Tutto sua madre. Contro un
padre che – o per questo – annega nei debiti e nell’alcol, anche lui reduce di
guerra. Sembra la storia di Pasolini, la mamma anche lei è maestra, ma senza il
tragico. Racconti corretti, senza santificazioni né deprecazioni. I primi di una
trilogia autobiografica, “Scene di vita di provincia”. Tutti centrati
sull’io-lui. Che però non ha emozioni, eccettuata la madre.
Ricordi stinti, da letterato,
che lasciano vedere la tessitura. Distaccati, di uno non coinvolto. Benché parli del Sud Africa
attorno al 1950, quando l’aparthed si
instaurava, scena si pensa drammatica. Scritti tardi, mentre era in procinto di
passare dal Sud Africa all’Austrialia. Dopo una vita nell’insegnanento in
America. Apolide anche di fatto.
O forse si leggono male per l’eccesso
di selfie in questi venti anni dalla loro
pubblicazione. Specie degli autori da bambino - l’infanza piace a Coetzee, l’ultimo
romanzo lo ha chiamato, da ateo professo, “L’infanzia di Gesù”, ma forse se l’è
dimenticata. Qui poi con molto cricket, altrettanto noioso.
Questa potrebbe essere una
chiave, l’infazia noiosa. Una sorta di giustialismo anti-selfie. Ma Coetzee è serio. E così deve essere: si leggono questi
ricordi perché l’autore è un Nobel, e firma tutte le buone cause - anche contro
il governo australiano ora che si è fatto cittadino australiano, che bisogna
fare per vivere, bene.
J.M.Coetzee, Infanzia. Scene di vita di provincia,
Einaudi, pp. 169 € 11,36
Nessun commento:
Posta un commento