sabato 12 agosto 2017

Secondi pensieri - 315

zeulig

Dio - Sartre (in A. Glucksmann, Le discours de la guerre) ha scritto di Hiroshima: “Era pur necessario che un giorno l’umanità venisse in possesso della sua morte… Dopo la morte di Dio ecco che viene annunziata la morte dell’uomo. Ora la mia libertà è più pura”. La Bomba purifica, dunque. È orrenda la storia assunta a filosofia, contro la storia, il senso comune e il senso filosofico. Dio, che non c’era già da qualche secolo prima  di Hiroshima, ora è qui che ci perseguita fino nel sonno. E nessuno di no si sente più libero. Anzi, benché mai la libertà sia stata così estesa nell’umanità e protetta, siamo qui a tentare di respirare, ci sentiamo soffocare. La ragione deve recuperare il senso della giustizia.

Eliocentrismo – Fa torto a Copernico, che l’ha “scoperto”, nella forma che gli si addebita: “E in mezzo a tutto sta il sole”. Che è e esatto, per un trattato come il suo, “De revolutionibus orbium coelestium”: la terra gira attorno al sole. Ma non nel senso che se ne inferisce, senza sua colpa: che l’uomo non è più al centro dell’universo. Come non lo sarebbe, chi può dirlo? Quello che lo può dire è solo l’uomo - Copernico e chiunque altro. 
Lo stesso per ogni scoperta scientifica. Sì, il Big Bang 14 milioni di anni fa, ma prima – che cosa, come? Ci sarà pure vita intelligente nell’universo, ma l’unico che lo può dire – che intende cosa è la vita intelligente – è l’uomo. Il mondo siamo noi, per il resto non si è mostrato niente di sensato. Il riscaldamento può anche uccidere la vita sula terra, uccidere l’uomo, ma allora per un errore umano. Mettiamo pure per un suicidio collettivo. Ma allora come quello, non altrettanto remoto, che minaccia il day after.
E poi il Big Bang non va inteso nel senso della Bibbia, della creazione armoniosa, ma di un tumulto, di fissioni e fusioni e catastrofi, duratomilioni, miliardi di anni, seppure è finito.

Intelligenza – Il Lepisma saccharina di Linneo, il pesciolino d’argento che si forma nella polvere e la colla dei libri, va veloce verso una sua meta nel pavimento. Il movimento brusco del piede o l’ombra che esso proietta deve averlo messo in allarme, giacché si ferma. Passano alcuni secondi, forse un minuto, poi riprende il suo cammino, come rinfrancato.
Ha avvertito un pericolo, si è fermato a riflettere, ha calcolato un tempo per accertare il pericolo stesso. Come farebbe una persona minacciata da un bombardamento. Di cui magari è poi vittima. La polvere è intelligente.
Il pesciolino d’argento, che in realtà è d’argento non proprio Ottocento, ha una sensibilità, poiché non ha la vista. Ha una memoria. Ha un giudizio. Sa contare. Dall’inanimato all’animato, la creazione c’è, il salto organico.

Morte – Il rito americano – il segno più forte, anche se ambiguo e forse esteriore, sciocco, dell’ottimìsmo della volontà - cancella la paura della morte, cioè la paura. Che non è un meno, non per forza, e può essere un di più, gli americani non sono scemi, sanno che si muore, se la morte imbellettano. Non ne hanno paura, com’è giusto se si è vissuto, anche solo una volta, un attimo, nell’intimo.
Federico, il Gran Re di Prussia, lo subodora nell’epistola al maresciallo Keith “Sur les vaines terreurs de la mort”, nella poesia che Kant loda: “Oui, finissons sans trouble et mourons sans regrets,\En laissant l’univers comblé de nos bienfaits:\Ainsi l’astre du jour au bout da sa carrière,\Repand sur l’horizon une douce lumière”, lasciamo il mondo contenti colmo delle nostre buone azioni, come il sole tramontando sparge una dolce luce.
Anche l’annullamento egualitario è stimolante, una maniera forse migliore di arrivare alla morte, cioè di vivere. Fino all’abuso di sé, l’esperienza presto portata all’oltraggio, la canna a ripetizione, i tre micidiali superalcolici dopo il lavoro prima di cena - gli americani, tenaci, mettono a punto ricette e modi di essere che il mondo poi adotta: ora sono per la saccarina contro lo zucchero.

Phoné, la voce, era in greco la morte. A riprova che l’etimologia dice tutto, cioè niente?

C’è una presenza nell’assenza, come c’è senz’altro vita dopo la morte, nel senso di vitale, vigile brigata, assidua, amichevole. È ciò che si dice gli angeli.

La morte è ricorrente. All’anagrafe arriva una volta sola nella vita – o per una volta è accertata, per incidente o sfinimento. Ma ognuno muore in effetti più volte, incluso in forma di suicidio, del rifiuto degli altri per rifiuto di sé, per cattiveria, sfida, follia, e per tara biologica, perché no. Gli altri, i fortunati, forse non hanno nulla da perdere. “L’eternità viene nel tempo, l’immensità nella misura”, direbbe san Bernardino da Siena, “l’invisibile nel visibile, Dio nell’uomo”.

Ridere – Paul-Louis Courier, lo scrittore che fu soldato di Napoleone, famoso per le lettere, e per essere morto cornuto dispiaciuto, per ridere leggeva Plutarco: “Le vite sono romanzi comici”, diceva. E in punto di morte: “I libri istruiscono soltanto coloro che già sanno”.

I filosofi, spiega Arendt, “non hanno ancora scoperto a che serve il riso”. Platone lo proibiva, lui che fece, vecchio, tre volte il viaggio a Siracusa, per insegnare al tiranno locale la matematica, da lui ritenuta propedeutica alla filosofia. Il problema viene da più lontano: è quello, narrato da Platone, di Talete e della serva tracia, del matematico che guardando le stelle cadde nel pozzo e fece così divertire un modo la serva.

Filosofia – Quella politica è notabilare e tirannica, va per le spicce. “L’inclinazione verso il tirannico può essere rilevata teoricamente in quasi tutti i grandi pensatori (Kant rappresenta la grande eccezione)”, Hannah Arendt.

La buona filosofia è buona letteratura? Buona narrazione. Platone e Aristotele sono due scrittori eccellenti. Anche Kierkegaard, e il Kant minore.

Scambio – Presiede a tutte le religioni – compreso fino a recente, quando ancora si montavano i Sepolcri per la Settimana Santa, il cattolicesimo (ma tuttora, con le offerte in denaro, in opere, in opere di bene). Tutte fanno o hanno fatto sacrifici e offerte “in cambio” della grazia, di vita o di morte.
È al centro del baratto naturalmente, ma anche dell’economia del dono. 

Sicurezza – È la passione dell’epoca, che pure forse mai non ne ha avuta tanta: niente carestie, niente pesti, niente guerre, e anche la malvivenza (furti, soprusi, corruzione) è in calo. Il Suv ne è il concentrato, per chi ce l’ha e per chi non ce l’ha – l’accettazione è vastissima. È una necessità benché il mezzo sia faticoso, costoso, invadente. Caro di prezzo e di gestione, consumi, assicurazioni, tasse. Faticoso da guidare benché provvisto di tutti i servocomandi. Difficile e faticoso da parcheggiare. La domotica  è un altro aspetto, una cui parte rilevante è mirata alla sicurezza - la serie di gadget che dovrebbero garantire la sicurezza della casa in assenza. Ci specula la rete, moltiplicando e ingigantendo intrusioni e collassi. E tutta la montagna – benché vuota, burocratica – che è stata montata sulla privacy.

zeulig@antiit.eu

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