venerdì 28 luglio 2017

Il mondo com'è (311)

astolfo

Colpa - Ci fu un filone revisionista, subito dopo la guerra, sulle sue cause, remote e prossime. Ma di storia coniugata sempre col giornalismo specie nella forma radiotelevisiva.
 L’opera di A.J.P. Taylor cinquant’anni fa, “Le origini della seconda guerra mondiale”, fu anche un classico, subito studiato alle università, tradotto da Luciano Bianciardi. Charles Beard, storico americano tra i più quotati tra le due guerre, ci arrivò prima di tutti – addirittura nel 1946, prima ancora che a Norimberga la Colpa fosse chiusa a carico di Hitler e dell’Asse. Con la tesi polemica che invece era da attribuire a Franklin Delano Roosevelt. Una tesi doppiamente polemica, Beard volendosi di sinistra, come il presidente Roosevelt, ma pacifista estremo e isolazionista.
Entrambi gli storici curiosamente si sono assicurati, con queste posizioni eretiche, revisionista in anticipo, ruoli suggestivi di pubblicisti, commentatoti radiotelevisivi, animatori di convegni. Beard lasciò la Columbia University, dove era cattedratico stimato, per fare liberamente il pubblicista. Anche Taylor, prima che pubblicista e intrattenitore radiotelevisivo, fu un cattedratico, specialista di storia diplomatica, e di quella italiana in particolare – “The Italian Problem in European Diplomacy 1847-1849” – e esponente appassionato del partito Laburista. La revisione, insomma, fu di sinistra prima che di destra. E storica prima che giornalistica.

Etnocentrismo – È ben europeo, come critica più che come fatto – etnocentrismo è termine diminutivo, accusatorio. È etnocentrista, molto, fare la critica dell’etnocentrismo, in quanto  europeo e occidentale, solo tale. Come se l’Europa vivesse, avesse vissuto e operato, nel vuoto pneumatico. Un vezzo a cui la storia in Europa indulge, ma che è ridicolo nella critica dell’etnocentrismo, quando essa stessa è etnocentric.
È terminologia desueta, ma dice bene la cosa: è l’europeo che critica l’Europa, l’occidentale che critica l’Occidente, da una prospettiva europea e occidentale, in un contesto europeo e occidentale. Il razzismo aveva – e ha – altri negrieri. Altri mondi avevano – e hanno – le caste, la fossilizzazione della società tra ergastolani di fatto e primi della classe, un ergastolo e un privilegio a vita per discendenza. Ci sono, nel Duemila, stati patrimoniali, a beneficio di famiglie, tribù e partiti (le Nomenklature). Ci sono tante forme nel mondo di disuguaglianza, di fatto e perfino di diritto, e di sfruttamento. Ma l’etnocentrista anti-etnocentrista guarda fuori contesto. Si potrebbe dire che si guarda l’ombelico.
Da quando sessantacinque anni fa con i “Dannati della terra” Frantz Fanon scandì la colpa dell’Europa e dell’Occidente, niente è cambiato nella critica, mentre tutto si è radicalmente rivoltato di fatto. La critica veniva allora in un terzomondismo benefico – di acquisizione di diritti minimi e di uguaglianza. Ormai sorpassato, altri sono i pericoli, non il neo capitalismo, non  l’Occidente.
Fordismo – È finito nel discredito. Da ultimo con la raccolta delle brevi note di Aldous Huxley che ne possono illustrare la memoria all’insegna di “Una società ecologica e pacifista”. Il fordismo viene liquidato come un invito al consumismo quasi obbligato, una sorta di condizionamento biologico nella catena di produzione. Introiettato fino a diventare un condizionamento biologico. Un sesto senso. Mentre fu questo ma molto altro: la stagione migliore del sindacalismo, e più precisamente nell’operaismo, nella difesa del lavoro manuale. Che confluirà nel neo capitalismo e ora è un miraggio sepolto. Nella crisi fiscale dello Stato che ha divelto la protezione sociale, e nella globalizzazione che più non consente il lavoro-reddito per tutti.
Questo fu nell’essenza il fordismo. Quale un testimone eccezionale, e affidabile, lo scrittore Céline allora dottor Destouches inviato della costituenda Organizzazione Mondiale della Sanità, testimoniò nel rapporto conclusivo della sua ispezione ( ora in “I sottouomini. Testi sociali”, a cura di G.Leuzzi). Del salario parte della retribuzione, in un sistema articolato e protettivo di organizzazione, dentro e fuori della fabbrica. Il lavoro per tutti, anche per i disabili. Un’abitazione igienica. Il controllo, con un corpo di assistenti sociali, dei consumi, a vantaggio della famiglia, dell’accudimento dei figli, della scuola, delle cure sanitarie, etc. Un sistema paternalistico ma efficace. E molto produttivo: la creazione del reddito attraverso il lavoro.
Si valuta correttamente il fordismo in rapporto all’evoluzione odierna, dell’ultimo quarto di secolo, post-globalizzazione. Di produzioni di massa per circuiti d massa – i non luoghi, che sposseranno, hanno spossato, i consumatori. Per consumatori sempre più di massa, indotti a spendere comunque per l’acquisita (imposta) incapacità di decidere o scegliere. Questo è il proprio del mercato o globalizzazione, non del fordismo.

Idranti – In funzione ordine pubblico anti-sommossa li inventò un maresciallo di Francia, conte napoleonico, nel 1831. L’uso estensivo che la polizia tedesca ne ha fatto a Amburgo contro i manifestanti anti-G 20 hanno origine antica. Per la prima volta furono usati a Parigi in un lontano Maggio, del 1831, dal conte de Lobau. Georges Mouton, conte dell’Impero (di lui Napoleone diceva: “Il mio Montone è un Leone”) per i meriti acquisiti nel 1808 in Spagna e nel 1811 in Austria,  nominato da pochi mesi a capo della Guardia Nazionale di Parigi dal neo re di Francia,, Luigi Filippo d’Orléans. A maggio del 1831 Lobau organizzò con successo, d’accordo col prefetto di Polizia di Parigi, Gabriel Delessert, la dispersione della folla che manifestava contro la monarchia orleanista, all’inaugurazione della statua di Napoleone in pazza Vendôme, usando a tutta manetta le pompe antincendio dislocate in città.
Il conte era un liberale, per questo inviso, oltre che per essere stato un generale di Napoleone, a Luigi XVII e Carlo X, i re francesi restaurati. Ma nel 1828 era riuscito a farsi comunque eleggere al Parlamento, schierandosi con i Liberali. Dopo le “Tre Gloriose”, che sostituirono Luigi Filippo a Carlo X, fu nominato a capo della Guardia Nazionale della capotale. A Natale del 1831, in riconoscimento della campagna idranti di maggio, Luigi Filippo lo nominò Maresciallo di Francia, con uno scranno alla Camera dei Pari. “Il maresciallo umido” lo chiamarono i giornali satirici per la sua invenzione.
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Pena di morte – È popolare più che autocratica. Lo è certamente negli Usa, per esempio, ove non si abolisce per non perdere il favore e il voto popolare. E non è detto che un referendum in Iran e in Cina, se un referendum popolare fosse possibile nei due regimi autocratici, non si pronuncerebbe in favore della pena di morte. Nella stessa Turchia di Erdogan, la sua introduzione è minacciata dal presidente-dittatore in quanto ne amplierebbe il consenso popolare.
Furono gli Asburgo ad abolirla, sotto l’influsso di Beccaria, e della militanza massonica. In Toscana nel 1786, ventidue anni dopo la pubblicazione di “Dei delitti e delle pene”. L’anno dopo a Vienna, a valere per tutto l’impero austriaco, su iniziativa dei sovrani, l’arciduca Leopoldo II e Giuseppe II. Ma ci furono rivolte in Toscana contro l’abolizione, e la pena di morte fu reintrodotta dal figlio di Leopoldo II, Ferdinando III, nel 1790, e confermata nel 1795, benché non applicata. A Vienna fu reintrodotta per alto tradimento nel 1796. 
La Rivoluzione Francese, che pure aveva debuttato con la distruzione di una prigione, la applicò in massa, come pena minima.

astolfo@antiit.eu

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