Non
si dice, fra i tanti scandali, quello del rating, il più grave, e redditizio
per i ladri, di tutti. Passato indenne nell’inchiesta penale di Trani, e perciò
senza colpa. Mentre è lo scandalo permanente, tanto più grave in quanto
impunito, del mercato inteso come la forza della specuiazone.
L’Italia
paga 30-40 miliardi l’anno in più del dovuto ai signori dei fondi e delle
finanziarie di varia natura che speculano sui bot e i cct, un investyimentol arcisicuro,
col concorso e la serena operosità delle agenzie di rating. Nell’assalto della speculazione
all’Italia degli anni 2011-2014, quando l’Italia doveva uscire dall’euro per
far crollare il tutto, hanno i titoli del debito pubblico di rating minacciosissimi,
prossimi alla spazzatura. Gli stessi della Colombia, della Romania e della
Bulgaria, del Sud Africa, dell’Azerbaigina, del Bahrein, l’unico emirato
povero, dell’India, del Marocco, dell’Uruguay. Peggio del Messico, del Perù, delle
Filippine, della Thailandia. Infinitamente sotto le petromonarchie, che potrebbero
svanire con tutto il debito in un giorno. Il sesto o settimo paese più ricco
del mondo. La seconda potenza industriale europea, dopo la ben più grande
Germania. Quella che ha la più elevata quota di rispamio privato, in rapporto
al reddito – l’indice più siciuro della solvibilità. Quella che ha fatto più “riforme”
di tutti: privatizzato più della Germania e molto più della Francia, elevato l’età
della pensione a livello record, con un mercato del del lavoro che più liquido non
si può, con un attivo primario di bilancio costante da un venticinquennio ed
elevato.
Il
rating non è obiettivo, e non è
nemmeno anodino come si pretende. Consente enormi benefici, in sicurezza, agli
investitori. E facilita nuovi declassamenti e aggravamenti del costo del
debito. È cioè un circolo vizioso.
Lo
spread non incide, così si pretende. Invece
incide molto. La Gerrmania, con un debito in assoluto più alto di quello dell’Italia,
ogni anno “risparmia” sui 40 di interessi rispetto a quanto paga l’Italia con
un debito inferiore.
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