Curiosa
celebrazione del giudice Borsellino, a parte i toni. Borsellino era di destra,
la cosa non si dice, e poi si esuma dai tg dell’epoca la manifestazione missina
ai suoi funerali, violenta contro Scalfaro e il capo della Polizia Parisi, col
saluto romano in massa. Non si fa menzione del governo dell’epoca, Andreotti,
il referente romano di Lima. Cancellato anche Martelli, pure ben vivente, il
ministro della Giustizia di Falcone, quello che ha poi sostenuto Borsellino. A
Roma cosa Borsellino trova di preoccupante, nei corridoi del ministro dell’Interno,
mentre attende di essere ricevuto da Scalfaro? L’ex capo della Polizia a
Palermo, vice-capo della Polizia a Roma, Contrada. Lo guarda come se Contrada
lo avesse trapassato. Perché – didascalia – Contrada era stato già accusato a
Borsellino dal fresco pentito Gaspare Mutolo. Dopo quattro processi inutili, a
seguito di inchieste penali falsate dai pentiti, prima Sorrentino o Scarantino,
un pezzo da niente, e poi Spatuzza, un altro pezzo da niente che si nobilta con
la teologia, non se ne dice niente. Sentire i giudici palermitani che
accusano “pezzi dello Stato” per l’eccidio, compreso Vittorio Teresi, che è
stato capo o vice capo della Procura di Palermo, è agghiacciante e assurdo. Non si intervista la giudice Boccassini, che
delle manchevolezze dell’indagine sulla morte di Borsellino fu subito testimone.
Un omaggio che è
un articolo di giornale, vecchio. Forse perché oggetto e sceneggiatura si sono
voluti di Sadrone Dazieri, che è di Cremona – più a suo agio coi liutai?
Francesco Micciché,
Adesso tocca a me
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