Affare Coverley – Il processo
più lungo e celebre dell’Inghilterra può spiegare la vecchia-nuova Inghilterra
del Brexit. La sua opinione pubblica, che i gialli eccitano senza limiti. Il
processo - due processi in realtà - durò otto anni, dal 1866 al 1874. Durante i
quali molti eventi scossero il mondo - la sconfitta dell’Austria, i prussiani a
Parigi, l’impero tedesco, la Comune - ma non gli inglesi. Non quanto il
processo che seguì l’affare Tichborne – “Affare Croverley” fu il titolo
definitivo che fu dato a Parigi dal commediografo franco-napoletano Henri
Crisafulli nel 1876 a una sua messa in scena dell’affare, “L’affare Tichborne”
essendo stato bloccato dalla censura.
Tichborne,
un gigante di 150 chili, era forse un assassino e un brigante, di sicuro un
imbroglione. Che alla fine fu condannato. Ma era amato dall’opinione pubblica:
all’appello finale del suo difensore, 150 mila persone scesero in pazza a
Londra per professarne l’innocenza e reclamarne la libertà. Questa
manifestazione impressionò tutta l’Inghilterra, Parigi, i giornali americani. Non
era la prima manifestazione. Per tutto il corso dei due processi, e soprattutto
tra i due, manifestazioni spontanee si accendevano qua e là in Inghilterra, sempre
a favore di Tichborne, precedute da fanfare, con inni, bandiere e cartelli. Lo
stesso presunto Tichborne, una specie di colosso, di 150 chili per un metro e
novanta, veniva accompagnato ogni mattina al processo da manifestazioni di
questo tipo.
Il
caso appassionò l’Inghilterra per un decennio. Un tizio che poi sarà identificato
variamente, Thomas Castro, Arthur Orton, e altri alias, che i giornali labellarono Il Pretendente, pretendeva essere
l’erede dei baroni Tichborne. Dopo la morte presunta dell’ultimo barone, Roger
Tichborne, in un naufragio nel 1854. La madre, convinta che il figlio sia
sopravvissuto, pubblicò per anni annunci nei giornali dell’impero – era persuasa
che fosse sbarcato in qualche modo in Australia – con l’offerta di sostanziose
ricompense per informazioni utili. Dieci anni più tardi un macellaio
impecunioso di Wagga Wagga, nel Nuovo Galles del Sud in Australia, conosciuto
col nome di Thomas Castro, afferma di essere il barone scomparso. Portato a
Londra, è riconosciuto dalla madre del barone, che intanto aveva perduto anche figlio
cadetto. Il vecchio tutore e gli altri familiari insistono che Castro è un
impostore, ma la baronessa non cede. Assegna al macellaio una rendita di mille
sterline l’anno, fa pubblicare la notizia del ritrovamento dal “Times” e lo
accompagna in Inghilterra come suo proprio figlio. D’accordo con lei l’avvocato
di famiglia e il medico. Anche alcuni nobili, parlamentari, ufficiali e lo
stesso attendente del barone scomparso sono persuasi che sia lui. La
corpulenza, mentre l’originale pesava meno della metà, non è presa in
considerazione. Né un difetto ai genitali, che i medici riscontrano nel
Pretendente, e il barone non aveva. La famiglia però non segue la madre: non
intende mettere i beni appena acquisiti in mano a un avventuriero, e in tribunale
riesce a provarlo: quello non è il Tichborne scomparso. Le prove risultalo
evidenti, e l’impostore viene condannato.
Brexit – La Gran
Bretagna è un paese tenuto assieme dall’insularità, nell’analisi di Oswald
Spengler subito dopo la Grande Guerra, “Socialismo e prussianesimo”. E un
ventennio dopo di Ernst Jünger, “Terra e mare”. Aperto al commercio, che è il suo
unico interesse, spiegava Spengler: in altro contesto territoriale si sarebbe
dissolto.
Catalogna –Non ha generato
molte simpatie, non con l’indipendenza – la retorica del referendum è bizzarramente anticlimax. Nemmeno a fronte del maldestro intervento
del governo centrale. Dimenticata perfino la solidarietà per la strage a
Barcellona dell’Is, appena un mese fa. Barcellona stessa non è più in cima ai
sogni giovanili, delle generazioni erasmus, malgrado la marijuana libera.
Perfino la squadra di calcio non è più popolare, benché sia tornata vincente –
Cristiano Ronaldo del Real Madrid si celebra a preferenza di Messi. Non in
Europa. Ma neanche, stando ai media, nella stessa Catalogna.
La vicenda non è passeggera: una incrinatura si è prodotta, permanente. Per i catalani, indipendentisti e non, non sarà una vita facile dentro la Spagna, non per un paio di generazioni. In Spagna l’incertezza, se non è sgomento, si può capire: si vuole un passo indietro di sei-sette secoli, che è un salto nel buio. Senza nessuna storia d’ingiustizie o prevaricazioni da vendicare, giusto per un capriccio. Fuori si teme il contagio: lo stesso iter disintegrerebbe l’Europa tutta - l’autonomia non si protegge con l’indipendenza, ci sono paletti.
La vicenda non è passeggera: una incrinatura si è prodotta, permanente. Per i catalani, indipendentisti e non, non sarà una vita facile dentro la Spagna, non per un paio di generazioni. In Spagna l’incertezza, se non è sgomento, si può capire: si vuole un passo indietro di sei-sette secoli, che è un salto nel buio. Senza nessuna storia d’ingiustizie o prevaricazioni da vendicare, giusto per un capriccio. Fuori si teme il contagio: lo stesso iter disintegrerebbe l’Europa tutta - l’autonomia non si protegge con l’indipendenza, ci sono paletti.
Francia-Germania – Tre guerre, di
cui due perse dalla Francia disastrosamente, 1870 e 1940, e una vinta dalla
Francia, 1914-198. Ma non è un quasi pareggio, argomenta Michel Tournier , lo
scrittore francese incondizionato germanofilo. Il “ma” non è avversativo,
Tournier argomenta per salvare la Germania, la potenza imbattibile: “La
vittoria della Francia nel 1918 costituisce un paradosso che esige una
spiegazione”.La spiegazione è che il kaiser Guglielmo II aveva dirottato i
fondi per la guerra dall’esercito alla marina, perché voleva una marina
militare più grande di quella dei suoi cugini inglesi. Inoltre, puntando sulla marina,
costrinse la Gran Bretagna, che non aveva nessun interesse alla guerra
continentale, a schierarsi con la Francia. E poi, nel tempo, trascinerà nella
guerra anche gli Usa.
La
tesi non è nuova – la colpa è del vecchio kaiser rimbambito – ma nuovissima di
conio francese.
Nazi-comunismo
-
In tedesco si dice nazibolscevico, o
anarcoreazionario, figure della “rivoluzione conservatrice”. Che è di
Dostoevskij prima che di Thomas Mann e Jünger. C’è ambivalenza. C’è un testo
calzante di Simone Weil che si rimuove, “Dall’emiciclo alla rotonda”, sulla passione
politica quando è totalitaria: “Quante volte, in Germania, nel 1932, un
comunista e un nazista, parlando per la strada, devono essere stati colti da
vertigini mentali constatando che erano d’accordo su ogni punto!”
Il
movimento parallelo di destra e sinistra ci fu anche in Francia e in Italia,
sebbene diverso che in Germania. Doriot, Déat, i fascisti francesi venivano
dall’ultrasinistra. O Paul Louis, che fu comunista, si salvò a Vichy, e poi fu
socialista. Bombacci, nomen omen, passò da Mosca a Salò. Ma non
isolato, la Toscana, l’Emilia ne sono piene. Il caso preclaro è ovviamente
Mussolini. Che nella settimana rossa del giu-gno 1914 mobilitò, più o meno da
solo, tre milioni di lavoratori, in piazza, contro la guerra. Di cui poi fu
sostenitore, anche prezzolato.
Arthur Moeller van den Bruck, autore di “La
bellezza italiana”, editore di Dostoevskij in Germania, alla rivoluzione
conservatrice dedicò l’opera maggiore, “Il terzo Reich”, che lo storico delle
religioni Delio Cantimori devoto tradurrà, ma presto si uccise, nel ‘25, la
repubblica col dollaro a miliardi di marchi non essendo
né rivoluzionaria né conservatrice, mentre Hitler gli si rivelava di
“proletario primitivismo”.
La storia di
Cantimori è sorprendente. Claudio Baglietto, il
giovane studioso di cui Cantimori prese il posto, era andato esule per non
prestare giuramento al Duce alla leva. Cantimori invece, riformato, prese la
tessera subito dopo l’assassinio di Matteotti e avrà un successo immediato al
primo concorso a cattedra, con esilio breve a Messina e cattedra a Roma creata
apposta da Gentile. L’anno della guerra di Spagna sposa Emma, maestra di
tedesco e di studi germanici, comunista, lui fascista, figlio di futuro
repubblichino, mentre declama saggi sulle Dottrine politiche del nazionalsocialismo”
e traduce in “milite del lavoro” il semplice Arbeiter di Jünger. La stessa traduzione che Mussolini ne aveva
fatto, retore bolso malgrado la propaganda futurista, nel famoso discorso “Agli
operai di Milano” che traviò Pound. Sarà comunista nel ’43, ma finirà col bere
per la vergogna. È vero che era il fascista più legato ai comunisti, secondo il
futuro segretario del partito Comunista Italiano Alessandro Natta, suo allievo alla Nor-male. Il più convinto nazionalcomunista, altra figura del nazifascismo.
Diffusamente
Weimar sentì a destra l’attrattiva del “bonapartismo di sinistra”, il leninismo quale apparve al
celebrato antichista Eduard Meyer. Arnolt Bronnen, nato Bronner, nome d’arte A.H.Schelle-Noetzel, scrittore,
drammaturgo, amico austriaco di Brecht, diventò l’amico di Goebbels, per finire
a guerra perduta sindaco comunista al paesello. I fratelli Gregor e Otto Strasser, che Hitler espulse dal partito Nazista
perché volevano nazionalizzare l’industria, fondarono un Fronte Nero, l’Unione
dei Socialisti Nazionali Rivoluzionari, prima di finire l’uno con tutte le SA e l’altro in esilio – uno dei
pochi, i tedeschi antinazi non emigravano. Altri passarono con Stalin, a
rischio tradimento.
astolfo@antiit.eu
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