venerdì 1 settembre 2017

Letture - 314

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Baudelaire – Fu un personaggio della Parigi che conta, per famiglia e in quanto dandy,  e un letterato molto professionale, l’insight critico per le arti figurative, Wagner, Poe, Flaubert, Sainte-Beuve, lo testimoniano, la capacità di riconoscere i contemporanei. Ma veniva considerato un dilettante un po’ bizzarro, tra droghe e sprovvedutezze varie – con i soldi, con la madre, col patrigno, con le donne, con le droghe. Il cento cinquantenario della morte, oggi nel 1867, si celebra su questo paradosso. Nadar, l’amico di cui si ripubblicano i ricordi, non lo rispettava. Né Gautier o Poulet-Malassis, Asselinau, Ancelle, altri amiconi e contemporanei. Sainte-Beuve, lusingato dell’ammirazione che Baudelaire gli tributava, lo considerava un ragazzone, “garbato, rispettoso, esemplare, gentile” – sarà questo uno dei motivi più forti di sdegno di Proust contro il supercritico.

Best-seller- Si vanta molto la prolificità degli autori di beststelelr – solo: è il solo piedistallo di monumento. Per esempio di Patterson, il suo maggior titolo di credito è che “ha scritto il maggior  numero di bestseller di tutti i tempi” - ne ha scritti “180, al ritmo di 120”. Camilleri per la verità non sarebbe da meno, pur avendo cominciato tardi, andando verso i settanta, da pensionato Rai – Patterson ha ora superato i settanta. Ma Dumas non ne ha scritti un 300, anche se non soltanto di narrativa, essendo stato scrittore di teatro, di viaggi, di varia, e sicuramente anche poeta? In soli 68 anni di vita. A Salgari ne sono attribuiti con (quasi) certezza solo ottanta, ma in mezzo a cinque-seicento apocrifi non indegni, che vendevano cioè altrettanto come i libri dell’autore – che si uccise a 49 anni.

Camicie - Quella rossa di Garibaldi inizialmente era nera: era il giubbotto della Legione Italiana in difesa di Montevideo. Una tela nera con sopra dipinto il Vesuvio – così la dice lo stesso Garibaldi nel memoir firmato Dumas.. Che successivamente, per evocare il tricolore proibito (la Legione era formata im gran parte da fuoriusciti e proscritti), diventerà rossa con mostrine verdi.

Gadda – Aveva perso con Enrico, il fratello sbarazzino, la metà di vita di cui sentiva la mancanza? Forzosamente arruolato tra i queer dai queer  volenterosi delle lettere, da Arbasino in giù, è a leggerlo invece solo uno che non ha trovato la forza di vivere. E la personalità di Enrico come comincia a trasparire dagli studi gaddiani non sempre attenti – come fa una personalità così ingombrante a essere tenuta fuori dal diorama gaddiano? – rafforza la sensazione
Enrico è il fratello più giovane, benché di soli tre anni, e discolo, morto in guerra, di cui Carlo Emilio dirà in breve nel “Giornale”: “Enrico, tu non eri mio fratello ma la parte migliore di me stesso”. E non ne scriverà altro, ma farà sempre intendere di viverci accanto. Non col rimpianto ma con un senso di colpa – di autocolpevolizzazione.
Dario Borso evoca domenica, sul “Sole 24 Ore”, dalla corrispondenza di Enrico col suo compagno e commilitone Giancarlo Dosi, un Enrico spendaccione, puttaniere, compagnone, di trekking e di bevute, primo della classe senza studiare, eroe di guerra medagliato senza strafare, scroccone, dello zio, del fratello Carlo, e sempre indebitato. Una delle ultime notazioni di Borso: “12 aprile 1918. «Volo parecchio – mi acciuffo di rado coi polli austriaci – ho concorso ad abbatterne uno – sto bene – ho pochissimi soldi sebbene vinca ancora a poker». Pochi giorni dopo sarebbe precipitato, per un’acrobazia del tutto gratuita, al ritorno da una perlustrazione”.

Garibaldi – È stato anche lui tedesco, di origini tedesche. Come Dante e altri spiriti forti italiani -  ma meno a lungo di Dante. Per due motivi. Per il nome, che è di origine longobarda: composto da garo, pronto alla battaglia, e bald, audace. E per essere discendente del barone Theodor von Neuhoff. Ma sulla  base di un matrimonio presunto, di cui non si trova nessuna documentazione, tra il bisnonno, o prozio, Giovanni Battista Maria Garibaldi, con Katharina Amalie con Neuhoff.
L’aveva avvalorata, con immaginabile scarsa fortuna nel ventennio, nel 1933, Gustavo Sacerdote, socialista e germanista, “La vita di Giuseppe Garibaldi secondo i risultati delle più recenti indagini storiche”.
Questo barone von Neuhoff è quello che, tedesco di nascita, militare del re di Francia, ministro di Carlo XII di Svezia, colonnello in Spagna, nonché sposo di una dama di compagnia della regina, creò per i sei mesi estivi del 1736, con alcuni fuoriusciti incontrati a Genova, e col sostegno del bey di Tunisi, un regno di Corsica, di cui si nominò re, Teodoro I. Sloggiato da Genova, ci riprovò altre tre volte, a distanza di anni, ma senza successo.

Germania – Girando in agosto per la Ruhr rinverdita – rigenerata dal ferro e dal carbone disusati – Claudio Giunta si chiede sul “Sole 24 Ore” domenica: ma che ci fanno i tedeschi in Italia? “Perché non se ne stano tranquilli nelle loro Hütte a godersi il fresco anziché intasare la COOP di Tavarnelle Val di pesa tutti i sabati mattina”, dice lo studioso. E si capisce che è sfuggito da Tavarnelle, affollata di tedeschi il mese di agosto. Solo che l’afa e gli italiani – “non si capisce perché mai, tra l’inizio di giugno e la fine di agosto, i tedeschi migrino in massa verso sud, mescolandosi all’afa e agli italiani” Giunta in Germania non li ha sentiti? Afa e italiani si trovano anche nella Ruhr. Forse in Italia sono più respirabili, chissà, per le correnti d’aria, tra mar e monti, se il tedesco sparagnino affolla la Coop– questo sarebbe il ragionamento giusto: spende per goderseli, l’afa e gli italiani in Italia.
La letteratura di viaggio è piena di stizze?

Napoleone – Era alto come Garibaldi, 39 once e 3\4, circa 170 cm. Considerato alto rispetto all’altezza media dell’epoca. 

Rio de Janeiro – Un mito vecchio di due secoli, sopravvissuto – di almeno un secolo? Era Rio al tempo di Garibaldi alla difesa della repubblica del Rio Grande do Sul, staccatasi dal Brasile, circa il 1838 (l’Eroe dei due mondi ne parla nel “Garibaldi”, il suo memoir firmato Dumas): “Dopo aver attraversato lo stretto che conduce nella baia, tranquilla come un lago, vidi stendersi davanti ai miei occhi la città, dominata dal Pao do Azucar, immensa roccia conica che serve di livello al navigante: quindi vidi quel lussureggiante apparato della natura, di cui l’Africa e l’Asia non avevano potuto darmi che una sterile idea…”. Da quanti decenni si vede solo cenento?

Sherlock Holmes – Ma è comico. Più e più spesso che drammatico – quando però dieìventa quasi sentimentale. Nel ritmo, nella trovata, nella stessa inverosimile condizione umana.

Tondelli – “L’Espresso” evoca “Rimini, Rimini”, dal Tempio Malatestiano ai Vitelloni e ai turisti tedeschi, fino alla Sagra Musicale Malatestiana, dimenticando Tondelli, che pure è stato una delle colonne dels settimanale. Nessuno è profeta in patria è saggezza antica. Ma Tondelli è proprio dimenticato, che pure è una delle poche rimanenze del secondo Novecento.

letterautore@antiit.eu

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