Baudelaire – Fu un personaggio della
Parigi che conta, per famiglia e in quanto dandy, e un letterato molto professionale, l’insight critico per le arti figurative,
Wagner, Poe, Flaubert, Sainte-Beuve, lo testimoniano, la capacità di
riconoscere i contemporanei. Ma veniva considerato un dilettante un po’
bizzarro, tra droghe e sprovvedutezze varie – con i soldi, con la madre, col
patrigno, con le donne, con le droghe. Il cento cinquantenario della morte,
oggi nel 1867, si celebra su questo paradosso. Nadar, l’amico di cui si
ripubblicano i ricordi, non lo rispettava. Né Gautier o Poulet-Malassis,
Asselinau, Ancelle, altri amiconi e contemporanei. Sainte-Beuve, lusingato dell’ammirazione
che Baudelaire gli tributava, lo considerava un ragazzone, “garbato, rispettoso,
esemplare, gentile” – sarà questo uno dei motivi più forti di sdegno di Proust
contro il supercritico.
Best-seller- Si vanta molto la
prolificità degli autori di beststelelr – solo: è il solo piedistallo di
monumento. Per esempio di Patterson, il suo maggior titolo di credito è che “ha
scritto il maggior numero di bestseller
di tutti i tempi” - ne ha scritti “180, al ritmo di 120”. Camilleri per la
verità non sarebbe da meno, pur avendo cominciato tardi, andando verso i
settanta, da pensionato Rai – Patterson ha ora superato i settanta. Ma Dumas
non ne ha scritti un 300, anche se non soltanto di narrativa, essendo stato scrittore
di teatro, di viaggi, di varia, e sicuramente anche poeta? In soli 68 anni di
vita. A Salgari ne sono attribuiti con (quasi) certezza solo ottanta, ma in
mezzo a cinque-seicento apocrifi non indegni, che vendevano cioè altrettanto
come i libri dell’autore – che si uccise a 49 anni.
Camicie - Quella rossa di Garibaldi
inizialmente era nera: era il giubbotto della Legione Italiana in difesa di
Montevideo. Una tela nera con sopra dipinto il Vesuvio – così la dice lo stesso
Garibaldi nel memoir firmato Dumas..
Che successivamente, per evocare il tricolore proibito (la Legione era formata
im gran parte da fuoriusciti e proscritti), diventerà rossa con mostrine verdi.
Gadda – Aveva perso con Enrico, il
fratello sbarazzino, la metà di vita di cui sentiva la mancanza? Forzosamente
arruolato tra i queer dai queer volenterosi delle lettere, da Arbasino in giù,
è a leggerlo invece solo uno che non ha trovato la forza di vivere. E la
personalità di Enrico come comincia a trasparire dagli studi gaddiani non sempre
attenti – come fa una personalità così ingombrante a essere tenuta fuori dal
diorama gaddiano? – rafforza la sensazione
Enrico è il fratello più giovane, benché
di soli tre anni, e discolo, morto in guerra, di cui Carlo Emilio dirà in breve
nel “Giornale”: “Enrico, tu non eri mio fratello ma la parte migliore di me
stesso”. E non ne scriverà altro, ma farà sempre intendere di viverci accanto.
Non col rimpianto ma con un senso di colpa – di autocolpevolizzazione.
Dario Borso evoca domenica, sul “Sole 24
Ore”, dalla corrispondenza di Enrico col suo compagno e commilitone Giancarlo Dosi,
un Enrico spendaccione, puttaniere, compagnone, di trekking e di bevute, primo della
classe senza studiare, eroe di guerra medagliato senza strafare, scroccone, dello
zio, del fratello Carlo, e sempre indebitato. Una delle ultime notazioni di Borso:
“12 aprile 1918. «Volo parecchio – mi acciuffo di rado coi polli austriaci – ho
concorso ad abbatterne uno – sto bene – ho pochissimi soldi sebbene vinca ancora
a poker». Pochi giorni dopo sarebbe precipitato, per un’acrobazia del tutto
gratuita, al ritorno da una perlustrazione”.
Garibaldi – È stato anche lui tedesco,
di origini tedesche. Come Dante e altri spiriti forti italiani - ma meno a lungo di Dante. Per due motivi. Per
il nome, che è di origine longobarda: composto da garo, pronto alla battaglia, e bald,
audace. E per essere discendente del barone Theodor von Neuhoff. Ma sulla base di un matrimonio presunto, di cui non si
trova nessuna documentazione, tra il bisnonno, o prozio, Giovanni Battista
Maria Garibaldi, con Katharina Amalie con Neuhoff.
L’aveva avvalorata, con immaginabile
scarsa fortuna nel ventennio, nel 1933, Gustavo Sacerdote, socialista e
germanista, “La vita di Giuseppe Garibaldi secondo i risultati delle più
recenti indagini storiche”.
Questo barone von Neuhoff è quello che,
tedesco di nascita, militare del re di Francia, ministro di Carlo XII di
Svezia, colonnello in Spagna, nonché sposo di una dama di compagnia della regina,
creò per i sei mesi estivi del 1736, con alcuni fuoriusciti incontrati a Genova,
e col sostegno del bey di Tunisi, un regno di Corsica, di cui si nominò re,
Teodoro I. Sloggiato da Genova, ci riprovò altre tre volte, a distanza di anni,
ma senza successo.
Germania – Girando in agosto per la Ruhr
rinverdita – rigenerata dal ferro e dal carbone disusati – Claudio Giunta si
chiede sul “Sole 24 Ore” domenica: ma che ci fanno i tedeschi in Italia?
“Perché non se ne stano tranquilli nelle loro Hütte a godersi il fresco anziché intasare la COOP di Tavarnelle
Val di pesa tutti i sabati mattina”, dice lo studioso. E si capisce che è
sfuggito da Tavarnelle, affollata di tedeschi il mese di agosto. Solo che l’afa
e gli italiani – “non si capisce perché mai, tra l’inizio di giugno e la fine
di agosto, i tedeschi migrino in massa verso sud, mescolandosi all’afa e agli
italiani” Giunta in Germania non li ha sentiti? Afa e italiani si trovano anche
nella Ruhr. Forse in Italia sono più respirabili, chissà, per le correnti
d’aria, tra mar e monti, se il tedesco sparagnino affolla la Coop– questo sarebbe
il ragionamento giusto: spende per goderseli, l’afa e gli italiani in Italia.
La letteratura di viaggio è piena di
stizze?
Napoleone – Era alto come Garibaldi,
39 once e 3\4, circa 170 cm. Considerato alto rispetto all’altezza media
dell’epoca.
Rio de Janeiro – Un mito vecchio di due
secoli, sopravvissuto – di almeno un secolo? Era Rio al tempo di Garibaldi alla
difesa della repubblica del Rio Grande do Sul, staccatasi dal Brasile, circa il
1838 (l’Eroe dei due mondi ne parla nel “Garibaldi”, il suo memoir firmato Dumas): “Dopo aver
attraversato lo stretto che conduce nella baia, tranquilla come un lago, vidi
stendersi davanti ai miei occhi la città, dominata dal Pao do Azucar, immensa roccia conica che serve di livello al
navigante: quindi vidi quel lussureggiante apparato della natura, di cui l’Africa
e l’Asia non avevano potuto darmi che una sterile idea…”. Da quanti decenni si vede
solo cenento?
Sherlock Holmes – Ma è comico. Più e più spesso
che drammatico – quando però dieìventa quasi sentimentale. Nel ritmo, nella
trovata, nella stessa inverosimile condizione umana.
Tondelli – “L’Espresso” evoca
“Rimini, Rimini”, dal Tempio Malatestiano ai Vitelloni e ai turisti tedeschi,
fino alla Sagra Musicale Malatestiana, dimenticando Tondelli, che pure è stato
una delle colonne dels settimanale. Nessuno
è profeta in patria è saggezza antica. Ma Tondelli è proprio dimenticato, che pure
è una delle poche rimanenze del secondo Novecento.
letterautore@antiit.eu
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