Lo
stupidario classifiche, una delle rubriche di questo sito, è ripreso da
Ferruccio de Bortoli su “L’Economia”, il settimanale del “Corriere della sera”,
per l’aspetto più bizzarro: il posto sempre poco lusinghiero che nelle varie
classificazioni internazionali viene assegnato all’Italia. De Bortoli ne indica
i motivi – a parte le bocciature meritate. Le distorsioni metodologiche. Le
“ponderazioni assai soggettive” – e, aggiungeremmo, anche pagate – possibili
nei survey qualitativi. Il “peso”angloamericano in molte statistiche, per
esempio della cultura (università, formazione, professionalità).. L’involuzione
normativa e istituzionale italiana, troppo aggrovigliata, che si trasforma in
handicap. Ma uno, il peggiore, dice giustamente inoppugnabile: la scarsa stima
che gli italiani hanno dell’Italia.
Il
Country Report del Reputation Institute non è inficiato da nessun pregiudizio,
e dice il peggio: “Gli italiani sono queli che assegnano al proprio paese un
giudizio debole (57,1 in scala 100), molto al di sotto del voto che gli ricponoscomno
gli stranieri (71.7,. Cioè tra il moderato e il forte. La Gerrmania viene
giudicata dagli altri 67,6, la Francia 69,2”.
De Bortoli però non dice che a questo giudizio portano i media. L’immagine che l’Italia ha di sé è quella che i media italiani le cuciono addosso - gli stranieri, non essendo oppressi dai media italiani, guardano con altro occhio. E non si capisce perché. Perché con questo ossessivo scandalismo i giornali hanno solo più che dimezzato le vendite, in pochi anni.
De Bortoli però non dice che a questo giudizio portano i media. L’immagine che l’Italia ha di sé è quella che i media italiani le cuciono addosso - gli stranieri, non essendo oppressi dai media italiani, guardano con altro occhio. E non si capisce perché. Perché con questo ossessivo scandalismo i giornali hanno solo più che dimezzato le vendite, in pochi anni.
Le perdite, di copie e di audience, sarebbero state maggiori, dicono i direttori
dei media, forse lo stesso De Bortoli, senza questo scandalismo. Mah! La
depressione, una volta innestata, si autoalimenta.
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