Si pubblicano alla
macchia le ricerche e riflessioni di questa terzomondista esperta di storia e
istituzioni africane, che professa all’università di Torino, come se fossero velleitarie o disdicevoli. Mentre
sono un richiamo ai fatti: si segnalano soprattutto per questo in mezzo alla
troppa superficialità. Specie ora che i suoi calcoli, del 2015, della
precedente pubblicazione, basati sui dati dell’accoglienza italiana, che davano
i richiedenti asilo sul 4 per cento della massa degli immigrati, sono anche quelli
di Frontex, l’organizzazione europea di controllo nel Mediterraneo, e della
presidenza e del governo francesi.
Emigrano i
borgjhesi, dice ancora degli africani la studiosa, benestanti o anche solo
piccolo borghesi: comunque chi in Africa ha accesso alle comunicazioni. L’immigrazione
di massa è nei paesi africani di provenienza un fatto di comunicazione: lo
slogan “andate in Italia, tutto è dovuto”, è vero, è diffuso e utilizzato dai
mediatori, qualcuno anche con ufficio su strada. Più discutibile è l’assunto
che emigra chi ha la le riorse, il migliaio di dollari, o le decine di
migliaia, necessari per fare il viaggio via terra fino in Libia, e poi per il
passaggio in mare. Qui una realtà frastagliata va tenuta in conto.
Ci sono
anzitutto i ricongiungimenti familiari, che l’Europa, totalmente indigente,
misconosce e ostacola: da qui il gran numero di minori e di donne. Un fatto di
grande impatto, che purtroppo si riduce al colore, alle “statistiche” a
effetto, che 12 mila o 15 mila minori non accompagnati sono sbarcati,
sottintendendo che c’è un traffico di organi o di pedofilia. C’è la massa lavoro
adescata o assoldata per le schiere dellle vendite ambulanti in Europa. C’è
certamente quella dei mendicanti: visibile a Roma, fatta di migliaia di giovani
che non cercano un’occupazione né si industriano di crearsela, ma presidiano
ogni bar, edicola, chiesa, mercatino rionale, marciapiedi, tutti muniti di
cellulare, ogni giorno diversi, con turni di mattino e di pomeriggio, senza mai
una lite per il posto. C’è la prostituzione: il “New Yorker” l’ha documentata
dalla Nigeria per l’Italia., con tanto di uffici di collocament9o e pubblicità
adescatrice. C’è lo spaccio, un mercato gigantesco e ramificato benché
“invisibile”, poiché non se ne aprla, e anche uno dei più ricchi in Italia. Ci
sono organizzazioni per questo, mercanti di immigrati.
Anna Bono, Migranti? Migranti? Migranti?, Edizioni
Segno, pp. 148 € 12
Nessun commento:
Posta un commento