Città – Sono anonime?
No, animate. Sono grigie? No, colorate – alcune di bianco e nero (Milano, per
esempio, al confronto con Roma, che è invece colore del cielo). Sono terrificanti?
La campagna lo è di più. Sono totalitarie? Meno dei paesi, c’è meno controllo
sociale. Sono egualitarie? Non in senso punitivo. Annullano il tempo, questo
sì.
Estremismo- È il quetzalcoatl,
il serpente che si mangia la coda. In politica come negli affetti.
Autorigenerantesi: ha sempre bisogno di abbattere nuove frontiere. Come la
mafia. Come gli Stati armati. Come la
pornografia. O la gola.
Gli
è essenziale un senso di inaccettabilità. Deve disfare – è la sua natura, per
sopravvivere – anche tutto ciò che può avere concluso o creato, per qualsiasi
tipo di programma a un certo punto si sia definito.
È
la soddisfazione dell’insoddisfazione.
Fretta – È il segno dei
tempi – di tempi senza tempo. È Il rovesciamento forse maggiore, più che
l’irreligiosità, che comunque mantiene un fondo residuo, nello stesso culto
della materia e degli oggetti, della tradizione – la fretta “che l’onestade ad
ogn’atto dismaga” nel “Purgatorio” di Dante. Dal “festina lente” di Augusto,
secondo Svetonio, al “non afffrettarsi non fermarsi mai” dei berlinesi ancora
nel primo dopoguerra. Dell’esperienza che dev’essere consumata e non
tesaurizzata.
Giornalismo – È una faccia
del potere. L’opinione pubblica è una faccia del potere. Che il giornalismo anglosassone, che si teorizza
come la porta della verità, esibisce, seppure negandosi. O allora la verità è
sempre del potere, compresi i contropoteri: di entità cioè che non si
dichiarano, persone o gruppi di interesse. Come in Italia, dove l’informazione
è sempre schierata, in politica, in affari, in diritto, seppure negandosi, e
non si fa scrupolo di servire l’apparato repressivo, giudiziario compreso,
nelle sue mene o beghe surrettizie. Mentre negli Usa si fa un culto perfino di
servire le organizzazioni spionistiche, che pure sono all’antitesi, per
statuto, della libertà e della democrazia – al meglio sono nichiliste, con
wikileaks e Assange (che un’organizzazione clandestina, spionistica, sia la paladina della verità è peraltro
paradosso asseverativo).
Si
vive questa verità fraudolenta allo stesso modo, gregario e complice, a
sinistra come a destra, la politica vi è ininfluente. A lungo, durante la
guerra fredda e dopo, la sinistra ha accusato la Cia di manipolare i valori
culturali americani. La stessa che ora nobilita i servizi di sicurezza nella
guerra di disinformazione contro la Russia, il presidente eletto, e la reazione
in agguato. Fu di sinistra la collusione media-apparato repressivo nel
Watergate. Fu di destra (Di Pietro, Davigo, Borrelli) quella di Mani
Pulite.
L’impossibilità
di fare (leggere) la storia mentre si produce s’innesta in questa ipocrisia.
Memoria – È sempre
piena, anche quando è mancante, e instabile – adattabile. Per insorgenze o
omissioni, e di più per tonalità. A questo è portato a riflettere Ezra Pound di
passaggio a Beaucaire – in “A walking Tour in Southern France”, 1912: “Forse
esistiamo come le note di una corda esistono, perché una nota è sempre una
nota, chiunque o qualsiasi cosa la suoni. E benché sia in un senso la stessa è
differente su differenti strumenti. E forse la nostra sequenza di vite ha
questo in comune con la musica, che siamo suonati in tempi diversi e diamo
suoni di timbro diverso in risposta alla suonata”.
Odio – Viene
registrato online come la passione più diffusa – l’odiatore, hater, è tra i neologismi più ricorrenti.
Non è vero, nemmeno online. Ma è vero che si manifesta e non si nega: è
esibizionista.
Una
ricerca inglese, di studiosi italiani, dice anche che il paese che odia di più
online è la Cina, pur pesata per il suo miliardo e tre di abitanti. È allora
palesemente, essendo la Cina un paese a controllo politico e spionistico rigido,
una forma di svago. Un divertimento.
Un’altra
novità lo studio di Emiliano De Cristofaro e Gianluca Stringhini registra, ed è
l’odio quasi istituzionale, e comunque di buon diritto: contro Trump. Che è un
presidente eletto, cioè votato dalla maggioranza degli americani, ma su uno
strato di odio spesso e indistruttibile, che anzi col tempo si ispessisce.
L’odio, dunque, come strumento rivoluzionario e democratico – ma così lo è sempre
stato.
Poesia – Il naturale
della poesia è l’artificiale – e tanto più quanto più naturale. La forma
espressiva più “naturale” (personale, rivelatrice, oppure descrittiva,
analogica, comparativa) è artificiale. L’arte lo è, la parola lo dice. La
poesia pure, poeisis è la creazione
(verbale) di qualcosa che non esisteva in sé. Di più quando si vuole spontanea,
vera, realista.
Tenerezza - Rispolverata nel vocabolario relazionale privilegiato
da papa Bergoglio (amore, compassione, misericordia), è commentata dottamente
oggi sul "Sole 24Ore" da mons. Galantino. Principalmente col
dire: “La tenerezza è la forza di un amore umile” (Dostoevskij). Risalendo all’etimologia:
La tenerezza e la misericordia in ebraico vengono rese con lo stesso termine rachamim, ad intendere un sentimento
prettamente materno”, da non intendere però “in maniera riduttivistica”, qualcosa
di debole rivolto ai più deboli. No, è la forza di se stessi, la prima forza -
la radice della forza. Senza, comunque, non si vive.
zeulig@antiit.eu
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