Dal
2008 a tutto il 2016 la Germania ha risparmiato 240 miliardi di euro di interessi
sul debito pubblico, secondo un calcolo aggiornato della Bundesbank.
Risparmiato rispetto ai tassi pre-crisi del 2007. Nel solo 2016 avrebnbe dovuto
spendere 47 miliardi in più per gli interessi sul debito se i tassi fossero rimasti al livelo pre-crisi
finanziaria.
Poiché
la crisi ha aggravato e non alleviato i tassi, e l’Italia lo sa, com’è possibile
che la Germania abbia risparmiato? E così tanto? Per il ruolo equilibratore –
comparativo – del rating, misurato dallo
spread – dal differenziale su un benchmark, un titolo di riferimento, che
è diventato appunto il Bund tedesco. Un meccanismo che ha finito per fare del
debito tedecso una sorta di bene-rifugio, anche a tassi negativi, come i
preziosi o il mattone. Aggravando – effetto comparativo – la posizione di economie
similari, Tra esse in primo luogo l’Italia.
Un
ribaltamento del senso comune reso possibile da juna strategia finanziaria
internazionale in un primo tempo di attacco all’euro (quante posizioni erano
state costruite sul meltdown della moneta europea), e poi di massimizzazione
della rendita, al coperto delle agenzie di rating,
a spese delle economie che non si sono sapute difendere. Strategia che la
politica monetaria di Angela Merkel ha accentuato, su impianto decisamente
mercantilistico – “mi avvantaggio delle difficoltà altrui”, invece di stabilire
una difesa comune.
La
Germania ha dovuto aumentare drammaticamente il debito nella crisi, specie nela
prima fase, dal 60 al quasi 90 per cento del pil, per salvare le banche – dal 60
al 120 per cento se consolidasse anch’essa la Cassa Depositi e Prestiti, Kfw,
che invece gode del privilegio di non contabilizzare. Ma paga meno di prima.
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