Si
può dire Marco Fassone, ad del Milan targato Cina, un manager del debito – dei buffi
in romanesco. Nel senso che non gli riesce difficile accenderli, tanto si
pagano dopo,. Milano aveva già conosciuto un teorico del debito, il celebrato
Eugenio Cegfis, che per Montedison e “Corriere della sera” spendeva sewnza limiti,
sicuro che un grande gruppo non può fallire; può fallire il grande Milan, sarà
il ragionamento di Fassone. O si può dire la proprietà cinese del fantomatico
Yonghong Li schiava, colpa etnica, dell’azzardo. Ma non si capisce dov’è
l’etica in tutto questo, nella lealtà dello sport, nella capitale morale d’Italia.
Di
poco meno di 700 milioni, 520 alla Fininvest dei Berlusconi e 150 al fondo Elliott,
intersssi al’11,5 per cento, Fassone ha caricato il signor Li. Che avrà bisogno
di più di un lancio fortunato dei dadi.
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