Aggiotaggio - Fu l’equivalente della finanziarizzazione un
secolo fa, con i profitti di guerra e l’economia speculativa che presiedette al
dopoguerra, fino al crac del 1929. Il falso boom anche allora cominciò con le
materie prime. E con i finanziamenti farlocchi, a cui si convitavano i
risparmiatori ingenui col miraggio del grande guadagno.
Capitalismo – La fine si annunciava a periodi sempre più brevi,
fino alla caduta del Muro. Poi più nulla – anzi, ci fu chi, Fukuyama et. al.,
sanzionò l’avvento del capitalismo e la fine della storia. Ora, dopo un
venticinquennio Wolfgang Streeck la riannuncia, per suicidio: per overdose. Ripubblicando
il saggio del 2014, “How will Capitalism end?” con altre considerazioni in un
libro. Streeck è uno della neo “New Left Review” anni 1970, quelli della fine a
ripetizione del capitalismo, sulla linea Terza Internazionale-“Manifesto” –
questa fine del capitalismo aveva peraltro già tratteggiato nel 2012 in “Tempo
guadagnato”. Ma anche senza essere cattivi si potrebbe dire lo stesso: il
capitale fa indigestione, potrebbe morire per ingordigia. Come e perché ognuno
può vedere.
I bilanci si fanno troppo in favore di azionisti e manager, il
lavoro ha parte sempre più ridotta. Il lavoro non serve più a distribuire il
reddito ma, al contrario, ad accumularlo. Restringendo la ricchezza invece di
moltiplicarla, o aumentandola al minimo. Limandone o eliminandone gli effetti
diffusori. Questo è avvenuto nei due falsi boom che hanno portato alla crisi
del 2007: quello delle dot.com o dei Nuovi Mercati, e quello dei mutui sul
nulla. E si è aggravato, se si può, nella lenta ripresa di questi anni: i
poveri, cioè la massa dei consumatori, si impoveriscono sempre più. Il lavoro, il
maggior diffusore del reddito, si vuole precario e sottopagato, anche a costo
dell’efficienza o applicazione. La riforma delle riforme di cui i media, forse
volenterosi esecutori, si fanno megafono, è la desindacalizzazione totale del
lavoro, e anche la delegificazione: il lavoro come una merce qualsiasi, da
usare, rifiutare, buttare. Il maggiore redistributore del reddito, e quindi, si
penserebbe, l’anima del mercato, avvilito e possibilmente annichilito. Di un
mercato non nell’accezione odierna, della singolare legittimazione della
speculazione, la prima volta nella storia
- ma questo dell’opinione è un altro capitolo, acritica o
surrettiziamente schierata che sia..
Specie negli Usa e in Europa,
Germania in testa, le grandi masse del lavoro annaspano, i benefici si concentrano.
È un capitalismo che crea povertà, e la diffonde. Ciò porta a un rigetto
politico, ma anche a una inevitabile implosione: a chi venderà il capitale le
sue merci, le case, che fanno girare i soldi, le macchine, le vacanze?
L’Italia è nella posizione
peggiore in Europa, stando ai parametri del capo economista della Banca Europea
per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Sergey Guriev, le cui conclusioni Federico
Fubini anticipa su “L’Economia”: nei primi cinque anni della recessione, al
2012, il reddito del decile più povero degli italiani si è contratto del 27 per
cento, mentre il decile più ricco ha contenuto la caduta al 4 per cento. Ma
l’effetto è ben visibile in Gerrmania, mascherato da 7 o 8 milioni di finti
redditi da mini-job, a 400 euro al mese, che un sindacato compiacemte avalla
come retribuzioni (dimezzano l’indice della disoccupazione). O negli Usa, che
negli anni di Obama sono diventati il paese del secondo e terzo lavoro, uno non
bastando per sopravvivere.
Bisognava scendere col costo
del lavoro e la desindacalizzazione al livello della Cina e dell’India. E ci siamo
abbondantemente, in termini di valore del salario, o del suo potere d’acquisto.
Ma anche in quei paesi delle grandi masse la produzione viene legata alla
produttività, che in qualche misura viene premiata in forma di salario. Né Cina
e India sono tutto: sono parte del mercato, e potrebbero non condizionarlo. Se
non si volesse. Si fa grande spreco, specie nei media, della globalizzazione
come un totem. Inattaccabile, insostituibile. Mentre la verità è che al di fuori
dell’Asia comunista e bonaparatista non c’è certezza. L’Africa e il Sud America
non la garantiscono. La globalizzazione è il “patto di Tienanmen”: io non mi
immischio, voi fatemi guadagnare”. Virtuale ma ben reale: il mercato globale è
legato ai regini bonapartisti o comunisti, in Cina e in Vietnam, o in Malesia e
in Thailandia. Nonché, senza la frusta, nella stessa composita India, dalle
tradizioni insuperabili-
Capitolazioni – Ricorrono nella storia del colonialismo come
sinonimo di sudditanza. Della prevaricazione dei paesi coloniali spinta all’imposizione
di un regime legale estraneo, il proprio, ai paesi di cui non avevano il
controllo diretto. L’argomento che allora introduceva i tribunali nazionali, o
regime delle capitolazioni, era diversa, e non illogica – facendo la tara, se
si potesse, del peso politico: erano la protezione del più debole. In questo senso
sono state introdotte ultimamente in Gran
Bretagna le giurisprudenze e le procedure speciali, in fatto di diritto
di famiglia e di successione, per la “minoranze” etniche, cioè per le comunità
che intendono far valere un diritto proprio. Non si tratta in questo caso di
capitolazioni, i tribunali etnici non sono introdotti in forma d capitolato,
negoziati tra potenze, di cui una più potente, ma di concessione dello Stato
sovrano. La sostanza è però quella.
In questo senso argomenta
Ungaretti ad Alessandria d’Egitto nel 1931: “Una cinquantina d’anni fa furono
fondati i tribunali misti. C’erano qui tribunali misti anche al tempo dei
Tolomei. Il tribunale misto è un istituto che modifica in modo generoso il
regime delle Capitolazioni. Non si creda che le Capitolazioni siano un sopruso,
un istituto imposto dal più forte al più debole. Esse partono invece dal
principio della salvaguardia del diritto del più debole, stipulando che
l’attore dovrà chiedere giustizia al magistrato del convenuto. I tribunali
misti sono chiamati a giudicare nelle liti di diritto civile e commerciale, tra
Egiziani e stranieri, e tra stranieri di diversa nazionalità. Fanno parte del
tribunale misto giudici egiziani e giudici di tutte le nazioni europee che qui
hanno interessi”..
Impero britannico – È opera, si può dire, di Disraeli, il politico
romanziere – fu lui nel 1876 a offrire alla regina Vittoria, con apposita
legge, il Royal Titles Act, il titolo di Imperatrice delle Indie.. Quando nel
1870, dopo l’inaugurazione del Canale di Suez, il Khedivé indebitato mise in
vendita la sua quota della società finanziaria del Canale, e le offrì al suo
socio nell’impresa, la Francia, la riposta di Parigi, indebolita da Bismarck, fu
negativa. Frederick Greenwood, un giornalista, ne informò il Foreign Office,
tenuto da Lord Derby. Lord Derby, in ritiro dalla politica attiva per la salute
malferma, esitò. Il primo ministro Disraeli invece no. Il Parlamento era
chiuso, e senza il consenso parlamentare non poteva prevelare dal bilancio i
quattro milioni di sterline necessari all’acquisto della quota del Khedivé, il
44 per cento..Disraeli coinvolse allora i Rothschild, nella persona di Lionel
di Rothschild, che accettò di favorire l’operazione con jun finanziamento
ponte. Dieci anni dopo la Gran Bretagna occupava l’Egitto.
Islam- Il radicalismo si vive come una novità, dopo le diffuse omogeneizzazioni dell’islam
in tutte le sue espressioni in tutte le aree, in Africa, in Nord Africa, in
Medio Oriente, in Asia, in un occidentalismo universale – c’è stata a lungo
nella guerra fredda, consegueenza della vittoria sull’Asse, la percezione
diffusa, acritica, sia all’Ovest che all’Est, che il cammino della storia fosse
uno solo, quello che si instaura con la rivoluzione francese, una sorta di
universalismo dei diritti umani e civili. Mentre è una costante della storia.
Il colonialismo, anche solo culturale, dell’Occidente no, non è radicato: è un
fatto storico, ed è defunto. Il radicalismo è invece connaturato all’islam, nel
concetto di guerra santa. Ed è un fatto storico costante, conclamato. Anche
nelle forme estreme. I volontari del Califfo erano Assassini al tempo del
Vecchio della Montagna, Giannizzeri nell’impero turco,.specializzati nel
rapimento di bambini cristiani per convertirli, fanatizzarli e farli giannizzeri
a loro volta. La guerra santa è di tutti i
santi uomini, non dei capitani di ventura.
astolfo@antiit.eu
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