Come
può il Pd affrontare un’elezione con Alfano, e viceversa? In Sicilia si può.
Sciascia
direbbe che la Sicilia prefigura l’Italia. Ma alle prossime regionali prefigura
una dissoluzione, un suicidio programmato. Succede anche al Signore di perdere
quelli che ama, e quindi i democristiani, neo e paleo. E i siciliani non sono
indenni dalle scemenze. L’unica logica in questo matrimonio è che Alfano è contento
di aver avuto una parte da protagonista per un decennio, e gli piace finire
ministro degli Esteri, alle politiche a marzo.
Ma
sarà dura, in Sicilia, per via della legge elettorale. Vince la presidenza
della Regione il candidato che ha più voti al primo turno. Quindi sarà il. candidato
di Berlusconi, o quello di Grllo. Alleandosi con Alfano è come se il Pd
rinunciasse alla corsa: non molti iscritti andranno a votare gli alfaniani, e
meno ancora, benché pochi in tutto, saranno gl alfaniani che votano l’odiato
(concorrente) Pd. Senza cotare i crocettiani, e i fuoriusciti del pd con D’Alema.
Il
Pd potrebbe anche emergerne con una qualifica-squalifica: partito democristiano
a tutti gli effetti, benché “di sinistra” - come le vecchie “sinistre” della
Dc. Di più rischia Alfano, di cui però si comprende la logica: lo sbarramento
in Sicilia è al 5 per cento. Alfano, che non ha tanti voti, preferisce due-tre
posti sicuri in consiglio in lista col Pd.
Ma
la gara sarà difficile. Anche perché alla prossima elezione i consiglieri si
contrarrano ulteriormente, fino a 70, dai 90 che erano qualche anno fa. La
lotta intestina per candidarsi nei vari partiti sarà ferocissima.
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