L’illustre contemporaniesta riunisce
i commenti via via pubblicati negli ultimi venti anni sul”Corriere della sera”.
Raggruppandoli per una decina di temi: il magoverno, “ilusioni laiche”, “una nuova
minoranza: i cristiani”, etc. Ma con un curioso effetto, a distanza: che dice
cose vere, ma ineffettuali. Commenti che non incidono. Non sono storia. E come
polemica sono sterile, per quanto (forse perché) ben articolatie.
Sono quello che tutti ci
diciamo tutti i giorni? Dopodiché l’Italia è sempre in vita. Oggi anzi meglio
di ieri, poiché per esempio si dichiara l’avventurismo dei giudici, che paralizza
il paese – dei giudici al plurale, come classe. O l’irresponsabilità dei media,
se non è connivenza col peggio - tra essi anche il giornale di Galli della
Loggia: molti deì fenomei politici deteriori impazzano perché alimentati dai
media. “Senza una grande operazione di verità,
di tutta la verità, sul proprio passato e sul proprio presente, l’Italia non
potrà mai cambiare strada. E quindi non potrà mai salvarsi”. Questo è vero, ma da dove cominciare.
Ma
c’è anche questo: lo storico ripercorre una sorta di “non possumus”
intellettuale all’Italia non nuovo, e che non si vede dove possa arrivare. È
passato un secolo dall’indignazione di Salvemini (di cui Galli della Loggia
storico, non il polemista, certamente non apprezza l’antigiolittismo), ma Salvemini
è diventato un “genere”. È il notabile e il galantuomo che criticava. Il dovere
dela critica trasmutandosi in albagia – peraltro passata per le mani di molti
conniventi, ancorché radicali, con lo sfascio.
Il
giornalismo induce alla polemica. Ma se uno storico non gratta la superficie,
dove andremo a finire – dovre andrà a finire la storia?
Ernesto Galli della Loggia, Il tramonto di una nazione, Marsilio,
pp. XXI-323, ril. € 20
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