domenica 20 agosto 2017

Secondi pensieri - 316

zeulig

Beatificazione – “L’orgoglio è la concupiscenza più orribile, meritare la beatificazione è non meritarla”. Il filosofo Vincent Carraud ha stroncato sul nascere, su “LeMonde”, la proposta di Scalfari di santificare Pascal: “Non si è niente meritato da Dio che la propria disgrazia”.
È un punto di vista di molti cattolici. Per esempio di Graham Greene, che ne ha fatto la materia dei suoi romanzi – si salvano i reietti. Un romanziere che si definiva “un protestante che trova più utile fare il protestante nel seno della chiesa cattolica”. È una posizione in effetti protestante, o da teologia negativa.
La questione in specie è forse poco seria. È Scalfari, un non credente, che propone la beatificazione di Pascal. Al papa Francesco, che dice di sapere poco di Pascal, ma promette che sosterrà l’iniziativa. Stroncata da Carraud che è invece un buon credente. Ma allora a spese della pratica ecclesiastica: è santo chi vuole, si è sempre saputo – bisogna volerlo, e non per sé, non tenendolo nascosto.
Non c’è del resto più orgoglioso di Scalfari, la sua proposta non è leggerezza senile. Anche nella fattispecie: è uno che vanta come assistente spirituale il papa

Devozione – È una proiezione. E un dialogo con se stessi, per interposta immagine o santità, immagine di santità - di perfezione. Ognuno si sceglie il santo e la vergine nella cui storia o semplice immagine, quella di un luogo e di un artista piuttosto che un’altra, e vi proietta aspettative e sconforti. È il “meccanismo” della religione, all’origine del senso del divino, un transfer. Che però riconforta. Si rinnova, auto propulsivo. È già una consolazione: il devoto è (tornato) alla speranza.

Eroismo –Sboccia, per talea, dall’umiltà? È la versione della teologia negativa, che solo umiliando se stessi di fronte a Dio si diventa eroi – perché solo l’uomo imperfetto, più vicino al male,è quello che più ha bisogno di Dio, e forse lo trova. Ma il contrasto è solo apparente con la tradizione dell’eroe, la cui apologetica lo vuole sempre di nobili origini, seppure a volte nascoste, e sentimenti. E di volontà inestinguibile, nelle peggiori avversità, fino all’insensibilità. Il comune denominatore è l’eccezionalità. Che viene naturalmente ex post: dell’eroe dopo la creazione, del santo dopo la beatificazione.
L’eroe non esiste, si crea. L’eroismo è l0esito di una volizione, costante, insistente. Se umile, allora per la  causa, come un additivo.

Magnetismo – Quello animale esiste, avendolo sperimentato di persona. In più occasioni, e non per obnubilazione. Di tale che sorprendendovi vi fa credere di essere quello che voi pensiate che sia – figlio di, amico di, vicino di casa…. – normalmente per chiedervi soldi in cambio di qualcosa. Un’attrazione di pochi minuti, però effettiva, efficace. O di tale specialista del piede che in realtà è un praticone, il cui soggiogamento è invece più duraturo. Forse perché ha studio con accertata celebrità medica della stessa specialità. Che soggioga con la loquela sicura. Di una diagnosi forse uguale per tutti, ma specialmente dedicata. E di prescrizioni complesse che tanto più appaiono intelligenti e risolutive. A partire dalle scarpe ortopediche da comprare nel negozio d’angolo, gestito da un suo connazionale o parente, suo comunque famiglio, che allarga la suggestione fino a  rifilare scarpe un numero inferiore al vostro, non  avendo disponibilità di quello giusto – scarpacce da manovale edile a caro prezzo. Una fiducia inalterata anche se vi ha congedato con ricevuta fiscale inutilizzabile ai fini fiscali e assicurativi, poiché non è intestata a un dottore,  specialista del settore.
La dipendenza medica è diffusa, e duratura.

Morte - “Ogni arte si fonda su un certo grado di felicità”, statuisce Stendhal, principio oscuro malgrado l’apparente chiarezza, da cui però trae la più grande verità, “allo stesso modo come da un antro oscuro esce un gran fiume”. Ma filosofava più oltre: “E se non può esserci spazio, se non può esserci cioè vuoto, se l’unica sostanza reale tutto occupa, è un inganno dei sensi il non essere; anche la morte è un inganno, come il muoversi, come il mutare”. Lui però non lo credeva, e in effetti non si può.

Il giorno che la Du Barry fu mandata al patibolo, e ci andò urlando e dimenandosi, vecchia di cinquant’anni e molti amanti, la plebe ne ebbe soggezione, e Robespierre sospese la ghigliottina. La quieta accetta-zione della morte da parte dei veri gentiluomini aveva fatto della rivoluzione una religione.

Le foto del delitto Casati il 30 agosto 1970 prolungarono l’estate lubriche. E non per le pose scomposte, né per necrofilia, ai più ignota, ma per il desiderio che incarnavano fisico, una voglia d’essere cui la morte aggiunge e non toglie. Un trionfo del corpo, in ogni suo dettaglio, elargito ora ai più e inconsutile, quando per i moralisti è putridume.
La bellezza di Dostoevskij che “salverà la terra”, la bellezza dei corpi. Anche morta, si vede. E se il corpo è lo spirito, come vuole san Paolo, la cosa è intrigante: la carne sarà debole se lo spirito è debole, ma se è forte, allora c’è dietro uno spirito forte.

Sensi – Si riscoprono nelle loro specifiche qualità, in realtà per delimitazione e non per estensione. L’olfatto, dopo l’udito e il tatto, e dopo il lungo dominio della vista – la gola no, è relegata a all’estetismo deteriore della televisione-pubblicità, tra digestione e show-off. Si riscoprono i sensi in via analitica e quasi divisoria, l’uno escludendo l’altro. Come nel Cinquecento si celebravano i “blasoni”, la bellezza di un arto del corpo. Una sorta di riscoperta all’incontrario, eliminando il già noto. La nuova conoscenza è come un andare a tentoni, quale si immagina all’origine della riflessione – ci sento, sento urla, parole, suoni, scoppi.

Stocastica – È l’ultima. unica, scienza umana: la verità dell’incertezza – di cui però la conoscenza dovrebbe accontentarsi:  della possibilità, l’approssimazione. “L’homo sapiens è stato solo una possibilità”, tra tante, si intende dire. Che è a sua volta solo una possibilità. Di cui però ci si accontenta. Di una possibilità al quadrato, cioè. Meglio del fatto che l’homo sapiens c’è, c’è stato, e le altre possìbilità no.
La  realtà è il possibile o l’evento? L’uno e l’altro, si dir ebbe, ma l’incerto piace di più. Sembra più robusto, più gonfio., E fa “più conoscenza”. 


Tutto – È nel vuoto, nell’assenza? Che cosa vuole dire non dire nulla? Tutto? L’umanità è relazionale, e avventuriera: si chiede e si risponde, e non arriva mai a dirsi soddisfatta. La filosofia è un domandarsi. La scienza pure. L’artigianato probabilmente pure, dalla zappa al relais, e ogni attività ripetitiva.

zeulig@antiit.eu

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