Beatificazione – “L’orgoglio è
la concupiscenza più orribile, meritare la beatificazione è non meritarla”. Il
filosofo Vincent Carraud ha stroncato sul nascere, su “LeMonde”, la proposta di
Scalfari di santificare Pascal: “Non si è niente meritato da Dio che la propria
disgrazia”.
È
un punto di vista di molti cattolici. Per esempio di Graham Greene, che ne ha
fatto la materia dei suoi romanzi – si salvano i reietti. Un romanziere che si
definiva “un protestante che trova più utile fare il protestante nel seno della
chiesa cattolica”. È una posizione in effetti protestante, o da teologia
negativa.
La
questione in specie è forse poco seria. È Scalfari, un non credente, che
propone la beatificazione di Pascal. Al papa Francesco, che dice di sapere poco
di Pascal, ma promette che sosterrà l’iniziativa. Stroncata da Carraud che è
invece un buon credente. Ma allora a spese della pratica ecclesiastica: è santo
chi vuole, si è sempre saputo – bisogna volerlo, e non per sé, non tenendolo
nascosto.
Non
c’è del resto più orgoglioso di Scalfari, la sua proposta non è leggerezza
senile. Anche nella fattispecie: è uno che vanta come assistente spirituale il
papa
Devozione – È una proiezione.
E un dialogo con se stessi, per interposta immagine o santità, immagine di
santità - di perfezione. Ognuno si sceglie il santo e la vergine nella cui
storia o semplice immagine, quella di un luogo e di un artista piuttosto che
un’altra, e vi proietta aspettative e sconforti. È il “meccanismo” della
religione, all’origine del senso del divino, un transfer. Che però riconforta.
Si rinnova, auto propulsivo. È già una consolazione: il devoto è (tornato) alla
speranza.
Eroismo –Sboccia, per talea,
dall’umiltà? È la versione della teologia negativa, che solo umiliando se
stessi di fronte a Dio si diventa eroi – perché solo l’uomo imperfetto, più
vicino al male,è quello che più ha bisogno di Dio, e forse lo trova. Ma il
contrasto è solo apparente con la tradizione dell’eroe, la cui apologetica lo
vuole sempre di nobili origini, seppure a volte nascoste, e sentimenti. E di
volontà inestinguibile, nelle peggiori avversità, fino all’insensibilità. Il
comune denominatore è l’eccezionalità. Che viene naturalmente ex post: dell’eroe
dopo la creazione, del santo dopo la beatificazione.
L’eroe
non esiste, si crea. L’eroismo è l0esito di una volizione, costante,
insistente. Se umile, allora per la causa,
come un additivo.
Magnetismo – Quello animale
esiste, avendolo sperimentato di persona. In più occasioni, e non per obnubilazione.
Di tale che sorprendendovi vi fa credere di essere quello che voi pensiate che
sia – figlio di, amico di, vicino di casa…. – normalmente per chiedervi soldi
in cambio di qualcosa. Un’attrazione di pochi minuti, però effettiva, efficace.
O di tale specialista del piede che in realtà è un praticone, il cui
soggiogamento è invece più duraturo. Forse perché ha studio con accertata
celebrità medica della stessa specialità. Che soggioga con la loquela sicura. Di
una diagnosi forse uguale per tutti, ma specialmente dedicata. E di prescrizioni
complesse che tanto più appaiono intelligenti e risolutive. A partire dalle scarpe
ortopediche da comprare nel negozio d’angolo, gestito da un suo connazionale o
parente, suo comunque famiglio, che allarga la suggestione fino a rifilare scarpe un numero inferiore al vostro,
non avendo disponibilità di quello
giusto – scarpacce da manovale edile a caro prezzo. Una fiducia inalterata
anche se vi ha congedato con ricevuta fiscale inutilizzabile ai fini fiscali e
assicurativi, poiché non è intestata a un dottore, specialista del settore.
La
dipendenza medica è diffusa, e duratura.
Morte - “Ogni arte si fonda su un certo grado di felicità”, statuisce Stendhal,
principio oscuro malgrado l’apparente chiarezza, da cui però trae la più grande
verità, “allo stesso modo come da un antro oscuro esce un gran fiume”. Ma
filosofava più oltre: “E se non può esserci spazio, se non può esserci cioè
vuoto, se l’unica sostanza reale tutto occupa, è un inganno dei sensi il non
essere; anche la morte è un inganno, come il muoversi, come il mutare”. Lui però
non lo credeva, e in effetti non si può.
Il
giorno che la Du Barry fu mandata al patibolo, e ci andò urlando e dimenandosi,
vecchia di cinquant’anni e molti amanti, la plebe ne ebbe soggezione, e
Robespierre sospese la ghigliottina. La quieta accetta-zione della morte da
parte dei veri gentiluomini aveva fatto della rivoluzione una religione.
Le foto del delitto Casati il 30 agosto
1970 prolungarono l’estate lubriche. E non per le pose scomposte, né per
necrofilia, ai più ignota, ma per il desiderio che incarnavano fisico, una
voglia d’essere cui la morte aggiunge e non toglie. Un trionfo del corpo, in
ogni suo dettaglio, elargito ora ai più e inconsutile, quando per i moralisti è
putridume.
La bellezza di Dostoevskij che “salverà
la terra”, la bellezza dei corpi. Anche morta, si vede. E se il corpo è lo
spirito, come vuole san Paolo, la cosa è intrigante: la carne sarà debole se lo
spirito è debole, ma se è forte, allora c’è dietro uno spirito forte.
Sensi – Si riscoprono
nelle loro specifiche qualità, in realtà per delimitazione e non per estensione.
L’olfatto, dopo l’udito e il tatto, e dopo il lungo dominio della vista – la
gola no, è relegata a all’estetismo deteriore della televisione-pubblicità, tra
digestione e show-off. Si riscoprono i sensi in via analitica
e quasi divisoria, l’uno escludendo l’altro. Come nel Cinquecento si
celebravano i “blasoni”, la bellezza di un arto del corpo. Una sorta di
riscoperta all’incontrario, eliminando il già noto. La nuova conoscenza è come
un andare a tentoni, quale si immagina all’origine della riflessione – ci
sento, sento urla, parole, suoni, scoppi.
Stocastica – È l’ultima. unica, scienza umana: la verità dell’incertezza – di cui però la conoscenza dovrebbe
accontentarsi: della possibilità, l’approssimazione. “L’homo sapiens è stato
solo una possibilità”, tra tante, si intende dire. Che è a sua volta solo una
possibilità. Di cui però ci si accontenta. Di una possibilità al quadrato,
cioè. Meglio del fatto che l’homo sapiens c’è, c’è stato, e le altre possìbilità
no.
La realtà è il possibile o l’evento? L’uno e
l’altro, si dir ebbe, ma l’incerto piace di più. Sembra più robusto, più
gonfio., E fa “più conoscenza”.
Tutto – È nel vuoto,
nell’assenza? Che cosa vuole dire non dire nulla? Tutto? L’umanità è
relazionale, e avventuriera: si chiede e si risponde, e non arriva mai a dirsi
soddisfatta. La filosofia è un domandarsi. La scienza pure. L’artigianato
probabilmente pure, dalla zappa al relais, e ogni attività ripetitiva.
zeulig@antiit.eu
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