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mercoledì 16 agosto 2017

Letture - 312

letterautore

Capro – Per la festa del santo patrono sull’Aspromonte si fa una lotteria su un capro: vince che indovina il suo peso. E la lotteria di parrocchia su cui Graham Greene ha centrato “Quinta Colonna”: indovinare il peso esatto della torta, “fatta di vere uova”.  

Conan Doyle – Nell’ultima, lunga, fase di vita e di esperienza, anche letteraria, si dedicò allo spiritismo. Fotografando, o pretendendo di fotografare, ectoplasmi, fantasmi, ninfe. Molti positivisti  si dilettarono di spiritismo. Capuana fotografava anche lui gli ectoplasmi.

Guerra di Foggia – Non se ne era sentito prima dell’ecatombe di mercoledì 9. Solo “La Lettura” ne aveva scritto: tre pagine d’autore – doppiate da due sulle mattanze messicane, per mettere in prospettiva. Non c’è giornalismo senza cultura?

Hitler – “Che sarebbe accaduto se il reimbarco dell’esercito britannico a Dunkerque fosse fallito e Londra avesse accettato la pace? Un re filonazista sul trono britannico, Hitler padrone del continente, e forse Charles Lindbergh alla Casa Bianca”. Non fa fatica Marcello Flores a sintetizzare su “La Lettura” la distopia della fallita operazione  reimbarco. La storia difficilmente prende partito, o allora per un pelo – il Male e il Bene non stanno lontani.

Sciascia – “Sulla fotografia intelligentissime cose sono state dette da Valéry, Savinio, Barthes e Cartier-Bresson”. Dai siciliani no, dice Sciascia presentando una mostra di scrittori siciliani che avevano coltivato la fotografia, “Capuana, Verga, De Roberto Fotografi”, organizzata a Palermo da Andrea Nemiz per la Rai a maggio-giugno del 1982. Molte le meraviglie di Sciascia con i francesi, e con Savinio – e con Nabokov. Per Capuana e Verga, “che nascono negli stessi anni in cui nasce la fotografia”, no: “Per loro era principalmente un «diletto» e soltanto secondariamente – ma molto secondariamente, forse addirittura fortuitamente – un «ausilio»”. Detto di tre che coltivarono al fotografia tutta la vita, e Capuana (un tecnico della  camera oscura) e De Roberto anche professionalmente. Né è “da credere che con piena consapevolezza l’assumessero nel credo verista”: no, “la loro camera oscura era la memoria, quando della Sicilia scrivevano stando a Milano, a Firenze, a Roma”. E giunge a ridicolizzare Capiuana, che, quando Zola venne a Roma per documentarsi, progettando il romanzo romano, e la conversazione cadde sulle donne romane, si offrì di documentarlo con le sue foto: “Credette, l’autore di «L’assommoir», che Capuana gli offrisse fotografie di nudi o pornografiche”. E Sciascia come lo sa? Da Lucio D’Ambra e Ugo Ojetti, che ne hanno scritto come se fossero presenti agli incontri di Capuana con Zola. I quali invece si frequentavano  quotidianamente. Non ha letto nemmeno le ottime ricostruzioni di Nemiz, che prefaziona. E per una volta si è lasciato sfuggire anche “Parigi”: Alexandrine Zola, moglie dello scrittore, modella di molti fotografi e fotografa di suo, che ricorda molto favorevolmente Capuana.
Sciascia era tanto intriso di Sicilia da demolirla a ogni tocco. Rileggendolo, è talmente siciliano, e cultore della “sicilitudine”, da “rovesciare” la specialità della Sicilia che vuole sempre mettere in rilievo, la diversità, distruttiva.
Solo salva, anche in quessto scritto d’occasione per la mostra, e anzi mette un gradino sopra “Parigi”, Pirandello. “Amico di Capuana, ammiratore del Verga, successore del Capuana nella cattedra al Magistero di Roma, dal Capuana fotografato, Pirandello presiede – invisibile, innominato – alle considerazioni di Roland Barthes  sulla fotografia”… - “«La fotografia», dice Barthes, «è l’avvento di me stesso come altro: un’astuta dissociazione della coscienza d’identità»”… Però, Barthes pirandelliano….
 
Sa molto di notabilare alla rilettura, da circolo dei borghesi di paese. Sorridente ma di pochi immutabili pregiudizi: tutto ciò che vede e racconta è sempre molto “siciliano”, tipicamente, pregiudizialmente siciliano, cioè diverso. O allora francese. Come il vecchio cavaliere di paese che in gioventù era stato a Parigi e aveva dilapidato le sostanze – che non aveva – con una immaginaria sciantosa irraggiungibilmente francese: uno che aveva “vissuto” al circolo e in questa sua “Parigi”..


Sherlock Holmes – Ora è un maniaco-depressivo. In linea coi tempi. È il segno della grandezza, ogni epoca ha il “suo” proprio Sherlock Holmes.

letterautore@antiit.eu

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