava necessaria “gradualità
nell’introdurre le norme, che poi sarebbero state estese per giungere al bail-in”. Conclude Visco: “Abbiamo
sempre sostenuto il bail-in per via
contrattuale e sempre respinto il bail-in
per via legale e applicato in modo retroattivo”. Ma, specifica, la Banca
d’Italia non partecipa alle decisioni dei governi.
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