Capitalismo
–
La mano invisibile di Adam Smith è la riforma: il capitalismo ha bisogno di
essere guidato, da una solida mano riformista. La coppia Schröder-Blair per la Germania
e la Gran Bretagna del Millennio, il sindacato nel dopoguerra, F.D. Roosevelt e
Keynes (e Schacht) tra le de guerre, i Navigation Act inglesi e Bismarck prima
della Grande Guerra.
Si può anche dire il riformismo un
capitalismo oculato – oculato più che occultato. Ma è un processo interno alla
formazione capitalistica: il capitalismo senza il socialismo (il riformismo) –
o il ferreo regime politico in Cina - è autofagico, sarebbe già finito da
tempo. Anche negli Usa si regge grazie alle leggi restrittive del cannibalismo,
che con difficoltà pure si passano. Le grandi crisi sono l’effetto di una mano
riformista lasca o assente.
Centro
Commerciale –
Un “non luogo” particolare: nasce e si diffonde per risolvere il problema del parcheggio.
Problema di spazio e di costo. Una immensa
piazza, dove si può arrivare liberamente in automobile invece che a piedi, nei
cui bagagliai sgravarsi senza fatica del peso degli acquisti, e parcheggiar
liberamente, senza limiti di tempo. Il centro commerciale è una liberazione. È
la chiave del vivere artificioso dettato dall’automobile. Una via d’uscita, una
delle vie d’uscita, dal circolo vizioso creato dal mezzo di locomozione per
tutti: velocità-stagnazione, tempo moltiplicato-tempo sprecato, più occasioni
(grazie alla mobilità)-meno occasioni (di vita goduta, fra natura e tradizioni).
Morte - ”. Come Budda Nietzsche
distingue sottile: “Nascendo morimur”. Ma poi la vita dice morte:
“La vita migliore è la morte. La morte è il più alto grado di guarigione. La
morte è da considerare il vero fine della vita”. Il mondo si preserva distruggendosi:
è il nichilismo. Ma come atto di volontà, creativo.
Natura – “Fulmini e
tempeste” Nietzsche evoca in apertura a “Così parlò Zarathustra” come “mondo
diversi, liberi poteri senza moralità” e “pura volontà, senza i i problemi di
intelletto”. La forza bruta. La natura può sempre sopravanzare qualsiasi opera
di salvaguardia, difesa, contenimento che l’uomo escogiti. Anche soltanto per
un evento fortuito o occidentale: il ragazzino che mette un piede dentro la
solfatara, una mano che allenti la presa di una microunità di forza sulla persona
che le acque vogliono trascinare, un tetto poco inclinato, o troppo inclinato.
Non è cattiva – non ne ha la volontà. È casuale (imprevedibile). Ma: e se
volesse? Di fatto, non solo nelle fantasie del linguaggio. Gli stessi eventi
può risolvere per il meglio. Ma allora stupida più che cattiva, anche nei
tramonti fiammeggianti. Decide, è ultimativa, ma non sa perché. Non ci si salva
dall’uomo, senza l’uomo.
La natura è violenta, ma quanto è naturale
la natura degli uomini? Accumulatrice di dati e idee, tra il culto del passato
e il disegno del futuro. Ha memoria e fantasia, e l’istinto a migliorare. Ha un
criterio morale e uno estetico.
La morte è la cosa più naturale. È la vita
che invece è sorprendente, soprattutto l’inventiva straordinaria concessa agli
esseri umani, uno spasso interminabile sotto forma di invenzione e scoperta. C’è
vita nella natura, ma di che tipo? Non se ne ha memoria, se non quella dell’uomo
– l’archeologia è lettura, interpretazione.
Parcheggio – È il
“problema” della contemporaneità in un mondo che si vuole mobile, veloce,
ubiquo. Il mondo della velocità è ossessionato, mai in pace con se stesso. È, di
fatto, il mondo della stazionarietà: il suo problema è il parcheggio. Trovare
un parcheggio, sostare, possibilmente non a un costo, possibilmente a lungo. È il
problema del non fare nulla.
Il
mondo della velocità esaspera il pendolarismo costante, lento, lungo, faticoso,
esaustivo. A nessun fine, se non cominciare a lavorare, o andare a casa. Con l’handicap
del parcheggio: quando si è arrivati non si arriva. A Roma si possono impiegare
quindici-venti minuti per andare in macchina alla stazione Termini, altrimenti irraggiungibile,
anche per il costo o la mancanza di taxi, e spendere mezzora per trovare un
parcheggio, trovare il parcometro, trovarne uno che funzioni.
Il
mondo della velocità è uno che segna il passo, per un addestramento formale esasperante,
anche senza le mura della caserma.
Pudore – Si ridefinisce
al tempo del web. La rete è il luogo delle oscenità e le ingiurie che un tempo erano i vespasiani, e i bagni pubblici in
genere, al bar, al ristorante, a scuola, alla stazione ferroviaria. Quindi
l’oscenità, o il mancato senso del pudore, non erano vergognosi, avevano solo
bisogno di spazio. Lo trovavano nei bagni pubblici perché erano l’unico luogo
pubblico anche privato, per un po’, il tempo necessario per esprimersi.
L’oscenità
e l’ingiuria hanno bisogno di esprimersi, non si reprimono. Le forme istintuali
di reazione si devono realizzare. Senza la violenza sulla persona, che si può
imputare a punte istintuali estreme, incontrollabili-indesiderate, l’aggressione
verbale è istinto comune. C’è da ripensare tutte le forme istintuali, compresa
quella della libertà.
Religione – È l’approdo a
volte di chi è insofferente delle chiese. Di Scalfari col papa. Come di Rilke,
Nietzsche, Tolstòj, Kierkegaard, che pure fu pastore. E Voltaire, perché no?
Ora della stessa
chiesa romana? È il papato di Bergoglio: l’evoluzione
decisa del cattolicesimo romano, che resisteva, verso la “religione civile”.
Senza più sacramenti né dogmi, o verità rivelata, verso un esercizio di
maestria socratica, con in più la pietas.
Tempo – “Time like an ever rolling stream bears all
its sons away \ They fly forgotten as a dream dies at the opening day” – H.G.Wells
nell’ultima opera pubblicata, “Mind at the End of its Tether”. Il tempo che
divora i suoi figli non è una novità: è vorace, mentre è creativo. Ma le
creature volano via come i sogni al mattino? Sempre una traccia resta: il tempo
è piuttosto un accumulatore.
Web - Il web è ben
altro, ma è degno di nota che col web i bagni pubblici sono tornati a essere
luoghi di decenza, non più graffitati e perfino puliti, piuttosto che
d’indecenza. Il web è il nuovo spazio de pubblico-privato degli istinti
liberati.
zeulig@antiit.eu
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