Avviene d’avvertire, camminando
in montagna, un suono sottile, remoto, in continuo, come di campane cui fosse
stata messa la sordina, che non cresce avvicinandosi, quasi di onde sonore isobare,
che si modulano sulla distanza – e si avvererà un suono di campane, ma di
cristallo e quarzo, intonate dal musicoterapeuta Mimmo Chiara. E una volta arrivati,
all’ombra di un biancospino gigante, che è il nome del rifugio di montagna che
li ospita, vedere le opere di artisti che le espongono a beneficio del trekker occasionale.
La moda ecosostenibile della sarta designer Malia. I gioielli in materiali poveri
dell’art designer Pasly (Pasqualina Tripodi). Le fotografie di Oreste
Montebello e Ernesto Sestito, l’uno colorista vivacissimo, l’altro esperto in
metafisici seppiati, la lezione forse di Salgado, l’uno e l’altro testimoni della
natura e la storia d’intorno.
Un’emozione estetica, sovrastata
da una considerazione storica. Perché di questi artisti non sentiremo parlare –
l’arte ha bisogno che se ne parli, è comunicazione. Probabilmente, forse
certamente. Benché giovani e quindi, come si dice, col futuro davanti a sé. Perché
vivono e operano in un mondo marginale. Non a ridosso di una capitale della
cultura. Non a ridosso nemmeno di un agglomeraro comunque denso di persone, se
non sensibile. Una scelta – per esempio per Pasly, diplomata del prestigioso
master in oreficeria del Politecnico di Torino – di cui non si può non
apprezzare la valenza, ma come di un sacrificio.
Avviene per l’arte come per i
prodotti della terra: che hanno bisogno di un grande mercato di sbocco per
prosperare. Per questi cinque giovani artisti come per Rosella Cataldo, per esempio,
che nel villaggio prospiciente di Delianuova espone fascinose pitture in volute
e spirali, con uso anche del rilievo. Il discorso dell’arte eterna va rivisto:
può eternizzare, ma per lo più è ddestinata alla morte alla nascita.
Armoniose visioni, Rigugio “Il Biancospino” di Antonio Barca, Piani di
Carmelia, Delianuova (Rc)
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