L’anima della nazione
tedesca è lo Stato: il vecchio spirito prussiano, tradito nella costruzione imperiale di Bismarck, è il socialismo. È qui la vera differenza con lo “spirito
inglese”, individualista e calcolatore -. non nella flotta, come voleva il
kaiser decaduto Guglielmo II?
Non è un’invettiva contro la perfida Albione, è un’analisi quasi logica, benché inverosimile. Dopo il crollo nel 1918 della Germania prussiana.
Non è un’invettiva contro la perfida Albione, è un’analisi quasi logica, benché inverosimile. Dopo il crollo nel 1918 della Germania prussiana.
Non ci può essere
socialismo che prussiano. Perché il socialismo è inseparabile dallo Stato, e lo
Stato è prussiano, è esistito in Prussia, e si concepisce nel senso prussiano.
La Prussia non è altro che lo Stato. Non è ua nazione, né etnica, né
territoriale, né linguistica. Era un coacervo di gente dell’Est, polacchi, dell’Ovest,
ugonotti, e del Sud, salisburghesi, su un humus contadino informe. La Prussia
si è formata attorno alla corona, ma nel senso dello Stato, non come entità
patrimoniale. E non tanto per lo spirito di caserma ma per quello burocratico,
del Funzionario – il Funzionario di Hegel, che incarna la coscienza civica, della
legge e dei doveri.
L’imperativo
categorico inventato da Kant nel 1788, con la “Critica della ragione pratica”, non
può intendersi se non all’ombra dello Stato prussiano: un’etica comunitaria al
di sopra dell’interesse di ognuno. Di fronte al quesito se la volontà
dell’indidividuo deve sottomettersi a quella della comunità, la risposta è
positiva solo in quel contesto. Il francese considera il potere sempre cattivo, e si abilita a
lottarlo. Ostile anch’essa al potere, l’Inghilterra si rifà col commercio e la
libera concorrenza – tenuta assieme solo dall’insularità, in altro contesto
territoriale si sarebbe da tempo decomposta (a suo modo, Spengler ha antevisto
la Brexit).
Marx mette
assieme queste tre realtà, ma con esito mostruoso. Prussiano d’origine, vive a
Londra, fomentando l’egualitarismo francese. Mescola il moralismo tedesco (il
proletario è buono, il borghese cattivo), il mercantilismo inglese (tutto è
produzione e commercio), e il dottrinarismo francese. Una costruzione
intellettuale incoerente e non funzionale, la sua, che trova consensi perché
mette assieme tutto.
Questa di Spengler è coerente - ma davvero il mondo si ferma alla Prussia? Con forti ragioni, almeno nei confronti di Marx. Contro
il quale la preclusione è radicale, ma si saprà al secondo volume del “Tramonto
dell’Occidente”, a proposito della “dittatura del denaro”: “Ogni movimento
proletario, anche quello dei comunisti, opera – senza che gli idealisti tra i
suoi capi siano affatto consci di questo fatto – negli interessi del denaro,
prendendo la direzione che il denaro vuole finché la vuole”. Qui non è
prevenuto. In un vero
socialismo il lavoro non è una merce, ma un dovere morale: ognuno ha un posto
nella società corrispondente ai suoì mezzi e alla sua vocazione, libera,
disinteressata. Il solo socialismo degno del nome è quello di August Bebel,
che concepisce la comunità dei lavoratori, comprese le donne, come un tutto
organico.
Una vindicatio, il giorno dopo la fine delle ambizioni imperiali della Germania. E una apertura, da parte di un pensatore che poi si sarebbe voluto conservatore e reazionario, a un assetto diverso della Germania: il socialismo possibile solo in Germania diventerà un luogo comune, forse perché irrealizzabile.
Una vindicatio, il giorno dopo la fine delle ambizioni imperiali della Germania. E una apertura, da parte di un pensatore che poi si sarebbe voluto conservatore e reazionario, a un assetto diverso della Germania: il socialismo possibile solo in Germania diventerà un luogo comune, forse perché irrealizzabile.
Oswald Spengler, Prussianesimo e socialismo, AR, pp.
122, ill. € 14
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