venerdì 18 agosto 2017

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (335)

Giuseppe Leuzzi

Gli italiani emigrati in America dal Sud dell’Italia Gay Talese, “Ai figli dei figli”,  dice in gran parte analfabeti per “la tradizione oppressiva, anti-intellettuale dei Borboni di Spagna e della chiesa cattolica”. Questo può spiegare molte cose.

Si ascoltano sotto gli ombrelloni a mare sulle spiagge meridionali parlate torinesi o milanesi con interlocuzioni locali, dei parenti e amici che non sono emigrati. È un rapporto che si sente stridente, per nessun motivo, se non l’adozione, per quanto necessitata, della parlata della città d’emigrazione. Sembra un falsetto.

L’anarchia  feudale
La patrimonializzazione (compravendita) del feudo Galasso accerta (“La Calabria spagnola”, 153) già dal Cinquecento. Non fu però una privatizzazione: “Il fondamento pubblico della posizione feudale non fa mai disdetto o attenuato nella cultura e nella tradizione giuridica e forense del mezzogiorno”. Si volle essere liberi di disporre, ma anche di mantenere i diritti esclusivi.
“La distinzione tra «patrimonializzazione» e «privatizzazione»  nel caso del possesso baronale non è né frequente né chiara negli studi”, spiega Galasso, “ma è fondamentale”. Il perché lascia implicito ma è ovvio: s’innesta qui la mancata origine, o gracile costituzione, della borghesia locale, al più attiva solo intellettualmente, non operosa, innovatrice, avventurosa.
La feudalità nel Regno e in Calabria Galasso dice anche “di anarchico particolarismo, antistatale e antisociale”. E questo è un marchio che ha impresso su tutta la società, anche tra i poveri e poverisssimi. Qualche rivoluzione sociale c’è stata anche in Calabria, che più di tutti ne ha avuto e ha bisogno, ma si è subito dispersa negli individualismi.

Mafia mafie
Matteo Renzi presenta il suo libro col sindaco di Pietrasanta Mallegni. Lo stesso che due suoi protetti, i fratelli Manzione, hanno denunciato e perseguito penalmente, a nessun effetto, ma abbastanza per consentire al prefetto di farlo decadere dalla  carica una prima volta. I fratelli Manzione, Antonella capo dei vigili urbani, Domenico giudice, sostituto Procuratore (nel paese di nascita e di residenza…), avevano lei denunciato e lui incriminato Mallegni, un socialista anti-Dc eletto con i voti di Berlusconi. Renzi aveva per questo premiato entrambi: lei suo capo di gabinetto a palazzo Chigi, lui sottosegretario. Poi si sono rifatte le elezioni, e Mallegni è stato rieletto.
Fosse successo al Sud, quanti reati in questa breve storia? Non anomala evidentemente, poiché non scandalizza nessuno in lucchesia, in Toscana, e nemmeno fuori della Toscana. Di calunnia. Di traffico di influenze. Di abuso di potere. Di associazione a delinquere, se non mafiosa - ma questa è “la” mafia da qualche tempo, politica: col mitra vanno i pezzenti. 
Mentre è una storiella come tante, della disinvoltura “democristiana”.

Il miracolo del Sud
Nessun dubbio che il “miracolo economico” degli anni 1950-1960, che ha elevato l’Italia “nel gruppo di testa dell’economia e dello sviliuppo mondiale” (G.Galasso, “La Calabria spagnola”), sia dovuto in gran parte alla disponibilità di forza lavoro abbondante, a buon mercato e relativamente formata (almeno italoparlante), emigrata dal Sud. Nessun dubbio insomma che il Sud debole e migratorio sia stato, e probabilmente, sia, uno dei fattori di quello sviluppo.
Il raffronto con la Germania è in tal senso chiarificatore. Un paese impoverito demograficamente dalla guerra, dall’occupazione e dalla divisione, che ha dovuto far ricorso a immigrati dall’estero, anche dall’Italia. Con capacità tecniche forse non inferiori a quelle dell’emigrazione interna italiana, ma con l’handicap della lingua e della mentalità.
In che senso o misura questo esercito interno del lavoro ìnteragisce oggi nell’economia italiana? Lo “scambio” continua a essere attivo, nella sanità, l’accoglienza, l’insegnamento, le polizie . Con un’emigrazione ora già formata, anche se a costo non minore, come negli anni del boom. E ha creato un’area stabile di consumo privilegiato per il Centro-Nord Italia. Non c’è un Nord, bello-e-buono, senza un Sud.

L’emigrazione disfa la società
L’emigrazione arricchisce o impoverisce? L’economia politica dell’emigrazione è che essa arricchisce. Chi parte perché mette infine a frutto i sacrifici. Chi resta per le rimesse degli emigrati, e per il loro indiretto appello a una vita migliore.
Ma è una desertificazione, anche questo si sa. Delle energie più cospicue – giovani, determinate - se non le migliori qualitativamente. Soprattutto le emigrazioni intellettuali, quelle di oggi, di forza-lavoro già “formata”,
Con le moderne emigrazioni il Sud si priva del ceto medio appena costituito, che fa e disfa come una tela di Penelope, delle borghesie cementano la società. Questo può spiegare meglio di ogni altra piega sociologica finora individuata l’impoverimento della politica, della rappresentanza e delle scelte di voto. 

L’emigrato è sradicato
Molti buoni sentimenti, moto retorici, si fanno attorno all’emigrato, soprattutto in questo mese di ferie, quando l’emigrato ritorna, magari per la festa di paese. Ma la verità è che l’emigrato, per quanto gli piaccia mangiare una volta i cibi dell’infanzia e possa essere affezionato ai parenti, è un altro. Di un altro mondo. Anche quando parla o scrive delle origini.
Corrado Alvaro, che dei luoghi originari tanto scrisse, non tornava volentieri al paese, e solo per poche ore, poche volte, per non dispiacere alla mamma, incattivito e inquieto. Mino Reitano è di Fiumara di Muro - della frazione San Pietro di Fiumara - un paesino alla periferia di Reggio Calabria, col quale non ha mantenuto nessun contatto e che non ha nessun rapporto con la sua musica e le sue canzoni.   
Rosa Maria Currenti, ora di 73 anni, si è ritrovata immortalata da Enzo Sellerio in una foto al balcone, quando aveva 18 anni, confluita nel 1964 in un servizio fotografico per la rivista tedesca “Du” sulla vita rurale in Sicilia. Si celebra ora come la Sicilia giovane. Si era poi sposata e col marito era emigrata in Svizzera, impiegandosi lei stessa a Neuchâtel, alla Bulova. Esperienza di cui ricorda: “Mi chiamavano madame”. 
Il racconto forse più fertile – reale, vivo – dell’emigrazione e del suo background , “Ai figli dei figli” di Gay Talese, è frutto delle memorie dell’amato padre e dei suoi fratelli, ma più di un lavoro di documentazione in situ, a Maida, durato due anni.  

Calabrian Free Corps
Accanto ai “massisti”, gruppi armati popolari che combatterono le truppe francesi di Napoleone e Murat dopo il 1807, un corpo calabrese d’élite fu creato e inquadrato fra le truppe britanniche, il Calabrian Free Corps, un corpo di guerriglieri calabresi. Questa la scheda del Calabrian Free Corps redatta dallo storico militare canadese René Chartrand, “Émigré & Foreign Troops in British Service 1803-1815”, pp. 7-9:
“Costituita agli inizi del 1809 con rifugiati italiani dalla Calabria, di cui circa 400 si erano organizzati in Sicilia a febbraio in «centurie» sotto propri comandanti. Alla fine di giugno il corpo partecipò all’incursione su Napoli, un distaccamento di 40 uomini distinguendosi in una carica allo sbarco. Partecipò alla presa di Ischia e Scilla. Di ritorno in Sicilia, regolamenti vennero redatti per migliorare l’organizzazione e la disciplina dell’unità. Le centurie furono riorganizzate in «corpi liberi» delle dimensioni di una compagnia, con tre ufficiali, otto sergenti e 120 soldati semplici l’uno, e con uno staff di ufficiali britannici. Gli ufficiali, i sottufficiali e la truppa dovevano essere Calabresi o del Regno di Napoli.
“Il 22.3.1810 circa 316 uomini – dopo un’esitazione iniziale – parteciparono con distinzione all’0attacco sull’0isola ionica di Santa Maura. Dal dicembre 1812 due divisioni del corpo furono dislocate nella Spagna orientale, e combatterono bene a Castalla e Biar (aprile 1813). Dopo di ciò, Lord William Bentinck disse che i Calabresi erano forse la migliore fanteria leggera nel Mediterraneo, malgrado avessero “volgari, cattivi ufficiali Calabresi”. A quel tempo la forza era di 1.450 uomini; sei compagnie erano in Spagna, sei nelle Isole Ioniche, e tre in Sicilia. Due compagnie dalle Isole Ioniche presero parte all’assedio e la cattura di Trieste nell’ottobre 1813, distinguendosi per l’audacia. Le compagnie in Spagna, forti di 579 uomini, furono impiegate a Ordal (12-13 settembre). Nell’aprile 1814 queste sei compagnie s’imbarcarono a Tarragona, sbarcarono una forza di 618 uomini a Livorno, e presero parte all’attacco britannico sulla Spezia del 25.26 marzo - la guarnigione si arrenderà il 30. Il 14 aprile il Calabria Free Corps fu parte della forza che investì Genova. Il 16, insieme col 1mo Fanteria Leggera Greca, il reggimento prese il territorio sopra i forti Richelieu e Tecla, portando alla resa della città più tardi nella stessa giornata. Finendo la guerra, il corpo fu sciolto a metà del 1814”.
(continua)

leuzzi@antiit.eu

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