venerdì 4 agosto 2017

Le nostre paure sono quelle del 1940

“The Ministry of Fear” è  il titolo originale – più aderente il titolo italiano, dal film che Pabst ne trasse a caldo, nel 1944: non c’è nessun “ministro della paura”, nessuno che si erga a tanto tra i personaggetti che popolano il romanzo. Scritto sugli avvenimenti, subito dopo i bombardamenti tedeschi passati alla storia come Battaglia d’Inghilterra l’estate del 1940, pubblicato nel 1943.
Un plot striminzito. Dipanato sul filo di un libro per bambini dimenticato, “The little Duke” di Charlotte M. Yong - il romanzo di Riccardo Cuor di Leone, re bambino della Normandia. Anche tirato via: lo spunto è alla Christie, una torta vinta alla lotteria della parrochia, “fatta con vere uova”, il centro del complotto  una seduta spiritica. Guarnito di molte frasi famose, quasi una parodia della frase famosa. Spesso sulla solitudine: “C’erano uomini che vivevano volontariamente nei deserti, ma avevano in comune la compagnia del loro Dio”. Sul lutto dell’amico cui è appena morta la moglie sotto i bombardamenti: “Si dice che la tristezza invecchi, ma altrettanto spesso la tristezza ringiovanisce: libera dalla responsabilità, dando al suo psto il perduto disancorato aspetto dell’adolescenza”. “Un assassino è per se stesso un uomo ordinario” – ma “è solo se un assassino è un buon uomo che può essere visto come un mostro”. “Dietro i dettagli complicati del mondo stanno le cose semplici”. “La pietà è una cosa terribile”. “Non si uccide necessariamente perché si odia, si può uccidere perché si ama”.
La verità sta in un vecchio messale, che Mr Rowe, il piccolo protagonista, si ritrova sotto il naso mentre si nasconde in una libreria di vendite all’asta, il lotto numero 20, aperto a caso: “Non lasciar prevalere l’uomo”. Verità che l’autore commenta: “Il coraggio polverizza una cattedrale, la resistenza lascia morire una città di fame, la pietà uccide… Siamo intrappolati e traditi dalle nostre virtù”.
Ma Greene riesce a farsi leggere. Delineando anzi le due forme della spy story: un centro perverso del male da tenere in guardia e combattere, lo schema che sarà di Ian Fleming; o il Male (mitico, archetipo, sovrastante) contro il male quotidiano, la sofferenza di vivere. Di questo piccolo male soffre il mr Rowe del romanzo – il tipo che ritroveremo fino a Le Carré, Oltre che essere vittima di un Grande Gioco. La storia è di un piccolo uomo, che deve affrontare e vincece i suoi demoni, prima di poter affrontare quelli che minacciano il grande mndo – che suona male chiamare protagnista.
È un romanzo storico anche, importante. D’ambiente. Di Londra nell’anno dei bombardamenti, massicci, quotidiani. In cui si perde un giorno il vìcino di casa. E il giorno dopo la stessa casa. È il mondo di William Le Queux, dice a un certo punto il narratore. l’inventore delle invasioni tedesche. Tale che il manicomio al confronto viene detto un luogo sano: “Ognuno in quel posto era molto  ragionevole”. Una storia di precarietà. Che però, a differenza dei romanzi tedeschi pstbellici, non diventa mai protagonista: è vissuta staticamente, è una guerra che bisogna combattere.
Straordianaria – certo per caso- è l’anticipazione d temi d’attualità, settant’anni e passa fa. C’è la psicoanalisi. Il vero plot è la morte misericordiosa, l’eutanasia, di cui il protagonista si è reso responsabile con la moglie, per la quale è stato processato e assolto, ma non liberato – per “l’orribile e orripilante emozione della pietà”. C’è anche la valigia esplosiva a strappo. La guerra batterica, minacciata, incontrollabile. La perdita selettiva della memoria. E ci sono i rifugiati: “I rifugiati non sono mai soli… I rifugiati avevano sempre amici: gente che contrabbandava lettere, fabbricava passaporti, corrompeva i burocrati… Un rifugiato ha sempre un partito - o una razza”. Il “ministro della paura” dell’originale sarebbe allora quello dell’insicurezza, che ci attanaglia oggi?
Più che un dramma, quale si vissuto al cinema di Pabst, sembra un divertimento, scritto con penna leggera. In Sierra Leone, dove Greene era comandato in guerra, “nostro uomo all’Avana” in una scena vuota – giusto per stare lontano dalle bombe?
Graham Greene, Quinta colonna, Oscar, remainders, pp.266 € 3,80


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