Si
discute alla Camera il decreto per il Mezzogiorno, voluto da tutte le forze
politiche, per “dare ulteriore impulso alle politiche di sviluppo”. Il ministro
per il Mezzogiorno De Vincenti entra in aula, e la vede vuota: i deputati
presenti sono quattro, di numero. Non a Ferragosto, il 31 luglio.
Valeria
Genova, gentile giovane signora di Treviso che ha passato due anni a Napoli col
marito pilota dell’Aeronautica Militare, ne riparte commossa, con grandi elogi
in rete – “quando nel 2015 ho saputo che avrei dovuto seguire mio marito a
Napoli mi sono messa a piangere”, non di gioia. Ha fatto la scoperta di Napoli,
che esisteva prima di Treviso e di tutta l’Italia.
Pasquale
Gagliostro, un collaboratore di giustizia per vari delitti, tornato a vivere al
suo paese, Palmi, è stato assassinato. È il sesto o settimo delinquente pentito
– che ha cioè denunciato i suoi complici – ucciso in Calabria. Tutti erano
tornati a vivere al paese di origine, dove avevano compiuto i delitti. Si è
fatta molta filosofia sui pentiti, e si dice che c’è un programma di protezione
pentiti, ma sono solo i vecchi informatori, passati dalle brusche polizie ai seriosi
giudici.
Gagliostro
viveva in una casa già di sua proprietà, a suo tempo confiscata e assegnata al
comune di Palmi. Da quando si era pentito, nel 1993, era stato arrestato più
volte per delitti “minori”: furti, minacce, porto d’arma. Il pentimento serve
solo per evitare il carcere.
La prolissità e
la concisione
Linguaggi
privati concisi, concisissimi, basta un cenno, una non risposta, un lieve movimento
del capo, del ciglio, per fare un discorso. E un linguaggio politico, compreso
il giornalismo, invariabilmente prolisso. Inerte, tanto quanto è sussiegoso. E
bolso, cioè controproducente. Si leggano le cronache locali in Calabria e
Sicilia, estive e anche autunnali o invernali, e un po’ pure in Puglia, si verrà
sommersi da elenchi dettagliati di chi c’era – a partire in genere dal
comandante dei Carabinieri (il vescovo da qualche tempo latita), seguito dal
sindaco, vari assessori, il dottore, l’imprenditore, il mecenate. O assistere a
un evento, anche culturale: qualsiasi recita, qualsiasi esecuzione musicale,
qualsiasi mostra anche, per goderseli bisogna sorbettarsi lunghe, vuote,
prolusioni, con elenchi del già fatto e del futuribile, e dei premi, secondi, terzi,
quarti premi, vinti nella sezione terza, quarta, del concorso non si sa che di non si
sa dove.
Non
è l’autorevolezza. Se non in forma di equivoco – nessuno è autorevole in
Calabria o in Sicilia, non si dà credito gratuito. È un abito soprammesso, a una
comunicazione rapidissima. Quindi intimamente rifiutato. Può essere un difetto
culturale, derivato da un insegnamento sbagliato. Ma anche in questo caso è un abito
soprammesso, la burocrazia, dall’Italia - sia pure un’Italia ora perenta, il Sud per alcune
cose muove in ritardo.
Sudismi\sadismi
Il
“Corriere dela sera” pubblica una pagina grafica sull’estate degli incendi in
cui evidenzia con macchie di colore più dense gli incendi nel Sud continentale
dell’Italia, da Caserta a Modica e Palermo, e tabellarmente elenca invece gli incendi
più grandi e gravi in Portoglallo, Spagna, Bosnia. Croazia. Ammesso che uno abbia voglia di leggersi le minuscole
didascalie: l’informazione è nei colori. C’è molta superficialità nel
giornalismo. Ma anche pesandola con la superficialità, la disonestà lascia
ancora senza respiro, talmente è stupida: gli incendi sono “meridionali”,
soprattutto quelli dolosi.
Quest’anno
per prima è bruciata la Maremma. Con incendi, purtroppo, anche spettacolari, e
evacuazioni di migliaia di persone, presso località di grande rinomanza,
Castiglione della Pescaia, Roccammare eccetera. Ma gli incendi sono diventati
notizia, con servizi sulle tv e grandi foto sui giornali, quando hanno
divampato in Sicilia.
Sud e magia
Si
potrebbe pensare la magia del Sud quella dei viaggiatori ammaliati e dei libri di
viaggio, necessariamente emozionanti. E invece no, è di magia in senso proprio che si continua – 2017 – a parlare.
Il Sud vive di superstizioni, malocchio, jettature. Come se questa “magia” fosse
una specialità.
È
di sicuro uno dei pendentif dell’arretratezza: il Sud non solo è mafioso,
e mangiatore a ufo, è anche superstizioso e sciocco. Ma proliferano anche le “ricerche”
para-antropologiche su questa magia del Sud. Uno che vive al Sud ne può solo
ridere, ma se ne fanno, si stampano e si discutono. A opera di meridionali.
È
uno degli effetti Lega – il Sud è Africa, etc.. Ma, di più, è l’eredità De Martino: il Sud è ancora nella trappola di
Ernesto De Martino, che le sue paure e superstizioni collocò “al Sud”, come proprie
del Sud. E in una prospettiva – non antropologica - di sviluppo: cioè come
materia e segno di arretratezza. Compreso, sempre nello schema De Martino, un
legame tra magia e cattolicesimo popolare.
Il
curioso è che, da questo punto di vista, delle attaches religiose, se ne troverebbero molte di più oltralpe, tra i
riformati. A partire da Lutero, che era ossessionato dal diavolo e le sue cattiverie,
dal malocchio al maleficio. Ma come si fa credere alla sopravvivenza di riti magico-rituali
nel Sud iperconsumista, a ritenerle veritiere e attive e non sopravvivenze,
modi di dire? O allora sì, ma al modo dei milanesi.
Le
tv sono piene di maghi e esorcisti, ma meno al Sud – in Calabria e in Puglia
non ce ne sono. Per non dire degli
altarini votivi che a Roma s’incontrano su ogni marciapiede, alcuni di devozione
sterminata, a giudicare dalle iscrizioni interminabili p.g.r, per grazia
ricevuta. “Astra”, che si pubblica a
Milano, è piena a metà di cartomanti, sensitivi, veggenti, prefissi 02, 06, 075
(Umbria), 080 (Bresciano), 051 (Bologna), 0575 (Arezzo), con corsie speciali,
molteplici, per “gli amici della Svizzera”. E si sa che Torno è una capitale
della stregoneria, dell’occultismo. L’ultimo processo per stregoneria si può
dire quello tenuto a Milano – con condanna, è vero – a carico di Vanna Marchi, della
figlia e dei conviventi, con i quali impoveri milioni di spettatori della Padania illudendoli
col magnetismo dello sguardo – “a me gli occhi” – e della voce.
Il
mondo è molto cambiato rispetto a duemila anni fa. Anche rispetto a mille anni
fa. Anche al Sud.
Ma
il Sud dice che no, tutte queste sciocchezze sono del Sud. Lo dicono i nativi,
se lo raccontano cioè. E non si capisce perché – non interessa a nessuno, il Sud
è già ampiamente squalificato. L’antropologia, anche raccogliticcia, come più
spesso al Sud, al Nord non si occupa del Sud, che non ha misteri - ha interessi
più seri. Un mistero resta il Sud per i nativi meridionali, da De Martino in
giù.
Non
tutti lo dicono, è vero., Ma poi ci credono, credono alla narrazione della magia
del Sud. Capita magari, scorrendo le esercitazioni sulla magia del Sud di una gentile
traduttrice dall’inglese, una che è stata anche a Londra, di leggere contemporaneamente un romanzo
di Graham Greene su Londra sotto i bombardamenti che è centrato su una seduta
spiritica, e dove si colloquia senza riserve di scaramanzie e cattivi presagi.
A Londra però non fanno magia, al Sud sì.
Lo Stretto
s’inverte
Reggio
Calabria e Messina, benché divise dallo Stretto, sono da tempo considerate dai
geografi una “conurbazione”: due città integrate. Con un ruolo subordinato di
Reggio nei confronti di Messina. Che aveva l’università, i migliori specialisti
e le migliori cure, i migliori negozi di abbigliamento, e perfino le migliori
pasticcerie. Un porto migliore, a uso militare a civile, con un arsenale – cantiere
navale militare. Più impieghi e più investimenti di Reggio. Una squadra in
serie A, o almeno in serie B. E faceva i giornali (“il giornale”, la “Gazzetta
del Sud”) per Reggio.
La
conurbazione era più egualitaria in materia di religione e di svago: molti messinesi erano –
e sono - devoti della Madonna di Polsi in Aspromonte. E andavano – e vanno – a
raccogliere funghi e sciare in Aspromonte piuttosto che sull’Etna. Ma più
estesa, e quasi ancillare, era la devozione di Palmi e Reggio per la Madonna della
Lettera di Messina, e anche per la Madonna Nera di Tindari, per non dire di tutta la Piana di Gioia Tauro per Mata e Grifone, i "giganti" di Messina. Nel quadro di una
subordinazione di Metauros (oggi grosso modo Gioia Tauro), che pure era colonia
locrese, a Messina-Zancle.
Lo
storico Galasso documenta, “La Calabria spagnola”, un traffico molto più
intenso a Messina nel Cinquecento rispetto a Reggio. E nella stessa Reggio un
buon terzo delle operazioni portuali in capo ad agenti e committenti messinesi.
Oggi il traffico è invertito. Reggio ha centri commerciali, musei e rovine ben curate,
ristoranti e ottime pasticcerie, e l’università. Una fiorente, mentre quella di
Messina, una delle più antiche d’Italia, si è provincializzata. È anche un porto
attivo, anche se solo per l’immigrazione irregolare, mentre Messina è un porto
bello e vuoto, se non per imbarcazioni minime della Marina Militare – le traghetto dalla Calabria utilizzano un
attracco fuori città verso capo Faro, lontano dal porto, allo snodo con le
autostrade per Catania e Palermo. In linea generale Messina ha preso il posto
di Reggio, come luogo di passaggio. La geografia economica e sociale muta, può
mutare – niente, in ipotesi, impedirebbe al Sud di diventare moderno e ricco.
Oggi
i ruoli sono invertiti.
leuzzi@antiit.eu
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