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martedì 15 agosto 2017

Il mondo com'è (313)

astolfo

Crisi demografica - In Europa non è una novità. Già nel Tre-Quattrocento, a partire dalla Grande Peste del 1348, se non dalla “grande fame” del 1315, e per almeno un secolo, fino a metà Quattrocento, l’Europa occidentale fu investita da una gravissima crisi demografica ed economica.
Ancora nel Cinquecento si vedevano terre “vuote d’habitatori e piene di rovine”, mentre “rimangono senza coltura i campi per mancamento d’huomini”, secondo relazioni del tempo.

Internet – Diventa il fulcro della politica, determinante sia del voto che dell’opinione? Il tentativo c’è, di Steve Bannon, il consigliere di Trump, e dello stesso Trump, dopo Casaleggio. Obama aveva vinto nel 2008 grazie allo smartphone, all’immediatezza del messaggio scritto, e alla sua rediffusione via email. Ora si naviga sui social, con maggiore visibilità.
Ma il ruolo della rete è dubbio. Magnificata dai sondaggi in Italia, a favore del Movimento 5 Stelle, si scontra con risultati effettivo del voto non vincenti (Torino e Roma alle ultime comunali sono un’eccezione voluta da Berlusconi, che ha riversato i voti della sua coalizione su M5S). La rete è una determinante anche confusa, oltre che debole. È legittimo il dubbio che il popolo della rete abbia votato per Trump, anche se Trump ne fa uso predominante: le rete si presume giovanile, non integrata, innovativa, protestataria., Trump piuttosto la protesta di un’emarginazine culturale, quindi della stessa rete. È inoltre aperta a ogni provocazione, in forma di hacking. Diretta, tramite il riutilizzo della stessa messaggistica, e indiretta, cvero on intrusioni, spionaggi, deviazioni.

Microcredito – Il primo passo verso la rispettabilitàstabilutà dell’mmigrato di rirìsorse, non necessariamente finanziarie, è il piccolo credito alla comunità d’origine: l’immigrato più coriaceo diventa banchiere. Lo sono ora in Italia molti indiani, bengalesi e cinesi, che finanziano soprattutto le attività commerciali, a rapido giro di denaro. Attraverso i money-transfer e altri punti di aggregazione (telefono, internet, giornale in lingua). Lo furono gli italiani della grande ondata migratoria di fine Ottocento, in Sud America (Argentina, Perù), e in Nord America. Nell’affascinante romanzo dell’immigrazione italiana negli Usa che è “Unto the Sons”, Gay Talese ne tratteggia alcuni. L’avvocato piemontese Luigi Fugazzi, che si era americanizzato il nome in Fugazy, e Eugenio Barsotti, il fondator  de “Il Progresso Italo-A mericano” a New York. A New Haven Paolo Russo, un fruttivendolo divenuto banchiere locale, e poi avvocato, il primo italiano a laurearsi alla Yale Law School, nel 1893. A Filadelfia il “tambutaro” (imprenditore di pompe funebri) Charles C. Baldi, poi immobiliarista, banchiere e fondatore del giornale “L’Opinione”. A  Syracuse un Thomas Marnell ex Marinelli di Napoli, manovale nelle ferrovie e presto banchiere.

Situazionismo – Un movimento intellettuale di cui si celebrano i sessant’anni, passato inosservato, già a suoi anni, ma ferace più di ogni altro. Che si può innestare su Gramsci, allora senso comune: “La patria, la famiglia, l’umanità, la bontà, la giustizia hanno bisogno, per essere reali, di prendere forma più volte al giorno in attività minime che domandino fatica e sacrifizio, che diano sodisfazione e gioia”. Sulla fatica Guy Debord, per consenso unanime il fondatore, o meglio l’ispiratore, del movimento situazionista,  avrebbe dissentito, che diceva “Non lavorate mai”. Non con senso cioè di alienazione, di fare qualcosa tanto per fare, per sopravvivere.
Diceva anche Debord che il vero è un momento del falso. Ed era certamente vero della “sua” società, che voleva da avanspettacolo – non da divertimento impegnato. Ma diceva anche: .non si può rinunciare alla storia, la storia divenuta reale non ha più fine. Si va per accumulo, soverchiando i segni meno.
Un fantasma, questo del situazionismo, più che un movimento. Un fantasma che si è aggirato nella seconda metà del Novecento per l’Europa – e gli Stati Uniti.  Un fantasma vero, presente e assente: l’insieme di teorie e precetti elaborati nei primi anni 1960, del boom che sembrava inarrestabile della ricchezza, sintetizzati poi ne precetti “rivoluzionari”: non consumare, non lavorare, non integrarsi. Un movimento che si segnala per aver navigato sott’acqua, senza gruppi organizzati né manifestazioni di piazza, anzi ignoto ai più, e a molti che lo cavalcavano. Le storie che se ne sono fatte sono in chiave riduttiva, come di un fallimento. Mentre innescò un rivolgimento che definire colossale è forse poco, si apprezzi o si condanni: quello che verrà chiamato il Sessantotto. Il fallimento come setta sì, era inevitabile, Tanto più di una setta ce si volle senza santoni né organizzazione. La caratteristica diffusione ciclostilata, rudimentale, di schizzi, disegni, analisi, slogan, s’incontrava a opera di barbuti nelle viuzze del Vieux Carrè a New Orleans, tra le ragazze in altalena col popò che usciva dalle finestre per invitare dentro a bere. Roba da mercatino turistico. Ma il messaggio era il Sessantotto.
Il Sessantotto è molte cose, ma è indubbiamente all’origine di una società più aperta e democratica. Più giusta anche, in quanto ha rinnovato il diritto di famiglia e di procreazione, e lo status femminile. E molto libera: le menti ne sono state liberate delle donne non solo, ma anche degli uomini. Tutte cose che si radicano nello sconosciuto situazionismo. Che si può dire una visione coerente del reale, se non un innesco del cambiamento. Di successo quindi. Un successo tanto più enorme in quanto ottenuto senza truppe né guerre, e senza alleati né protettori, dichiarati o surrettizi. Per la sola forza delle idee.

Turchi in Italia – Una presenza taciuta, ma diffusa e a lungo significativa, in varie forme: occupazione, anche di decenni, con forme di governo islamico, signoria, rifugio di singoli, migranti, disertori, o residui di vecchi signorie. E poi nei secoli della pirateria, dal ‘400 all’‘800. Nel solo Cinquecento Reggio Calabria subì almeno sette razzie della flotta turca, 1511, 1519, 15290, 1543, 1552, 1558, 1595, di cui l’ultima specialmente violenta. Numerosi sceiccati ebbero giurisdizione localista, su vallate della Calabria tirrenica su fino al basso Lazio, nel Due-Trecenro,
Una presenza rilevante nella storia, anche se la storia evita l’argomento. Italo Calvino evoca i saraceni sulle coste della Liguria, sulle spiagge e negli anfratti appenninici, in più di un racconto. Giuseppe Galasso, “La Calabria spagnola”, registra un cospicuo fenomeno di “rinnegati”: “Essi furono numerosi, dalla Calabria in particolare, verso le terre del sultano di Costantinopoli e, meno, dei Barbareschi”, verso l’Egitto e la Siria, cioè, il Levante, e anche verso la Tunisia e l’Algeria. Spesso in posizioni importanti. “Ma”, aggiunge Galasso, “l’emigrazione verso quei paesi riguardò anche famiglie di modesta e modestissima condizione”. Per un fatto che era stato notato da un viaggiatore lombardo, o forse piemontese, nel Regno di Napoli, Giovanni Pistoia, nella seconda metà del Seicento (“Alle radici del presente”): molti, “oppressi dalla mendicità e cacciati dalla disperazione”, bivaccavano sulla spiaggia nella speranza di poter accedere a un “qualche legno turchesco, per cambiar il vassallaggio de’ Cristiani col dominio degl’infedeli, riputandolo  o più tollerabile o manco severo ed ingiusto”.

astolfo@antiit.eu


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