Crisi demografica - In Europa non
è una novità. Già nel Tre-Quattrocento, a partire dalla Grande Peste del 1348,
se non dalla “grande fame” del 1315, e per almeno un secolo, fino a metà
Quattrocento, l’Europa occidentale fu investita da una gravissima crisi
demografica ed economica.
Ancora
nel Cinquecento si vedevano terre “vuote d’habitatori e piene di rovine”, mentre
“rimangono senza coltura i campi per mancamento d’huomini”, secondo relazioni
del tempo.
Internet – Diventa il
fulcro della politica, determinante sia del voto che dell’opinione? Il tentativo
c’è, di Steve Bannon, il consigliere di Trump, e dello stesso Trump, dopo
Casaleggio. Obama aveva vinto nel 2008 grazie allo smartphone, all’immediatezza
del messaggio scritto, e alla sua rediffusione via email. Ora si naviga sui
social, con maggiore visibilità.
Ma
il ruolo della rete è dubbio. Magnificata dai sondaggi in Italia, a favore del
Movimento 5 Stelle, si scontra con risultati effettivo del voto non vincenti
(Torino e Roma alle ultime comunali sono un’eccezione voluta da Berlusconi, che
ha riversato i voti della sua coalizione su M5S). La rete è una determinante
anche confusa, oltre che debole. È legittimo il dubbio che il popolo della rete
abbia votato per Trump, anche se Trump ne fa uso predominante: le rete si
presume giovanile, non integrata, innovativa, protestataria., Trump piuttosto
la protesta di un’emarginazine culturale, quindi della stessa rete. È inoltre aperta
a ogni provocazione, in forma di hacking. Diretta, tramite il riutilizzo della
stessa messaggistica, e indiretta, cvero on intrusioni, spionaggi, deviazioni.
Microcredito – Il primo passo
verso la rispettabilitàstabilutà dell’mmigrato di rirìsorse, non
necessariamente finanziarie, è il piccolo credito alla comunità d’origine: l’immigrato
più coriaceo diventa banchiere. Lo sono ora in Italia molti indiani, bengalesi
e cinesi, che finanziano soprattutto le attività commerciali, a rapido giro di
denaro. Attraverso i money-transfer e altri punti di aggregazione (telefono,
internet, giornale in lingua). Lo furono gli italiani della grande ondata
migratoria di fine Ottocento, in Sud America (Argentina, Perù), e in Nord America.
Nell’affascinante romanzo dell’immigrazione italiana negli Usa che è “Unto the
Sons”, Gay Talese ne tratteggia alcuni. L’avvocato piemontese Luigi Fugazzi,
che si era americanizzato il nome in Fugazy, e Eugenio Barsotti, il fondator de “Il Progresso Italo-A mericano” a New York.
A New Haven Paolo Russo, un fruttivendolo divenuto banchiere locale, e poi
avvocato, il primo italiano a laurearsi alla Yale Law School, nel 1893. A
Filadelfia il “tambutaro” (imprenditore di pompe funebri) Charles C. Baldi, poi
immobiliarista, banchiere e fondatore del giornale “L’Opinione”. A Syracuse un Thomas Marnell ex Marinelli di Napoli,
manovale nelle ferrovie e presto banchiere.
Situazionismo – Un movimento intellettuale
di cui si celebrano i sessant’anni, passato inosservato, già a suoi anni, ma
ferace più di ogni altro. Che si può innestare su Gramsci, allora senso comune: “La patria, la famiglia, l’umanità,
la bontà, la giustizia hanno bisogno, per essere reali, di prendere forma più
volte al giorno in attività minime che domandino fatica e sacrifizio, che diano
sodisfazione e gioia”. Sulla fatica Guy Debord,
per consenso unanime il fondatore, o meglio l’ispiratore, del movimento
situazionista, avrebbe dissentito, che
diceva “Non lavorate mai”. Non con senso cioè di alienazione, di fare qualcosa
tanto per fare, per sopravvivere.
Diceva anche Debord che il vero è un
momento del falso. Ed era certamente vero della “sua” società, che voleva da
avanspettacolo – non da divertimento impegnato. Ma diceva anche: .non si può
rinunciare alla storia, la storia divenuta reale non ha più fine. Si va per
accumulo, soverchiando i segni meno.
Un fantasma, questo
del situazionismo, più che un movimento. Un fantasma che si è aggirato nella seconda metà del
Novecento per l’Europa – e gli Stati Uniti.
Un fantasma vero, presente e assente: l’insieme di teorie e precetti
elaborati nei primi anni 1960, del boom che sembrava inarrestabile della
ricchezza, sintetizzati poi ne precetti “rivoluzionari”: non consumare, non
lavorare, non integrarsi. Un movimento che si segnala per aver navigato
sott’acqua, senza gruppi organizzati né manifestazioni di piazza, anzi ignoto
ai più, e a molti che lo cavalcavano. Le storie che se ne sono fatte sono in
chiave riduttiva, come di un fallimento. Mentre innescò un rivolgimento che
definire colossale è forse poco, si apprezzi o si condanni: quello che verrà
chiamato il Sessantotto. Il fallimento come setta sì, era inevitabile, Tanto
più di una setta ce si volle senza santoni né organizzazione. La caratteristica
diffusione ciclostilata, rudimentale, di schizzi, disegni, analisi, slogan,
s’incontrava a opera di barbuti nelle viuzze del Vieux Carrè a New Orleans, tra
le ragazze in altalena col popò che usciva dalle finestre per invitare dentro a
bere. Roba da mercatino turistico. Ma il messaggio era il Sessantotto.
Il
Sessantotto è molte cose, ma è indubbiamente all’origine di una società più aperta
e democratica. Più giusta anche, in quanto ha rinnovato il diritto di famiglia
e di procreazione, e lo status femminile. E molto libera: le menti ne sono
state liberate delle donne non solo, ma anche degli uomini. Tutte cose che si
radicano nello sconosciuto situazionismo. Che si può dire una visione coerente
del reale, se non un innesco del cambiamento. Di successo quindi. Un successo
tanto più enorme in quanto ottenuto senza truppe né guerre, e senza alleati né
protettori, dichiarati o surrettizi. Per la sola forza delle idee.
Turchi in Italia – Una presenza taciuta, ma
diffusa e a lungo significativa, in varie forme: occupazione, anche di decenni,
con forme di governo islamico, signoria, rifugio di singoli, migranti,
disertori, o residui di vecchi signorie. E poi nei secoli della pirateria, dal
‘400 all’‘800. Nel solo Cinquecento Reggio Calabria subì almeno sette razzie
della flotta turca, 1511, 1519, 15290, 1543, 1552, 1558, 1595, di cui l’ultima
specialmente violenta. Numerosi sceiccati ebbero giurisdizione localista, su
vallate della Calabria tirrenica su fino al basso Lazio, nel Due-Trecenro,
Una
presenza rilevante nella storia, anche se la storia evita l’argomento. Italo
Calvino evoca i saraceni sulle coste della Liguria, sulle spiagge e negli
anfratti appenninici, in più di un racconto. Giuseppe Galasso, “La Calabria
spagnola”, registra un cospicuo fenomeno di “rinnegati”: “Essi furono numerosi,
dalla Calabria in particolare, verso le terre del sultano di Costantinopoli e,
meno, dei Barbareschi”, verso l’Egitto e la Siria, cioè, il Levante, e anche
verso la Tunisia e l’Algeria. Spesso in posizioni importanti. “Ma”, aggiunge
Galasso, “l’emigrazione verso quei paesi riguardò anche famiglie di modesta e
modestissima condizione”. Per un fatto che era stato notato da un viaggiatore
lombardo, o forse piemontese, nel Regno di Napoli, Giovanni Pistoia, nella
seconda metà del Seicento (“Alle radici del presente”): molti, “oppressi dalla
mendicità e cacciati dalla disperazione”, bivaccavano sulla spiaggia nella speranza
di poter accedere a un “qualche legno turchesco, per cambiar il vassallaggio
de’ Cristiani col dominio degl’infedeli, riputandolo o più tollerabile o manco severo ed
ingiusto”.
astolfo@antiit.eu
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