Si ripubblica, con un saggio
di Paolo Mauri, la fraccolta delle rime di Scialoja. Di un artista – pittore
prima che poeta, anzi poeta a tempo perso, per divertimento e per i nipoti –
che non si voleva prendere sul serio, e di questo faceva divisa, Artista del
gioco, anche nella grafica e nella pittura, esplora sulla carta tutte le possibilità
del linguaggio, Una sorta di esemplificazione – possibile – dei giochi di parole
cui pensava Wittgenstein come il proprio del linguaggio.
Si chiamano filastrocche, per
lo più, di rime e cadenze dal ritmo facile. E sempre di sorprese: una sorta di
limerick italiano si può dire che Scialoja ha inventato, anche se fuori dalla
metrica dell’originale. Il titolo è suo, e vuole dire proprio questo:
riacquistare i sensi delle parole avendo smarrito quello proprio – classificato,
definito .
L’edizione originale è del
1989. Mette assieme i sei libri di rimette pubblicati da Scialoja a partire dal
1971, quando aveva quasi sessant’anni, fino al 1985. Con testi scritti dal 1961
al 1980. Nelle edizioni originali le poesiole si accompagnanvano alle
ilustrazioni dell’autore.
Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, pp.
XX-290 € 13
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