“Una storia
senza Dio! Ma come è possibile?” Non è possibile: “Se qualcuno mi avesse chiesto
di raccontargli una storia senza Dio, credo che avrei potuto cercarla tutta la
vita, inutilmente…”. E allora provvede:
una teologia Rilke svolge attraverso il racconto, la ricostituzione della cosa.
Una serie di paradossi non male su Dio, di quella che sarà la teologia negativa
– in singolare consonanza col tardo Martini,
il cardinale di Milano, delle note postume che ora si pubblicano, del Dio che
sogna, e si muove impacciato, sprovveduto, goffo.
Una sorta di
rivelazione, visionaria e veloce. Storie che il giovane Rilke chiama fiabe. Ma
più in forma di allucinazioni. Di sensi e aspetti profondi della storia. Di un
genere indefinito e indefinibile.Unite da una poesia del misticismo, che ogni r
ealtà-apparenza ribalta. Compresa la divinità di Dio – la divinità. Di moralità
anche lievi. Facete a volte, umoristiche. L’artista è “autentico”. L’associazione
“fiorisce”, meglio se della Natura. La mano sinistra di Dio è anch’essa
ribelle. E la morte? “I più vanno a cercarsela qua e là, e se la portano a casa
sulle spalle, senza saperlo. Perché la morte è pigra”. Ma è anche vero che
“andare incontro alla morte” ad alcuni non è possibile, ai paralitici: “Molti
uomini la trovano, così, lungo la strada. Ha come riguardo, la morte, di
entrare nelle loro caese; e li chiama fuori, lontano, in guerra, in cima a un’alta
torre, su di un ponte che oscilla, in una foresta, o nella pazzia”.
Storie di
Russia, anzitutto. Ricavate, dice, dalle byline
o gli szazki, racconti epici e racconti
fantastici della tradizione di quel paese. Di “quegli uomini strani”, tutti
presi di Dio, che il giovane Autore ha appena conosciuto nel viaggio dei viaggi
con Lou Salome, amante, madre, e prosseneta, di mondi religiosi magici. Un paese
di favola e di misticismo. Kiev, “il centro a lungo della vita religiosa e
spirituale russa”, è “il luogo in cui la Russia si era raccontata al mondo, per
la prima volta, con le sue quattrocento cupole” – è la Kiev che oggi vogliamo
in guerra con la Russia. Un grande paese dove “hanno l’abitudine di far
decapitare i sapienti che non sanno dare le risposte”. E storie italiane, di
Venezia e Firenze, di cui il giovane autore conosce pieghe recondite e
interstizi.
Non per bambini,
come il narratore pretende. Per adulti? Con immagini fulminanti. Il becchino
che si scusa: “La maggior parte degli uomini non fa lo stesso? Seppelliscono
Dio lassù, come io seppellisco gli
uomini qui”. Una storia veneziana è del ghetto che, chiuso, deve crescere su se
stesso, piano dopo piano, sempre più in alto, fino a Dio. Una fiorentina è di
Michelangelo che sgomenta Dio - sempre sorpreso dalla sua creazione - ravvivando
anche le pietre.
La prima e la migliore
delle opere giovanili. Nato il 14 dicembre 1876, Rilke pubblica le “Storie” a
Natale del 1900.
Rainer Maria Rilke,
Storie del buon Dio, Paoline, pp.
160 € 11
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