giovedì 3 agosto 2017

Secondi pensieri - 314

zeuligAvanguardie – Sono votate alla morte, si sa. Al tempo del Gruppo 63, di letterati e filosofi, il poeta Alfredo Giuliani lasciò a un certo punto l’organo del gruppo, la rivista “Quindici”, troppa politica – e Leo Paolazzi, il poeta “Antonio Porta”, che la faceva, non gli diede torto. Giuliani voleva l’avanguardia dieci anni prima a Firenze, ma il toscano non si presta, le avanguardie parlano lombardo, che va veloce. E il toscano Renato Poggioli, in pausa dall’invenzione del russo che fingeva di tradurre, ebbe buon gioco  mostrare le avanguardie votate alla morte: la vita le avanguardie vogliono eroica, e quindi breve, anche suicida. Agitarsi è triste, disse Eco, “per ogni filosofia esiste un frammento dei presocratici che la anticipa”.

Consapevolezza – Federico Faggin, il fisico, la dice di necessità “primaria” – a Martina Pennisi,  “Corriere della sera” di domenica: “Una proprietà della natura che esiste fin dall’inizio. Una qualità fondamentale fuori dalla materia come la conosciamo oggi”. Una proprietà evidentemente della vita animale: “Se l’aspetto cognitivo non viene considerato come punto di partenza si potrebbe concludere che viviamo in un universo senza significato”. Un fondamento creazionista formidabile. Ma basato su un punto fermo: per un fisico l’insignificanza è un macigno.  

Leggere – Si può leggere molto, molto di più che in qualsiasi altra epoca storica, benché il tempo si sia rappreso – sfugga, evapori, per l’incombere incessante dell’innovazione e del mercato (niente dura più di pochi giorni, dal cellulare a windows. Molto è fruibile di tute le letterature, che non molti anni fa sarebbe rimasto sconosciuto. Anche al’istante, tutto si vuole subito, nell’immediatezza, la produzione, l’offerta e il consumo. E tuttavia c’è il senso di un immenso spreco. Di tempo e di energie. Forte se uno ha il gusto del classico, che gli impone di “situare” la lettura, su una scala inevitabilmente comparativa.  Ma sensibile anche per chi vive l’attualità, e la stessa tendenza corrente alla trasformazione in continuo, di sensibilità e interessi, e degli stessi linguaggi, non solo i gerghi. Di letture cioè che, appena finite, e non dopo dieci o venti anni,  sono niente, tempo sprecato. Dove si mette Benn? Celan è un buon minore. E questa è tutta la consolazione.

Male – È persistente, cumulativo? Lo dice il Marco Antonio di Shakespeare, “Giulio Cesare”, 3,2: “Il male che gli uomini fanno vive dopo di essi. Il bene spesso resta interrato con le loro ossa”. Nella storia bene e male vanno in parallelo, come conseguenze delle azioni umane. Ma è vero che il male si accumula, persistente e in certo senso indistruttibile: le carceri si allargano, in proporzione alla popolazione, i delitti si accrescono, gli armamenti si ingigantiscono, senza ritorno o distruzione possibile, le malattie proliferano. il bene deve rinnovarsi costantemente.

Morte – È stata eroica, romantica, fascista. Si eulogizza ora nella morte misericordiosa – che però fu anche di Hitler, ed è, non dichiarata, di molta eugenetica, nei paesi scandinavi e nella stessa Germania – si dà ora ai vecchi come al tempo del riso sardonico di Propp. Ma più che mai si vive come una sconfitta, non un fatto naturale. Dagli stessi sogni progressisti che muovono l’eutanasia. Si vuole infatti totale, assoluta. Nient’altro essendoci a parte il corpo che decade e muore.

È stata rivoluzionaria. Fu la Rivoluzione che, dando a ogni popolo il suo Dio, come Sciatov dice a Stavroghin, gli diede la segheria. La tecnica e l’economia di dare la morte a ognuno nel nome della Ragione, il proprio dio, in cui la Rivoluzione eccelse.

Di Omero è stato detto che al suo Ulisse fa fare in realtà un viaggio nella morte. Nove volte Ulisse avrebbe incontrato la morte. Però in forma di donna.

Nel concetto di massa è il germe di una democrazia della morte: è pensiero di Jünger.
Manzoni la storia dice guerra illustre contro la morte.
Il giudizio universale, il paradiso, l’inferno, e l’anima immortale che rende buona la morte, tutto è già in Assioco - chi era Assioco?

O il problema è la morte della morte. Per nessun motivo specifico, sia pure triviale, l’età, la malattia, il numero, l’atomica, la camera a gas - non tutti gli ebrei finirono nei campi, la maggior parte sì, ma perché non erano ricchi o protetti: la banalità non esaurisce la tristezza, che ha riserve  incommensurabili. “Lo scopo di tutta la vita è la morte”, e “il non essere esisteva prima dell’essere” sono di Freud, e non poteva non essere, della cultura del lutto. Filosoficamente invece l’essere, la vita, esiste prima dell’esser-ci, e esiste dopo la morte. È in questo senso che va inteso Erasmo: “L’uomo è più grande dell’uomo”.
Lo stesso Freud dice giusto per una volta: “Ogni essere vivente muore necessariamente per cause interne”. Per un credente però niente cambia: la morte della morte è la fine del progresso – il tempo, la storia - e di ogni altro significato della vita fuori della vita.

Odio – È senza limiti per essere tribale e rivoluzionario, per il resto se ne può fare a meno

Progresso – Fu la prigione, la pena detentiva in isolamento. Un riferimento importante, benché sottovalutato da Foucault, che il progressista Victor Hugo evidenzia in apertura dell’arringa contro la pena di morte e il carcere, “Claude Gueux”, 1832. Teatro, nel caso specifico, una prigione ricavata da un’abbazia, quella celebre dei benedettini di san Bernardo a Chiaravalle, “abbazia di cui si è fatto una bastiglia, celletta di cui si è fatto un ripostiglio, altare di cui si è fatto una berlina…  Quando parliamo di progresso, è così che certe persone lo comprendono e lo realizzano.”

Sogno – Quello a occhi aperti è un disegno di vita – rinnova la vita, ne è ricostituente. Quando induce tedio o paura sarà la depressione in agguato.

Stupidità – Si definisce come mancanza d’intelligenza. Ma la forma sua più diffusa e coriacea – imbattibile – è di chi si ritiene superiore, per condizione e capacità, di tutto sapendo meglio di tutti. E specie nelle evenienze ingovernabili, malattia, calamità, crac.

Sviluppo – Monsignor Galantino lo riporta all’etimologia: è un dispiegamento, il contrario di viluppo.. Come spiega meglio la parola inglese e francese, col de- più indicativo della “s” avversativa, contrazione di “dis-”, e con un senso positivo dell’azione. Ma più delle libertà “reali” evidentemente, economiche. Delle risorse. Materiali e immateriali – l’istruzione, i diritti di difesa, i diritti di libertà. Finanziarie – che hanno una grana antica e una sintassi propria, e un’economia specifica. Politiche. E ora, si ritiene, anche di opportunità.
Il segretario dei vescovi italiani lo lega, facendosi forte di Albert Einstein, allo sviluppo della individualità, o meglio alla moltiplicazione dele individualità – le “personalità creative” del padre della relatività generale. Ma è proprio di regimi bonapartisti, e meglio ancora dittatoriali: l’Italia di Mussolini, la Germania di Hitler, la Russia di Stalin, la Cina odierna. Che lo sviluppo possono “programmare”, riducendo gli sprechi, e “accentrare”, per facilitarne la condivisione. Lo sviluppo dall’alto, l’accumulazione per lo sviluppo.

zeulig@antiit.eu


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