Colpa - Ci fu un filone revisionista, subito dopo la guerra,
sulle sue cause, remote e prossime. Ma di storia coniugata sempre col
giornalismo specie nella forma radiotelevisiva.
L’opera di A.J.P. Taylor cinquant’anni fa, “Le
origini della seconda guerra mondiale”, fu anche un classico, subito studiato
alle università, tradotto da Luciano Bianciardi. Charles Beard, storico
americano tra i più quotati tra le due guerre, ci arrivò prima di tutti –
addirittura nel 1946, prima ancora che a Norimberga la Colpa fosse chiusa a
carico di Hitler e dell’Asse. Con la tesi polemica che invece era da attribuire
a Franklin Delano Roosevelt. Una tesi doppiamente polemica, Beard volendosi di
sinistra, come il presidente Roosevelt, ma pacifista estremo e isolazionista.
Entrambi
gli storici curiosamente si sono assicurati, con queste posizioni eretiche,
revisionista in anticipo, ruoli suggestivi di pubblicisti, commentatoti
radiotelevisivi, animatori di convegni. Beard lasciò la Columbia University,
dove era cattedratico stimato, per fare liberamente il pubblicista. Anche
Taylor, prima che pubblicista e intrattenitore radiotelevisivo, fu un
cattedratico, specialista di storia diplomatica, e di quella italiana in particolare – “The Italian
Problem in European Diplomacy 1847-1849” – e esponente appassionato del partito
Laburista. La revisione, insomma, fu di sinistra prima che di destra. E storica
prima che giornalistica.
Etnocentrismo – È ben europeo, come critica più che come fatto –
etnocentrismo è termine diminutivo, accusatorio. È etnocentrista, molto, fare
la critica dell’etnocentrismo, in quanto europeo e occidentale, solo tale. Come se l’Europa
vivesse, avesse vissuto e operato, nel vuoto pneumatico. Un vezzo a cui la storia
in Europa indulge, ma che è ridicolo nella critica dell’etnocentrismo, quando
essa stessa è etnocentric.
È terminologia desueta, ma
dice bene la cosa: è l’europeo che critica l’Europa, l’occidentale che critica
l’Occidente, da una prospettiva europea e occidentale, in un contesto europeo e
occidentale. Il razzismo aveva – e ha – altri negrieri. Altri mondi avevano – e
hanno – le caste, la fossilizzazione della società tra ergastolani di fatto e
primi della classe, un ergastolo e un privilegio a vita per discendenza. Ci
sono, nel Duemila, stati patrimoniali, a beneficio di famiglie, tribù e partiti
(le Nomenklature). Ci sono tante forme nel mondo di disuguaglianza, di fatto e
perfino di diritto, e di sfruttamento. Ma l’etnocentrista anti-etnocentrista
guarda fuori contesto. Si potrebbe dire che si guarda l’ombelico.
Da quando sessantacinque anni fa con i “Dannati della terra” Frantz Fanon scandì la colpa dell’Europa e dell’Occidente, niente è cambiato nella critica, mentre tutto si è radicalmente rivoltato di fatto. La critica veniva allora in un terzomondismo benefico – di acquisizione di diritti minimi e di uguaglianza. Ormai sorpassato, altri sono i pericoli, non il neo capitalismo, non l’Occidente.
Da quando sessantacinque anni fa con i “Dannati della terra” Frantz Fanon scandì la colpa dell’Europa e dell’Occidente, niente è cambiato nella critica, mentre tutto si è radicalmente rivoltato di fatto. La critica veniva allora in un terzomondismo benefico – di acquisizione di diritti minimi e di uguaglianza. Ormai sorpassato, altri sono i pericoli, non il neo capitalismo, non l’Occidente.
Fordismo – È finito nel discredito.
Da ultimo con la raccolta delle brevi note di Aldous Huxley che ne possono illustrare
la memoria all’insegna di “Una società ecologica e pacifista”. Il fordismo
viene liquidato come un invito al consumismo quasi obbligato, una sorta di
condizionamento biologico nella catena di produzione. Introiettato fino a
diventare un condizionamento biologico. Un sesto senso. Mentre fu questo ma
molto altro: la stagione migliore del sindacalismo, e più precisamente
nell’operaismo, nella difesa del lavoro manuale. Che confluirà nel neo
capitalismo e ora è un miraggio sepolto. Nella crisi fiscale dello Stato che ha
divelto la protezione sociale, e nella globalizzazione che più non consente il lavoro-reddito
per tutti.
Questo fu nell’essenza il fordismo. Quale un
testimone eccezionale, e affidabile, lo scrittore Céline allora dottor
Destouches inviato della costituenda Organizzazione Mondiale della Sanità, testimoniò
nel rapporto conclusivo della sua ispezione ( ora in “I sottouomini. Testi
sociali”, a cura di G.Leuzzi). Del salario parte della retribuzione, in un
sistema articolato e protettivo di organizzazione, dentro e fuori della
fabbrica. Il lavoro per tutti, anche per i disabili. Un’abitazione igienica. Il
controllo, con un corpo di assistenti sociali, dei consumi, a vantaggio della
famiglia, dell’accudimento dei figli, della scuola, delle cure sanitarie, etc.
Un sistema paternalistico ma efficace. E molto produttivo: la creazione del
reddito attraverso il lavoro.
Si valuta correttamente il fordismo in rapporto
all’evoluzione odierna, dell’ultimo quarto di secolo, post-globalizzazione. Di
produzioni di massa per circuiti d massa – i non luoghi, che sposseranno, hanno
spossato, i consumatori. Per consumatori sempre più di massa, indotti a spendere
comunque per l’acquisita (imposta) incapacità di decidere o scegliere. Questo è
il proprio del mercato o globalizzazione, non del fordismo.
Idranti – In funzione ordine pubblico anti-sommossa li inventò un maresciallo di
Francia, conte napoleonico, nel 1831. L’uso estensivo che la polizia tedesca ne
ha fatto a Amburgo contro i manifestanti anti-G 20 hanno origine antica. Per la
prima volta furono usati a Parigi in un lontano Maggio, del 1831, dal conte de
Lobau. Georges Mouton, conte dell’Impero (di lui Napoleone diceva: “Il mio
Montone è un Leone”) per i meriti acquisiti nel 1808 in Spagna e nel 1811 in
Austria, nominato da pochi mesi a capo
della Guardia Nazionale di Parigi dal neo re di Francia,, Luigi Filippo
d’Orléans. A maggio del 1831 Lobau organizzò con successo, d’accordo col prefetto
di Polizia di Parigi, Gabriel Delessert, la dispersione della folla che
manifestava contro la monarchia orleanista, all’inaugurazione della statua di
Napoleone in pazza Vendôme, usando a tutta manetta le pompe antincendio
dislocate in città.
Il conte era un liberale, per
questo inviso, oltre che per essere stato un generale di Napoleone, a Luigi
XVII e Carlo X, i re francesi restaurati. Ma nel 1828 era riuscito a farsi
comunque eleggere al Parlamento, schierandosi con i Liberali. Dopo le “Tre
Gloriose”, che sostituirono Luigi Filippo a Carlo X, fu nominato a capo della
Guardia Nazionale della capotale. A Natale del 1831, in riconoscimento della
campagna idranti di maggio, Luigi Filippo lo nominò Maresciallo di Francia, con
uno scranno alla Camera dei Pari. “Il maresciallo umido” lo chiamarono i
giornali satirici per la sua invenzione.
.
Pena di morte – È popolare più che autocratica. Lo è certamente
negli Usa, per esempio, ove non si abolisce per non perdere il favore e il voto
popolare. E non è detto che un referendum in Iran e in Cina, se un referendum
popolare fosse possibile nei due regimi autocratici, non si pronuncerebbe in
favore della pena di morte. Nella stessa Turchia di Erdogan, la sua
introduzione è minacciata dal presidente-dittatore in quanto ne amplierebbe il
consenso popolare.
Furono gli Asburgo ad abolirla,
sotto l’influsso di Beccaria, e della militanza massonica. In Toscana nel 1786,
ventidue anni dopo la pubblicazione di “Dei delitti e delle pene”. L’anno dopo
a Vienna, a valere per tutto l’impero austriaco, su iniziativa dei sovrani, l’arciduca
Leopoldo II e Giuseppe II. Ma ci furono rivolte in Toscana contro l’abolizione,
e la pena di morte fu reintrodotta dal figlio di Leopoldo II, Ferdinando III, nel
1790, e confermata nel 1795, benché non applicata. A Vienna fu reintrodotta per
alto tradimento nel 1796. La Rivoluzione Francese, che pure aveva debuttato con la distruzione di una prigione, la applicò in massa, come pena minima.
astolfo@antiit.eu
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