Canzoni – In
“Nessun dorma”, la trasmissione di Massimo Bernardini su Rai 5 giovedì, all’evidenza
registrata qualche mese prima, Ivano Fossati argomentava che la canzone è
musica, scritta e cantata, e non letteratura – arte ma non letteratura. È l’argomento
che Bob Dylan aveva sviluppato nella lezione da Nobel per la Letteratura 2016,
inviata all’Accademia di Svezia e pubblicata martedì sul sito della stessa.
Dylan si
difende dai sarcasmi sul Nobel alle canzonette. Si diceva che non avesse
gradito il premio, invece si difendeva dalle ferite che sapeva gli sarebbero
arrivate – gli sono arrivate: il Nobel lo ha soltanto gratificato. Nella
lezione ritorna sul tema del discorsetto d’accettazione, sei mesi fa a
Stoccolma - che è poi il sottinteso dello “scandalo”: sono le canzoni
letteratura?
“Mai una volta”, Dylan concludeva l’accettazione, nella lunga vita
di cantautore, “mi sono chiesto: sono queste canzoni letteratura?” Ma - aveva
precisato ampiamente prima - alla maniera di Shakespeare. Che era un uomo di
teatro, aveva mille cose da fare, tra attori, impresari, scene e scenografi,
spettatori, per chiedersi se stava facendo letteratura: “Le sue parole erano
scritte per il palcoscenico. Da dire e non da leggere. Scommetterei che
l’ultima cosa nella testa di Shakespeare era la domanda «è letteratura?»”.
A dicembre Dylan si difendeva con uno sberleffo: “Il pensiero che
stava scrivendo letteratura non può essergli mai entrato in testa”, non a uno
Shakespeare, era l’esordio. Nella lezione cita meno Shakespeare e irride meno i
letterati. Traccia il suo approccio, giovanisismo, alla musica folk. Discute
la musica folk. Presenta le letture formative. Di tre delle quali, “Moby Dick”,
“l’“Odissea” e “All’Ovest niente di nuovo”, espone lunghe riletture, per
significare che la creatività, anche letteraria, viene fuori del canone.
Le canzoni sono letteratura improbabile, concede. Ma, sottintende,
come tutta la buona letteratura. Melville cosa voleva dire, chiede, mettendo
assieme quel guazzabuglio di persone, storie, nomi, luoghi, citazioni, mondi
diversi, alieni, ostili, che è “Moby Dick”? “Che significa tutto questo? Io e
tanti altri cantautori siamo stati influenzati dagli stessissimi temi. Che
possono significare tante cose diverse. Se una canzone ti emoziona, questo è
importante… Quando Melville mise il suo vecchio testamento, i riferimenti
biblici, le teorie scientifiche, le dottrine protestanti, e tutte quelle
conoscenze di mari e velieri e balene in una storia, non credo che neanche lui
si sia preoccupato – che cosa significa”.
E ritorna, sempre alla fine del discorso di accettazione di
dicembre, tenuto dall’ambasciatrice americana a Stoccolma: “Le canzoni sono
letteratura improbabile”. Ma al modo dei drammi di Shakespeare: “Le parole nei
drammi di Shakespeare sono da recitare sulla scena. Come le liriche delle
canzoni sono da cantare, non da leggere sulla pagina”.
Convivialità –
“La Dogana”, il grande tempio cinese della cucina fusion a Roma, ha un tavolone per singoli, il vecchia table d’hôte o tavolo comune. Ma i commensali
fa sedere sugli scomodi tabouret-seggiolini alti, dalla seduta stretta, cui
bisogna avviticchiarsi con i piedi, di moda per gli aperitivi - a mezz’aria. L’era
della comunicazione è dell’isolamento: che qualcuno accanto possa attaccare bottone a pranzo o a cena è un fastidio.
Schopenhauer , che viaggiava molto, da solo, parlava invece volentieri con gli
altri avventori, benché gente normalmente di poco interesse, venditori, lupi
solitari, avventurieri, presuntuosi il più delle volte a misura dell’ignoranza.
Si pranzava volentieri al tavolo comune, e comunque senza problemi di
contaminazione, ancora qualche anno fa al tavolo comune del “Latini” a Firenze o
di Luciano (“Cesaretto”) a Roma.
Eternità –
Non c’èternità perché non si può sorpassare il tempo. Il tempo è eternità (lo
spazio è infinito)?
Giudizio – È
mutevole. Per gli stessi canoni e gli stessi riferimenti. Per circostanze
toriche o reali – eventi, fatti, cose – oppure personali (insorgenze, mood). Senza necessariamente “cause di
forza maggiore”, accadimenti eccezionali, forzosi, invasivi. Muta come la realtà,
se questa muta per un battito d’ali di una farfalla a Singapore – o era a Hong
Kong.
Viaggiando
per il Sud della Francia nel 1912, in treno e a piedi, Ezra Pound riflette come
“i nostri valori di giudizio cambiano per il minimo cambiamento di condizione”.
Che ci sia il gelo o la pioggia, o il sole. Che si vada a piedi, da soli, in
compagnia, o su un mezzo di trasporto.
Cambiano
anche per la semplice letura degli eventi o della storia, sempre variabile.
Riflessione – È
fenomeno urbano, palatino, domestico. Tra amici, tra classi sociali – quali si definiscono e delimitano per il comune uso linguistico. Nella forma che Ezra Pound trova
girovagando per la Francia della poesia cortese: “L’uomo di città ha la testa
piena di astrazioni. L’uomo all’aperto ha la testa piena di oggetti”.
È
fenomeno sociale: cambia, molto, sulla pubblica piazza (Socrate, Hitler) o in
una cella, sia pure da reclusi volontari.
La
riflessione è toponorme, o topopatica. Lo è per esempio, dichiaratamente, per
scelta e convinzione, per Heidegger – nel rifugio (la Hütte), in montagna, in Svevia.
Tempo – È la prova di Dio,
della creazione. Nell’infinità e nell’istante, ìl tempo di una vita.
zeulig@antiit.eu
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