domenica 1 ottobre 2017

Jane Austen è una società segreta

 “Credo che Jane fosse un po’ una che combinava matrimoni, in modo tranquillo, quando era viva, e so che tutti i suoi libri sono pieni di persone che combinano matrimoni”, così si chiude il racconto. “Il matrimonio di Jane” è anche una poesia di Kipling per Jane, che l’amore troverà in paradiso. 
Jane è “una società segreta”, Jane Austen. Che in questo tardo racconto, del 1922-3, Kipling celebra in controluce, contro la battaglia della Somme che sul finire della guerra distrugge mezza batteria del narratore artigliere. Un gigante non molto sveglio, confinato nei ranghi ai servizi di cucina, cui un commilitone colto aveva dato dato da leggere come consegna i romanzi della scrittrice. La batteria nella quale il narratore serviva era tutta “janeite”: il maggiore, il capitano, il tenente, e anche il commilitone colto, e ubriacone, uno disceso nel mondo dai santuari di Oxford. Per cui il narratore si fa l’idea che Jane sia “una società segreta”. La narrazione si fa tra i sacrestani che lucidano gli ottoni di una loggia massonica.
Un racconto di privazione – di morte e mutilazione, in guerra – e di appartenenza – di comunanza: tra camerati al fronte, tra fratelli massoni, tra lettori appassionati di un autore, sia pure incolti.
“Il club di Jane Austen” è il sottotitolo di questa edizione. Kipling amava Jane Austen, per il suo inglese – “più la leggo più l’ammiro, la rispetto e m’inchino a lei”, sentì il bisogno di confidare per lettera a un amico nel marzo 1915, dopo un visita di alcuni giorni a Bath, il locus della scrittrice. E Henry James come continuatore di Jane Austen - “Lei ha lasciato una discendenza legittima nella persona di un figlio; e il suo nome era ‘Enery James”, fa dire al balordo narratore. A gennaio del 1917, ancora in lutto per la morte in guerra del figlio John, la moglie registra nel diario che Kipling la teneva su, insieme con la figlia, leggendo ad alta voce i romanzi di Jane Austen. Prima di scrivere il racconto si recò anche a Bath, a respirare l’atmosfera della scritrice. Insieme col critico George Saintsbury, cui si deve il termine “janeite”, appassionato di Jane Austen, avendo discusso il senso di appartenenza che si crea fra chi sperimenta una forte esperienza, al fronte o anche soltanto alla lettura
Un racconto semiserio. Tra massoni ordinari, un tassista, un parrucchiere-narratore, che vedono ognuno il mondo dal loro mondo. Kipling vi esercita senza reserve la vena satirico-compassionevole, oggettivante. “Jane?”, riflette il gigante divenuto parrucchiere, rincitrullito dalle granate (“è saltato in aria due volte”), “Certo, era una piccola vecchia zitella che aveva scritto una mezza dozzina di libri più o meno cent’ann fa. Non è che dentro ci fosse molto, in tutti. Lo so. Li ho dovuti leggere. Non erano né avventurosi, né sconci, né c’era niente che si potesse chiamare interessante… Tutti su ragazze di diciassette anni (cominciavano presto, a quel tempo), incerte su chi sposare; e balli, giochi a carte, picnic e qalche giovanotto che va a cavallo a Londra a farsi tagliare barba e capelli”. Ma questo, conclude il confuso narratore, è consolante: “Credetemi, fratelli, non c'è nessuno pari a Jane quando ti trovi in una brutta situazione. Dio la benedica, chiunque sia stata”. Non c’è solo la Guerra.
Pubblicato a maggio del 1924 sulla rivista inglese “Story-teller” e sulle americane “MacLean’s” e “Hearst’s International”, il racconto è stato poi incluso nella raccolta “Debiti e crediti” (in italiano parte del volume delle opere complete intitolato “Racconti di sogno e di folia”, curato da Ornella De Zordo venticinque anni fa), preceduto dalla poesia “The survival”, la sopravvivenza in Guerra, e seguito da “Il matrimonio di Jane” A  cura e con la traduzone di Giuseppe Ierolli (la stesa disponibile online).
Rudyard Kipling, I Janeites, Elliot, pp. 46 € 6,50
free online

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