Narcotraffico – È la vera –
più ampia, più aperta – globalizzazione. Democratica e multietnica – non più
legata, come ancora nel passato recente, all’etnicità: la mafia siciliana,
quella cinese, quella irlandese, quella ebraica, quella albanese, nigeriana,
eccetera. “La Lettura” costruisce un atlante domenica 20 che coinvolge atutti i continenti,. Europa,
Americhe, Asia, Africa, tutte le classi sociali, e tutte le nazionalità in
forma apolide, da cittadini del mondo, di casa in ogni luogo del pianeta.
Presso Bordeaux una banda di greci e moldavi è catturata con un carico di
cocaina giunto in barca dal Sudamerica. Il Messico lavora con la Cina. Bande
internazionali - multietniche - controllano i porti di approdo. I regolamenti
di conti sono anche multietnici, a Roma come a Tolosa o a Barcellona. Tra africani,
asiatici, est-europei, ispanici, italiani è indifferente. Tra islamici e
cristiani mescolati. A Marsiglia tra mafiosi siciliani e calabresi trapiantati.
Processioni
–
Si è chiuso con un’assoluzione il processo a carico di Edoardo Lamberti
Sorrentino a Reggio Calabria avviato due estati fa per calunnia e concorso esterno
in associazione mafiosa a proposito degli “inchini” di santi e madonne in processione ai mafiosi di paese. Lamberti Castronuovo aveva
sfidato, con una lettera aperta il corrispondente reggino del “Corriere della
sera”, che ne aveva scritto suggestionato da un video dei Carabinieri, a
provare che alla processione nel paesino aspromontano di San Procopio c’era
stato un inchino a un mafioso. Per questo articolo – Lamberti Sorentino è anche
giornalista, anche lui – la Procura di Reggio Calabria lo aveva incriminato, su
sollecitazione dei Carabinieri. Ora è stato assolto. Lamberti Castronuovo non è
di San Procopio, è di Reggio. Dove è un personaggio della sinistra prodiana, ma
rispettato da tutti. Medico, docente universitario, è il fondatore e gestore
del centro di accertamenti diagnostici che fa testo in città. Ha fatto molta politica,
accanto al sindaco benemerito di Reggi Italo Falcomatà venti anni fa, e poi da
candidato sindaco per il nenonato partito Democratico, ora assessore pronviciale
alla Legalità. Ed è giornalista a tempo perso, da editore della tv locale,
Reggiotv. Da giornalista, in realtà, aveva sfidato l’incauto corrispondente a
provare l’inchino mafioso nella processione di San Procopio.
Altre assoluzioni in casi analoghi ci sarebbero
state in Sicilia, coinvolta anch’essa due anni fa negli “inchini” dei santi ai
mafiosi.
Usa-Russia – Si gioca
curiosamente a ruoli invertiti la vecchia sfida Mosca-Washington. Rilanciata da
Washington, ma poi subita, tutto
l’opposto della politica aggressiva degli Stati Uniti durante la guerra fredda,
contro la ben più temibile Unione Sovietica, sotto la strategia del containment, del contenimento della
spinta offensiva sovietica. La questione delle intromissioni di Mosca nella
campagna elettorale americana, e nei diritti di voto, attraverso imperscrutabili
hacker ne è un segno lampante – una fake
news, allo stato (ma la questione è aperta da due anni), da manuale.
Più
significativo, e più denso di conseguenze, è l’abbandono americano della
strategia di contenimento della Russia di Putin in Europa orientale, in Medio
Oriente e nel Nord Africa. Dal tempo di Obama. Che in Europa orientale ha
abbandonato in pratica l’Ucraina alla divisione, dopo averne fomentato il
nazionalismo antirusso – una scelta incomprensibile in un paese a metà russo,
nella storia e nella demografia. E nel Medio Oriente si era limitato
all’accordo con l’Iran per il nucleare, ma come a lavarsene le mani. Il quadro
della regione ora è questo. Una guerra contro il califfato che si combatte poco
e male, in Iraq e in Siria. Una guerra in Afghanistan, in corso stancamente
ormai da quindici anni, che non si può vincere e non si vorrebbe perdere.
L’estraniamento con Israele. Un rapporto non chiaro con la Turchia di Erdogan:
troppo islamico il presidente turco,
troppo autoritario, alleato fedele? La sovversione in Libia e in Egitto. Tutte
aree di conflitto, lasciate aperte a Putin. Che vi si ritrova power broker, perfino nel conflitto
Israele-Palestina e nella guerra al califfato, che tanti morti ha provocato in
Occidente. Senza nessuno sforzo, nemmeno militare - se si eccettua il calderone
siriano, dove un intervento stabilizzatore era solo necessario,. Risucchiato
dal vuoto di potenza. Da ultimo probabilmente chiamato a colmarlo anche in
Egitto, da quarant’anni pilastro solido dell’Occidente.
Volontari – Furono molti
gli europei che combatterono, arruolandosi volontari, contro Napoleone negli
anni dal 1803 al 1815, nell’esercito inglese. Di fatto contro gli effetti della
rivoluzione, compresa la coscrizione, la leva obbligatoria, che i rivoluzionari
e poi Napoleone vollero imporre. Nominalmente contro guerre giudicate di
occupazione, in Spagna e nel Regno delle Due Sicilie. Arruolamenti quasi tutti
però di gente del popolo, più che di ideologi o di spossessati dell’ancien régime.
L’arruolamento
rivoluzionario in Europa ha tradizione consistente. La rivoluzione francese
suscitò adesioni e migrazioni un po’ da tutta Europa – così come, mezzo secolo
dopo, la “rivoluzione italiana”. Non ci fu per la rivoluzione bolscevica, per
la guerra mondiale allora in corso e per la marginalità geografica della
Russia. Ma ci fu per la Germania di Hitler, che alla capitolazione contava
ancora mezzo milione di arruolati di varia nazionalità, compresi molti
italiani.
L’arruolamento
con l’Inghilterra contro Napoleone fu diverso per più di un motivo. I volontari
furono inquadrati e addestrati come truppe ordinarie. Furono impiegati secondo
piani militari e strategie classiche, non di guerriglia di volontari. E
rappresentarono una parte importante dello schieramento britannico. Alla
discesa in campo contro Napoleone, all’inizio del 1804, le “unità straniere”
nell’esercito britannico contavano 17 mila unità, un decimo del totale – erano
peraltro in prevalenza truppe coloniali, la maggior parte erano canadesi.
Quattro anni dopo erano 35 mila, il 18 per cento dello schieramento. A
settembre del 1813 se ne contavano 54 mila, il 20 per cento. Erano truppe molto
impiegate sul terreno: nella seconda,metà del 1813 ne morirono 16 mila, in
battaglia o per malattia, 11.600 disertarono, 10 mila furono dismessi, perché
invalidi. Erano venuti soprattutto dal Mediterraneo: “Le leve Calabrese,
Siciliana, Italiana (piemontese, n,.d,r.), Maltese e Greca erano unità
straniere con distinti caratteri nazionali”, nella sintesi dello storico
militare canadese René Chartrand: “Uomini e ufficiliaerano spesso patrioti che volevano liberare le terre d’origine dalle
truppe napoleoniche con l’aiuto britannico. La gestione interna delle unità era
di solito assicurata nella lingua dominante di ogni corpo”. Delle circa venti
unità straniere, europee, censite da Chartrand, sette erano italiane. Il
Calabrian Free Corps, reputato il migliore, è quello che prende più attenzione
di Chartrand. Una Leva Italiana, o Reggimenti Italiani, formati dai prigionieri
di guerra che si dichiaravano ostili a Napoleone .- non molto quotati nella
gerarchia britannica e tra gli storici. Una Legione Piemontese, anche questa
composta di prigionieri italiani, ma tutti piemontesi, sotto il comando del
conte piemontese St.Martin d’Aglié. Un Reggimento Siciliano, e un corpo
Volontari Siciliani. Molti italiani, almeno 120, militarono nel reggi,mento svizzero
Watteville, uno dei migliori- molto impiegato anche in Calabria, contro Murat, nel
1808-1810.
Altri
corpi arruolati nell’esercito britannico erano di tedeschi, croati, svizzeri,
albanesi, greci, maltesi, corsi.
astolfo@antiit.eu
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